Il tasso di disoccupazione è sceso al valore minimo dal 2009, segno della ripresa dell’economia della zona euro. Ma i prezzi fanno fatica a ripartire
Secondo l’Eurostat, l’istituto di statistica dell’UE, il tasso di disoccupazione in Europa sta decrescendo lentamente: al momento si attenua al 9,3%, in calo dal 9,4% del mese scorso e soprattutto tornando su livelli visti l’ultima volta nel 2009.
I numeri europei. Questo significa che in Europa circa 15 milioni di persone sono risultate disoccupate nell’aprile del 2017. Andando a comparare questo valore con marzo 2017 il numero di persone disoccupate è diminuito di 233 mila unità; rispetto ad aprile 2016 le persone disoccupate sono diminuite di oltre 1 milione e mezzo, un’inversione di tendenza che sembra indicare che l’Europa stia finalmente procedendo sulla giusta strada. Resta tuttavia complicato e a due cifre il dato dell’Italia, dove l’ultima rilevazione sulla disoccupazione, secondo l’Istat, mostra una percentuale ferma all’11,1%.
Guardando il grafico, si nota come il tasso di disoccupazione europeo si stia lentamente avvicinando ai livelli del 2009 ed è ormai lontano dai livelli del 2013 (punta del 12,1%). Bisogna considerare che l’Europa, rispetto agli USA, ha un mercato del lavoro “più lento”; questo significa che, qualora vi sia uno shock (come una crisi), in Europa si tende a non licenziare subito, come avviene al contrario negli USA che adatta il mercato del lavoro molto più velocemente (nel bene e nel male) alla situazione economica che si sta vivendo. Tanto per dare un’idea, il tasso di disoccupazione americano attuale è arrivato al 4,6% ed ha raggiunto il picco del 10% nel 2009, nello stesso periodo il tasso di disoccupazione europeo era ancora ai minimi: gli effetti, tuttavia, si stanno pagando oggi. Il mercato del lavoro in USA è in buona ripresa, non a caso questa è stata una delle motivazioni che ha spinto la FED a procedere con un rialzo dei tassi di interesse di cui abbiamo già parlato in questo post. [LINK https://vocearancio.ingdirect.it/fed-pronta-alzare-i-tassi/]
Come si sta comportando l’inflazione in Europa? Dall’altro lato, mentre il tasso di disoccupazione sta piano piano calando, la risposta dell’inflazione europea si lascia attendere. Gli ultimi dati, pubblicati il 31 maggio dall’Eurostat, hanno visto l’inflazione “all items” attestarsi ad un valore di 1,4%. Questo vuol dire che i prezzi in Europa sono cresciuti dell’1,4% rispetto a maggio del 2016; normalmente l’inflazione viene misurata sia su base annua (chiamata variazione tendenziale), che su base mensile (chiamata variazione congiunturale). Se si pensa che il precedente rialzo è stato dell’1,9%, soglia vicina agli obiettivi della BCE, il ribasso è stato netto. Il problema dell’alta variazione dell’inflazione “all items”, è l’alta influenza del prezzo della componente energetica (in particolare del petrolio e del suo andamento corrente abbiamo già parlato in un altro post a proposito di questo peso e della differenza tra inflazione core e inflazione all-items.
Perché disoccupazione e inflazione vanno viste assieme? Disoccupazione e inflazione sono due variabili economiche molto legate. A studiarle, infatti, fu nel 1958 Alban William Phillips, e da questi studi è stata elaborata la conosciuta “Curva di Phillips”, che prende appunto il nome dell’economista neozelandese. Senza scendere troppo nei dettagli, basta ricordarsi che esiste una correlazione negativa di lungo periodo tra la disoccupazione e l’inflazione: detto in altre parole, ad una bassa disoccupazione è associata una maggiore inflazione e viceversa. Una correlazione, non implica che vi sia un nesso di causalità, ossia che un calo della disoccupazione porti un aumento dell’inflazione.
Perché è importante? L’inflazione è un parametro importante per gli tutti investitori in particolare per gli investitori obbligazionari, in quanto l’inflazione è la variabile che fa muovere i tassi di interessi e di conseguenza i rendimenti dei bond. Quando l’inflazione cresce troppo rapidamente, l Banche centrali mettono in campo una politica monetaria restrittiva, in poche parole un aumento dei tassi di interesse e quindi una riduzione dei prezzi delle obbligazioni.
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