Brexit, ora viene il bello

Con l’accordo dell’8 dicembre, dopo elezioni a sorpresa e rinvii, si è finalmente conclusa la prima fase del confronto per la Brexit. Adesso l’attenzione si sposta sul trattato di libero scambio, il cui negoziato vero e proprio potrà però iniziare solo dopo il 29 marzo 2019

A quasi un anno e mezzo dal referendum-shock del 23 giugno 2016, nove mesi dopo l’avvio dei negoziati e a sei mesi dalle elezioni a sorpresa che hanno riconfermato Theresa May alla guida del Paese, venerdì 8 dicembre si è conclusa la prima fase delle trattative per la Brexit, ovvero l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. Ad annunciare il raggiungimento dell’atteso accordo è stato il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker in seguito all’incontro con il primo ministro britannico May, avvenuto a Bruxelles. Ora ci stiamo tutti muovendo verso la seconda fase sulla base di una fiducia rinnovata”, ha commentato Juncker.

I punti dell’intesa. L’accordo preliminare, ha spiegato May, “garantisce i diritti degli oltre 3 milioni di cittadini Ue che vivono in Gran Bretagna”, ai quali “si applicherà il diritto britannico in corti britanniche”. Per quanto riguarda il “conto” del divorzio, stimato tra i 40 e i 50 miliardi di euro, c’è “un’intesa equa per i contribuenti britannici che consentirà di investire di più nelle priorità nazionali”. Terzo punto, l’Irlanda: mentre la Repubblica d’Irlanda è uno Stato indipendente (membro della Ue dal 1973), l’Irlanda del Nord fa parte del Regno Unito. Come gestire le persone che ogni giorno passano da una parte all’altra e le merci che devono attraversare il confine? “Non ci sarà una frontiera ‘dura’”, ha garantito per ora May.

Cosa succede ora? Sulla carta, entro il prossimo ottobre i negoziati con l’Ue dovrebbero concludersi dando il via alle procedure finali per il “divorzio”. Il 29 marzo 2019 è la data fissata per il ritiro formale del Regno Unito dall’Unione. Da quel momento al ritiro effettivo trascorreranno due anni: nel frattempo, ha spiegato Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, la Gran Bretagna dovrà rispettare “tutte le leggi dell’Unione, incluse le nuove leggi”, gli impegni di bilancio, la supervisione Ue e i relativi obblighi, mentre le decisioni nell’Ue saranno prese a 27.

Il gioco si fa (ancora più) duro. Definito il perimetro dell’accordo iniziale, che in Gran Bretagna gli osservatori più critici non hanno mancato di giudicare come una “resa” all’Unione europea, il gioco si fa duro per davvero. C’è infatti da impostare tutto il confronto sul trattato di libero scambio tra Regno Unito e Unione europea e, dunque, sui rapporti commerciali dopo l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Tuttavia, il negoziato vero e proprio potrà cominciare solamente dopo il 29 marzo 2019. E la strada non potrà non essere lastricata di qualche compromesso, come d’altro canto già avvenuto nella prima fase del confronto.

Effetto su sterlina e mercati. Il dialogo, non sempre facile, alla fine ha prodotto un accordo che ha dato slancio alla sterlina e rassicurato i mercati: dopo l’annuncio, il cambio con l’euro è sceso sotto quota 0,87 per la prima volta dall’8 giugno. La valuta si è rafforzata, sebbene in modo marginale, anche contro il dollaro. In generale, venerdì 8 dicembre tutti i principali indici europei, favoriti anche dall’accordo Ue-Uk, hanno chiuso in buon rialzo. Insomma, finora lo tsunami tanto temuto nelle ore immediatamente successive al referendum del 23 giugno 2016 non si è visto. Anzi. Il Ftse 100 di Londra, rispetto ai valori del 24 giugno 2016, in 18 mesi è salito del 20%. E l’Eurostoxx 50, l’indice delle 50 principali azioni europee, in un anno e mezzo ha guadagnato il 29%.

 

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