Il valore dei social media nell’era del Covid-19

Ogni giorno pubblichiamo sui social media una quantità enorme di informazioni riguardanti la nostra vita e i nostri sentimenti: cosa possono dirci sull’evolversi delle dinamiche sociali?

Ormai dovresti saperlo: le informazioni che pubblichi sui social media sono una miniera d’oro. Per le aziende che studiano i consumatori in primis, ma anche per i sociologi interessati a comprendere cosa succede nella società in condizioni particolari, come lo scoppio di una pandemia.
Certo, ordinare e interpretare correttamente questa enorme mole di dati non è un’impresa semplice. Quando scrivono su Facebook, ad esempio, le persone hanno la tendenza ad enfatizzare il loro stato d’animo. E poi c’è la questione bias: il campione degli utilizzatori di canali social esclude in automatico quella fetta di popolazione che non è attiva.
Cosa ci può dire sulla società e sulle relazioni umane l’analisi dei dati pubblicati sui social media? Se n’è parlato nel corso di un webinar che ha visto tra i promotori la Think Forward Initiative di ING: un tema particolarmente attuale in un momento in cui l’esplosione dei big data va a braccetto con una pandemia inaspettata, che ha avuto impatto sulle tendenze sociali e cambiato le regole dell’interazione umana.

Cosa è emerso. Per quanto riguarda la pandemia, i dati provenienti dai social potrebbero essere utili per tracciare in tempo reale la diffusione del virus, ma anche per capire come le persone stanno affrontando l’emergenza e qual è il loro atteggiamento nei confronti del “nuovo mondo” post Covid.
Il tutto, è bene sottolinearlo ancora una volta, con le dovute cautele: l’uso dei dati dei social media per analizzare i sentimenti e gli stati d’animo delle persone è particolarmente insidioso perché quello con cui ci si rapporta non è qualcosa di oggettivo né tangibile. Non solo: gli studi attitudinali potrebbero essere alterati in un momento come quello attuale da problemi di salute e di stress economico.
Proviamo a spiegarlo con un esempio concreto. Da uno studio condotto su dati derivanti da Twitter è emerso che le persone tendevano a essere più felici nel momento in cui la pandemia toccava il picco. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che alcune parole etichettate come espressione di uno stato d’animo positivo in realtà riflettevano qualcosa di diverso – prendiamo un tweet della deputata britannica Helen Whately: “Grazie a tutti coloro che si prendono cura delle persone che amiamo #YouAreHeroes”. Una frase rilevata dagli algoritmi come positiva, ma che esprimeva in realtà gratitudine in relazione a una situazione di difficoltà.

Che cosa può offrirci la data science applicata ai social media? Un modo per osservare come le attitudini e i comportamenti stiano evolvendo in un dato momento, sostengono gli esperti che si sono confrontati in occasione del webinar.
Dallo studio delle informazioni raccolte sui social media è emerso per esempio che le persone sono influenzate non solo da ciò che succede vicino a loro nel senso strettamente geografico del termine, ma anche da quel che accade nella loro rete di interazioni sociali. In altre parole, le persone reagiscono in base alle reazioni delle proprie connessioni, anche se non si tratta di persone fisicamente vicine.
Insomma, i social media sono una miniera d’oro di informazioni e contengono enormi banche dati che possono essere interpretate con successo – un recente studio ha mostrato addirittura che Twitter può essere utilizzato per prevedere i movimenti del mercato azionario. Il potenziale è enorme. A patto però di mantenere sempre uno spirito critico nel lavoro di analisi e di non fare affidamento esclusivamente su questi dati.

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