La prima riunione della BCE dopo la pausa estiva è stata caratterizzata dai timori sul recente andamento della moneta unica, in deciso apprezzamento contro il dollaro Usa in questo 2017
L’ultima riunione della BCE di luglio prima della pausa estiva riportava un chiaro messaggio: “il Consiglio Direttivo ha espresso preoccupazione circa il rischio di un eccessivo rialzo dell’euro in futuro”. Anche nel mese di agosto l’euro ha proseguito la sua fase di apprezzamento contro il dollaro Usa (+13,7% da inizio anno) e, inevitabilmente, la riunione della BCE del mese di settembre ha proseguito sulla linea tracciata a luglio: il cuore della conferenza stampa di Mario Draghi ha infatti riguardato proprio l’andamento della moneta unica.
Preoccupazione per l’andamento della moneta unica. Il Board dell’istituto di Francoforte ha espresso, tramite le parole del Presidente Draghi, una certa preoccupazione nei riguardi dell’euro: “l’andamento della moneta unica rappresenta una fonte di incertezza, e sarà uno dei fattori che influenzerà i tempi di uscita dal Quantitative Easing” ha dichiarato in conferenza stampa. Quindi, l’andamento del tasso di cambio, che sarà costantemente monitorato, avrà importanti riflessi anche per quanto riguarda il piano di uscita dal programma di acquisti della BCE di cui Draghi ha dichiarato il proseguimento al ritmo di 60 miliardi di euro mensili fino alle fine del 2017 e “anche oltre se necessario”. Indicazioni più significative in merito al Quantitative Easing sono ora attese per la prossima riunione del 26 ottobre, da cui ci si attende un quadro più dettagliato sui tempi e le modalità di uscita, ancora non discusse.
Preoccupazione per l’andamento dell’inflazione. Oltre ai timori derivanti dal rafforzamento dell’euro, Draghi ha fatto suonare un campanello d’allarme sull’andamento dell’inflazione. Infatti, ricordiamo che il target di crescita dei prezzi nel medio termine perseguito dalla BCE è vicino al 2%. Questo valore oggi risulta ancora molto distante: gli analisti della Banca Centrale hanno infatti rivisto al ribasso dello 0,1% le stime per l’inflazione del 2018 e del 2019, rispettivamente all’1,2% e all’1,5%. Cosa ha determinato questa correzione? A pesare è proprio l’andamento della moneta unica che, rafforzandosi. provoca un effetto restrittivo sulla crescita dei prezzi, frenandone così la ripresa perseguita dalla BCE.
Eurozona in recupero. Non sono comunque mancate delle note positive per quella che è un’Eurozona oramai in piena fase di recupero dalla crisi del 2011/2012. La lettura finale del PIL del secondo trimestre è stata rivista al rialzo dello 0,1% rispetto a quella preliminare, portandosi ora al 2,3% su base annua. A migliorare è anche la fiducia delle imprese e dei cittadini della zona Euro, che si è portata ai massimi degli ultimi dieci anni. Per quanto riguarda la decisione sui tassi d’interesse, non sono state annunciate novità: il tasso sulle operazioni marginali rimane stabile allo 0,25%, quello di rifinanziamento fermo allo 0% e il tasso sui depositi presso la BCE ancora negativo al -0,4%. Questi livelli di tassi bassi, quindi, sono attesi ancora “per un prolungato periodo di tempo e ben oltre l’orizzonte degli acquisti netti di attività”, come dichiarato dal Consiglio Direttivo della Banca Centrale.
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