Il PIL, o Prodotto Interno Lordo, è uno degli indicatori economici più utilizzati per capire le condizioni di salute di un paese. Ma cosa indica veramente? Come si calcola? Scopriamolo insieme
Dai telegiornali, alle banche centrali, passando per gli uffici della contabilità di un governo: il PIL è uno degli indicatori onnipresenti e pluricitati. Il suo utilizzo permette di effettuare un rapido confronto tra la crescita di due (o più) paesi, concretizzare il loro livello di indebitamento (attraverso il rapporto debito/PIL), e inquadrare la ricchezza media dei cittadini di un paese (attraverso il PIL pro capite). Ma come si forma il Prodotto Interno Lordo?
Esistono diversi metodi di calcolo. Secondo le metodologie fornite dalla Banca Mondiale, e adottate dall’Istat per il nostro Paese, il PIL può essere calcolato in tre diversi modi, a seconda del punto di vista da cui si guarda l’attività economica dello Stato.
1. Metodo del valore aggiunto. In questo caso il PIL viene calcolato tenendo in considerazione complessivamente il valore dei beni e servizi prodotti, al netto dei costi di produzione. È per questo che viene chiamato “metodo del valore aggiunto”, proprio perché il PIL così calcolato considera il valore “in più” acquisito dal bene (o dal servizio) lungo l’intero processo produttivo. Ad esempio, se volessimo calcolare il PIL di un Paese in cui opera solo un’industria di biscotti, dovremmo considerare solamente l’effettivo ricavo incassato dall’industria dalla vendita dei biscotti, al netto dei costi degli altri beni intercorsi durante la fase di produzione (farina, zucchero, etc…).
2. Metodo della spesa. Questa metodologia di determinazione del PIL permette di descrivere un quadro d’insieme dell’economia dello Stato, osservando il “comportamento” dei diversi soggetti presenti: famiglie, imprese e Governo. Così facendo, il PIL sarà il risultato della somma dei consumi delle famiglie, degli investimenti (operati sia dalle imprese che dalle famiglie), della spesa pubblica dello Stato e del saldo del commercio estero, cioè la differenza tra esportazioni ed importazioni.
3. Metodo del reddito. Quest’ultimo approccio di calcolo del PIL guarda più da vicino ai singoli cittadini dello Stato e per determinarlo si effettua la somma dei redditi di ognuno, sia sotto forma di retribuzioni (stipendi), sia sotto forma di redditi da capitale (quanto ricavato dai dividendi o dalle cedole obbligazionarie).
Tre diversi metodi, un unico risultato. Tre punti di vista diversi per guardare allo “stato di salute” di un Paese, che tuttavia portano a un unico risultato, come si evince dai singoli grafici. Infatti la “somma” che si effettua in tutti e tre i metodi arriva a determinare sempre lo stesso valore del PIL. Un’evidente controprova di come ogni elemento all’interno della macchina economica di uno stato sia strettamente collegato l’uno con l’altro. In questo senso è da leggere il celebre aforisma del Nobel per l’Economia del 2008 Paul Krugman “la mia spesa è il tuo reddito, il mio reddito è la tua spesa”.
Limiti e pregi del PIL. Aldilà dei punti di vista possibili, il PIL rappresenta il reddito di un Paese, frutto della sua attività produttiva ed economica osservata in un determinato periodo (solitamente in un anno). Non è nient’altro che una “fotografia” di quanto reddito (in tutte le sue forme) ha generato lo Stato, in una precisa finestra temporale. Ovviamente non è un indicatore completo: riesce sicuramente a catturare la maggior parte delle dinamiche economiche che intercorrono all’interno del Paese, ma pecca in relazione alla completezza dell’informazione. Infatti, non riesce a cogliere fattori determinanti come la qualità della vita, intesa come livello di educazione, salute dei cittadini, rispetto dell’ambiente e dei diritti sociali. Nonostante questo “limite”, la sua utilità non è da mettere in discussione: anche perché è facile, ad esempio, immaginare che un paese con un positivo tasso di crescita del PIL (o di uno dei suo derivati, come il PIL pro capite) riesca a garantire ai suoi cittadini un altrettanto positivo livello di benessere e di qualità della vita. La forza di questo indicatore sta proprio nella sua facilità di utilizzo e nella capacità di catturare (in un unico valore) la “vita” economica di un Paese, ecco perché è uno dei dati macroeconomici più studiati e osservati dagli analisti e dagli investitori.
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