ESG, le imprese ora puntano sul capitale umano

Immagina un bonus per quei manager che raggiungono gli obiettivi di sostenibilità: è un’ipotesi che sta diventando realtà in molte aziende

La crisi sanitaria ed economica che ha sconvolto il mondo nell’ultimo anno, le proteste su questioni sociali e razziali negli Stati Uniti (e non solo), le disuguaglianze emerse in modo ancora più eclatante a seguito della pandemia: sono tutte questioni che hanno dato una spinta ulteriore all’avanzata dei temi ESG.

Fattori sociali, ambientali e di governance stanno assumendo un ruolo sempre più importante, sia nel mondo degli investimenti, sia in quello delle aziende. Tanto che il tema della sostenibilità inizia a essere preso in considerazione anche nella definizione degli incentivi e dei compensi di dirigenti e manager.

Di cosa stiamo parlando? Resta con noi, te lo spieghiamo senza troppi giri di parole: in sostanza, i manager la cui azienda abbia precisi obiettivi ESG ottengono un bonus di retribuzione variabile se li raggiungono. Certo, la strada è ancora lunga.

ESG pay links ancora deboli e poco trasparenti

Stando a un report diffuso la scorsa estate da Sustainalytics, meno del 10% delle aziende quotate dell’indice FTSE All-World – che comprende più di 3.000 società di quasi 50 Paesi diversi – utilizza criteri di sostenibilità nella determinazione dei compensi. E gli “ESG pay links”, cioè i metodi di incentivazione economica dei comportamenti virtuosi in ambito ambientale, sociale e di governance, sono ancora poco trasparenti.

Ma il sentiero è tracciato.

Secondo una recente indagine della società di consulenza Willis Towers Watson – che ha intervistato manager, dirigenti e membri dei consigli di amministrazione di 168 aziende in Nord America, Europa, Asia, Africa e Medio Oriente – quattro aziende su cinque prevedono interventi per rafforzare il legame tra sostenibilità e remunerazione del management entro il prossimo triennio.

Un tema prioritario per le aziende?

In particolare, il 78% delle aziende intervistate intende rivedere la modalità di collegamento tra le proprie politiche ESG e i piani di remunerazione dei manager. Più di quattro su dieci (41%) prevedono di introdurre i fattori ESG nei loro piani di incentivazione di lungo termine nei prossimi tre anni, e il 37% intende inserirli nei piani di incentivazione annuale. Inoltre, circa un terzo prevede di aumentare la rilevanza dei temi ambientali, sociali e di governance nei sistemi di remunerazione di tutti i dipendenti.

“Alla luce dell’accresciuto interesse degli investitori istituzionali per il tema della sostenibilità, le aziende stanno rafforzando o rivedendo le proprie politiche e i programmi ESG di medio e lungo termine”, ha spiegato Matteo Fiocchi, Senior Director di Willis Towers Watson. “Dalla nostra ricerca e dalle nostre recenti esperienze emerge chiaramente che le aziende stanno lavorando per garantire un sempre maggiore allineamento tra i piani di remunerazione dei manager e gli obiettivi di sostenibilità di medio/lungo termine, in particolare per quanto riguarda il cambiamento climatico, le politiche di inclusione e diversità, e più in generale con riferimento alla più efficace governance del capitale umano”.

Tra il dire e il fare…

Certo, la teoria è una cosa, la pratica un’altra. E collegare l’attenzione alla sostenibilità con le remunerazioni dei manager non è semplice. Tra le maggiori difficoltà citate dagli intervistati, Willis Towers Watson segnala la definizione degli obiettivi a cui agganciare i “pay links” e l’identificazione/definizione delle metriche di “performance ESG” per la valutazione.

“Anche se le aziende hanno chiaramente identificato il tema ESG come una priorità strategica e stanno lavorando per rafforzare il collegamento tra gli obiettivi di sostenibilità e i piani di remunerazione del management, rimane ancora molto lavoro da fare”, riconosce Matteo Fiocchi. “I consigli di amministrazione richiedono con sempre maggior frequenza al management informazioni di dettaglio sulle strategie e le priorità ESG, con particolare riferimento all’impatto delle scelte aziendali sull’ambiente e sul benessere dei dipendenti”.

Insomma, siamo nella fase dei “lavori in corso”.

Quel che è certo è che la crisi ha segnato un punto di non ritorno (anche) sul fronte dell’attenzione alla sostenibilità.

Le tematiche ambientali, sociali e di governance sono uscite dal cono d’ombra e, guardando al futuro, sembra evidente che non potranno più essere ignorate.

Cosa significa per chi investe?

Questa tendenza si riflette – aprendo opportunità interessanti – anche sul mondo degli investimenti, con i fondi attenti alle tematiche ESG che hanno retto meglio degli altri alla crisi del 2020 e stanno guadagnando rapidamente importanza. Per fare qualche cifra, secondo i calcoli di Morningstar lo scorso anno i fondi aperti e gli ETF sostenibili disponibili per gli investitori europei hanno attirato flussi netti per 233 miliardi di euro: quasi il doppio rispetto al 2019. L’impressione è che il Megatrend della sostenibilità sia qui per restare.

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