La volatilità è uno dei principali indicatori che misura il grado di dispersione dei rendimenti, e quindi il rischio, di un investimento. Ecco cosa sapere
Il mondo dei mercati finanziari non è semplice e quando si tratta di investire i propri risparmi è bene avere le idee molto chiare. Dopo aver capito come leggere nel modo corretto l’andamento di una soluzione d’investimento, è arrivato il momento di approfondire l’analisi e scoprire come districarsi tra i diversi indicatori utili a valutare il rischio di un investimento.
Cos’è volatilità? Con la volatilità si vuole rappresentare il “grado di dispersione” dei rendimenti di un portafoglio. È un indicatore che misura l’incertezza con cui si presentano i rendimenti di un investimento: più la volatilità è alta, più è facile che i rendimenti dell’investimento presentino valori molto lontani dal valore medio; al contrario, quanto la volatilità è bassa, i rendimenti registrati dall’investimento sono concentrati intorno al valore medio, con oscillazioni più piccole. È espressa su base annua e rappresenta, in parole semplici, il potenziale di oscillazione di un investimento.
Come si legge la volatilità? Concretizziamo il concetto di volatilità con un semplice esempio: immaginiamo che un investimento abbia avuto un rendimento medio annuo del 4% ed una volatilità del 10%. Questo significa che i rendimenti del portafoglio si sono “allontanati” dal risultato medio (il 4%) con movimenti (sia positivi che negativi) di entità pari al 10%. Complessivamente, la rischiosità di un investimento cresce all’aumentare della volatilità.
Esiste non solo una volatilità storica, basate sulle performance passate del portafoglio, ma anche una volatilità attesa. Quest’ultima tipologia indica quale sarà verosimilmente la volatilità futura dell’investimento e ha la funzione di dare un’idea del rischio che potremmo correre in futuro.
La volatilità di diverse asset class. Come sappiamo, ci sono strumenti finanziari che per definizione sono considerati più “sicuri” rispetto ad altri: ad esempio l’oro è per antonomasia il bene rifugio per eccellenza, così come l’investimento obbligazionario è considerato più “difensivo” rispetto a quello azionario. Questo aspetto è certificato anche dal valore della volatilità di queste asset class, un valore che quindi varia in relazione allo strumento che vogliamo analizzare. Il grafico sottostante mostra proprio i diversi valori di volatilità per le principali asset class presenti sul mercato.
Bisogna sempre guardare con cautela i valori di volatilità delle singole azioni. Molto dipende dalla liquidità del titolo e dal settore, infatti vi sono settori storicamente più volatili di altri (come quello farmaceutico o quello energetico) che possono avere titoli con una volatilità media anche del 35% (con picchi del 500%). Normalmente un indice azionario ha volatilità media (12%) inferiore rispetto ad un singolo titolo, questo grazie al beneficio della diversificazione. La volatilità non è uniforme nemmeno tra i diversi indici azionari: l’S&P500 ha una volatilità storica che in tempi recenti si è assestata sul 7%, che sale al 15% per il nostro FTSEMIB. Esistono diversi indicatori per misurare il grado di rischio di un investimento, la volatilità è solamente uno di questi ma è quello più conosciuto. Ovviamente non è sufficiente da sola per dare tutte le informazioni necessarie ma è un valido punto di partenza.
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