Crowdfunding civico, cos’è e come funziona: l’esempio di PlanBee

Si moltiplicano le piattaforme online per i cittadini che vogliono sostenere progetti e opere pubbliche. Armando Mattei, fondatore della startup romana PlanBee, racconta il suo progetto.

Dare il proprio contributo finanziario a cause e opere pubbliche in cui si crede, ma che non rientrano nel budget delle amministrazioni o non hanno uno sponsor, e seguire lo sviluppo del progetto passo dopo passo: è questo il principio alla base del crowdfunding civico, diverso dalle classiche raccolte fondi perché in grado di sfruttare la grande capacità di amplificazione dei social e di internet, sia per far conoscere le aree su cui intervenire, sia per aumentare il senso di appartenenza. E i risultati ci sono, con la crescente partecipazione dei cittadini e nuove piattaforme civiche che si moltiplicano anche in Italia, dove con l’ultima Legge di Stabilità si è introdotta una nuova normativa che agevola chi opera a scopo benefico. Qualche esempio?  La piattaforma generalista Eppela, che ha da poco stretto un accordo col Comune di Milano per l’avvio di progetti di crowdfunding sul territorio milanese, la partenopea DeRev e la startup romana PlanBee, di cui abbiamo intervistato il co-fondatore Armando Mattei,  che ci ha raccontato la sua storia e spiegato come funziona la piattaforma e ci ha dato consigli per i giovani che vogliono innovare in Italia.

Cos’è PlanBee? Come e quando è nata?

PlanBee è la prima piattaforma Italiana interamente dedicata al crowdfunding civico con sede a Roma. Negli scorsi mesi abbiamo finanziato interamente diversi progetti tra Firenze e Milano. La nostra prima campagna pilota è stata quella per il Giardino dei Semplici a Firenze nel marzo del 2015, uno degli orti botanici più antichi d’Europa. Abbiamo raccolto fondi per realizzare 3 microprogetti di ripristino dopo che una tromba d’aria l’aveva distrutto nell’autunno del 2014.

Cosa si può fare sulla piattaforma di PlanBee?

Si può sostenere la realizzazione di un progetto con una donazione. Non c’è un minimo, basta anche 1 euro. Possono donare i privati cittadini o le aziende.

A proposito di aziende, c’è anche l’area business: come funziona?

Crediamo fortemente che il crowdfunding sia un ottimo strumento per permettere alle aziende di realizzare azioni di responsabilità sociale direttamente sul territorio. Un’impresa che vuole dare una mano allo spazio urbano di una città può rivolgersi a noi per trovare un progetto da finanziare. Allo stesso tempo, i comuni italiani possono chiederci di cercare aziende che sponsorizzino il proprio progetto. Facciamo anche da mediatori, insomma.

Se non si raggiunge la somma necessaria per la realizzazione del progetto, cosa succede?

Il funzionamento è trasparente e dipende dalle piattaforme. C’è il metodo “all or nothing” e quello “keep it all”. Nelle campagne “all or nothing” (cioè tutto o niente), se non si raccolgono i fondi necessari alla realizzazione del progetto, i soldi vengono restituiti ai “donatori”. Noi utilizziamo la formula “keep it all”, dove tutti soldi raccolti vengono accreditati per realizzare l’opera anche in maniera parziale. In questo caso, se la campagna è avviata dall’amministrazione pubblica, capita spesso che sia l’amministrazione ad aggiungere quello che manca.

Com’è nata l’idea?

Semplicemente osservando il contesto in cui viviamo: ci sono sempre meno fondi per progetti civici e ambientali, ma allo stesso tempo le persone chiedono con sempre più forza la realizzazione di questi progetti e sono disposte a partecipare. Noi abbiamo cercato a una soluzione trasparente a questo problema. Il bello del crowdfunding civico è che permette ai cittadini non solo di essere attivi, ma anche di costruire un senso di appartenenza con i luoghi pubblici o di riscoprirli.

Com’è composto il vostro team?

L’età media è inferiore ai 30 anni, anche se alcuni di noi hanno qualche anno in più. La nostra formazione è molto varia. Io sono laureato in scienze politiche, con una specialistica in relazioni internazionali, un master in management e sostenibilità e una seconda laurea in economia dell’ambiente in via di conclusione. Nella nostra squadra ci sono sviluppatori informatici, addetti stampa e tutte le figure che servono a una start-up per funzionare.

Come avete fondato la vostra start-up PlanBee? 

Noi abbiamo iniziato con fondi personali (pochi), abbiamo vinto alcuni bandi e quindi siamo stati inclusi in un percorso di accelerazione.

Qual è la qualità principale che dovrebbe avere uno start-upper ?

Dipende dal settore, ma direi l’elasticità. Bisogna adattarsi ai cambiamenti, alle richieste, avere molto spirito pratico e voglia di imparare. Nel caso del crowdfunding civico, il mercato non è ancora strutturato in Italia e c’è tanto da studiare.

Cosa consiglieresti ai giovani che vogliono fondare una start-up?

L’ideale sarebbe avere un team strutturato, con tutte le figure necessarie a far fronte alle esigenze iniziali. Comunicazione, sviluppo informatico, competenza legislativa. Va detto però che molte competenza si costruiscono strada facendo e che gli incubatori spesso mettono a disposizione le figure che mancano, se riconoscono che la vostra idea è buona e vale la pena portarla avanti.

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