Diciamo no alla spesa pazza, superficiale, inutile e dannosa

Ecco il punto di vista di Deborah e Enrica di Oasidellemamme.it, che ci parlano di come diventare consapevoli delle spese più superficiali...

L’ho pensato più volte mentre mi sottoponevo a uno dei supplizi più atroci dell’anno (il cambio dell’armadio e la messa in ordine della camera di mia figlia settenne, ndr): “quanto spreco di roba!”

Una stanza sufficientemente ampia da ospitare l’indispensabile che pare il risultato di un esperimento genetico per dare vita all’incrocio tra una boutique a tre piani e un megastore di giocattoli mi ha realmente aperto gli occhi sul massacro che io (in piccola parte, lo giuro e me pòssino se non è vero), mia madre, mia suocera e mia cognata (soprattutto loro le colpevoli) abbiamo effettuato sui nostri conti in banca e portafogli per erigere un mostro del genere in casa mia.

Abiti nuovi di zecca, mai toccati, con il cartellino del prezzo e della taglia ancora ciondolante, frutto dell’ acquisto ossessivo-compulsivo che provoca solitamente la presenza di una femmina in casa “perché questo vestitino con pizzi e merletti non può non piacerle”, “perché le ballerine in vernice lucida che fanno tanto Candy Candy sono un a-m-o-r-e anche se costano 100 euro”.

Peccato che la diretta interessata non ne ha voluto sapere delle velleità classico/modaiole di nonne e zia preferendo aderire alla corrente minimal dei leggins e le scarpe da ginnastica, snobbando perciò abiti che se solo avessimo avuto la coscienza di lasciarli dov’erano e di risparmiarne la spesa sarei riuscita a fare un coast to coast negli Stati Uniti di un mese intero, all inclusive, caricando l’intera famiglia sul primo volo.

A ogni vestitino  o maglietta leziosa, o ancora giubbottino esoso (che ancora profumavano di negozio) messo via perché ormai nemmeno più indossabile a causa della crescita esponenziale di mia figlia, ho pianto lacrime invisibili ma amare e consapevoli che la fase della vita che tutti noi stiamo vivendo malgrado possa sembrare una catastrofe ci (meglio dire “mi”) sta facendo comprendere che il denaro deve rogarsi il diritto del suo valore, quello vero e profondo, quello che non va sprecato per portarsi a casa l’ennesimo accessorio trendy che ci rende sorde al rumore delle  scosse telluriche che provochiamo digitando il codice del nostro bancomat ogni volta che ci portiamo a casa un oggetto che a  ben guardare dopotutto possiamo farne tranquillamente a meno.

E mi rifiuto di parlare della sezione giocattoli di cui dispongo a casa. Sarebbe troppo doloroso per me. E anche vergognoso. Ma posso almeno confermare la  tentazione sempre più calzante di andare con mia figlia in alcune zone dell’Africa per vedere cosa significa non avere nulla ma essere paradossalmente più felici di quanto non lo siamo noi, che ci professiamo socialmente e tecnologicamente avanzati.

E sarebbe di sicuro un viaggio costruttivo per me stessa, di certo non per lei.

Enrica Costa
Deborah Papisca
Oasidellemamme.it

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