Fondi comuni d’investimento, cosa devi sapere

I fondi comuni di investimento sono tra i più diffusi strumenti del risparmio gestito. Scopri i vantaggi e le diverse tipologie

Avrai certamente sentito parlare di fondi comuni di investimento. Si tratta di strumenti finanziari che hanno fatto il loro ingresso sui mercati negli anni ’80 e oggi sono tra i più diffusi del risparmio gestito, come conferma Assogestioni.

Ma cosa sono esattamente? Come funzionano? Quali tipologie di fondi comuni esistono e perché sono interessanti per te, che sei intenzionato a investire? Scopriamolo insieme.

Cosa sono i fondi comuni d’investimento

Il fondo comune è uno strumento usato dalle società di gestione del risparmio per effettuare degli investimenti.

In pratica, ogni fondo comune è un “contenitore” dove convergono i soldi di chi ha scelto di affidarsi a quel fondo, contando sull’esperienza dei professionisti della SGR che lo gestiscono.

Il fondo si chiama “comune” proprio perché raccoglie e a sua volta investe i soldi di diversi investitori. Immagina il fondo comune come un salvadanaio dove confluisce il denaro proveniente direttamente da tanti risparmiatori. Quel denaro, però, non rimane nella pancia del porcellino ma finisce in diversi asset – azioni o bond, a seconda di cosa prevede il regolamento del fondo, che contribuiscono a dare un rendimento complessivo, a fronte di un rischio più “controllato” rispetto a quello che ci assumiamo investendo direttamente in titoli azionari od obbligazionari.

I vantaggi dei fondi comuni d’investimento

Il primo vantaggio di investire in un fondo comune è che non esiste un rischio di credito diretto della controparte, dal momento che, per legge, è prevista una netta separazione tra il bilancio del fondo e il bilancio della società di gestione a tutela dei risparmiatori.

Oltre a questa tutela normativa, i fondi comuni hanno anche altri vantaggi:

  • sono semplici
  • sono strumenti ad alto livello di liquidità
  • consentono una diversificazione di portafoglio, poiché con un solo strumento è possibile investire su un preciso mercato, settore o una particolare strategia di investimento.

Ma attenzione: i fondi d’investimento non sono tutti uguali. Hanno nomi diversi (e altrettanto diversi livelli di rischio) in base alla composizione del loro portafoglio.

Vediamo insieme le principali tipologie di fondi comuni d’investimento. 

Le diverse tipologie di fondi comuni

Esistono vari tipi di fondi comuni. Una distinzione fondamentale è fra i fondi aperti e fondi chiusi.

I fondi aperti consentono di sottoscrivere quote, o chiederne il rimborso, in qualsiasi momento, e che di solito investono in attività finanziarie quotate. I fondi chiusi consentono invece di sottoscrivere quote solo nel periodo di offerta, che si svolge prima di iniziare l’operatività vera e propria, e le rimborsano di norma solo alla scadenza del fondo. Ai fondi chiusi sono riservati investimenti poco liquidi e di lungo periodo (immobili, crediti, società non quotate).

Fra i fondi aperti i più diffusi sono i fondi “armonizzati“, costituiti nei paesi dell’Unione Europea, che investono prevalentemente in titoli quotati (azioni, obbligazioni, etc).

Il termine “armonizzati” deriva dal fatto che seguono regole e criteri comuni per tutelare gli interessi dei risparmiatori, limitando e frazionando i rischi assumibili dai fondi. La vigilanza sui fondi armonizzati è affidata alle autorità del paese di origine.

A seconda delle loro politiche di investimento, i fondi armonizzati si suddividono in fondi azionari, fondi  obbligazionari, fondi bilanciati e fondi monetari. Vediamoli meglio!

I fondi azionari

I fondi comuni d’investimento azionari hanno un portafoglio prevalentemente investito in azioni e quindi un profilo di rischio medio alto. La percentuale del portafoglio investito in titoli azionari si aggira intorno al 70% e per questo motivo hanno un profilo di rischio più alto rispetto ad altre categorie.

I fondi azionari possono essere a loro volta suddivisi in varie sottocategorie, come i fondi azionari geografici, che investono in una precisa area geografica, e i fondi azionari settoriali, che investono in un determinato settore.

In entrambi i casi si può parlare di fondi a gestione attiva se l’obiettivo del fondo è quello di battere uno specifico indice di riferimento (chiamato anche benchmark) oppure difondi a gestione passiva, se l’obiettivo è quello di replicare tale benchmark.

I fondi azionari, proprio per il loro profilo rischio/rendimento, tipicamente sono presi in considerazione da investitori con un orizzonte temporale di medio/lungo termine e con un’avversione al rischio contenuta.

I fondi obbligazionari

I fondi obbligazionari – investono principalmente in titoli di Stato ed in obbligazioni e si caratterizzano per un grado di rischio generalmente minore dei fondi azionari;

Con i fondi obbligazionari non è consentito l’acquisto di azioni, eccezion fatta per i fondi obbligazionari misti, che invece possono avere una quota azionaria comunque non superiore al 20% del fondo.

Anche per i fondi obbligazionari esistono delle sottocategorie, legate in sostanza ai principali fattori di rischio dei fondi obbligazionari: il rischio di mercato e il rischio di credito.
Seguendo la variabile del rischio di mercato, i fondi si possono distinguere in base alla valuta di denominazione o alla duration del portafoglio. In base alla variabile del rischio di credito è possibile categorizzare i fondi obbligazionari a seconda che investano nei Paesi sviluppati o in quelli emergenti, in base alla tipologia dell’emittente (sovrano o corporate) e al merito creditizio (investment grade o high yield).

I fondi obbligazionari hanno un profilo rischio/rendimento più basso di quelli azionari e per questo motivo sono più adatti agli investitori con un’avversione al rischio più alta, ma comunque con un orizzonte temporale medio/lungo.

I fondi bilanciati

I fondi bilanciati investono sia in azioni che in obbligazioni, con livelli di rischio via via crescenti in base alla percentuale di azioni presenti in portafoglio;

Questi fondi bilanciano, appunto, i vari tipi di investimento per ottenere rendimenti e profili di rischio a metà strada fra quelli dei fondi azionari e degli obbligazionari. Il patrimonio del fondo bilanciato può essere investito sia in titoli azionari che in titoli obbligazionari e a seconda delle percentuali di investimento è possibile avere:

  • fondi bilanciati azionari: possono investire in azioni una quota di portafoglio compresa tra il 50% e il 90%;
  • fondi bilanciati: possono investire in azioni una quota di portafoglio compresa tra il 30% e il 70%;
  • fondi bilanciati obbligazionari: possono investire in azioni una quota di portafoglio compresa tra il 10% e il 50%.

Il gestore in questo caso ha un buon margine di manovra per costruire un portafoglio ottimale. Il profilo rischio/rendimento si colloca in una posizione intermedia tra i fondi azionari e quelli obbligazionari.

I fondi flessibili

Ultima tipologia è quella dei fondi flessibili che danno la massima libertà in tema di composizione del portafoglio non avendo alcun vincolo in tema di asset allocation (valuta, Paese, settore e via dicendo). Gli unici vincoli ai quali il gestore deve attenersi sono quelli espressamente previsti nel regolamento del fondo. Per questi fondi non è prevista l’indicazione del benchmark di riferimento. Proprio per tale particolarità, è sempre bene controllare cosa ci sia dentro al “pacchetto” e verificare che la strategia, il portafoglio, il profilo rischio/rendimento e i costi siano in linea con il tuo obiettivo di investimento.

Quanto costa investire nei fondi comuni

Chi investe in un fondo comune dovrà sostenere dei costi. Nello specifico questi costi possono essere:

  • commissioni d’ingresso, al momento del primo versamento;
  • commissioni di gestione, che “ripagano” il gestore per il suo lavoro e sono calcolate annualmente;
  • una commissione di performance, per premiare il lavoro del gestore in presenza di un rendimento particolarmente brillante.
  • commissioni amministrative

Costi e commissioni dei fondi comuni sono sintetizzati in un unico indice onnicomprensivo: il TER (Total Expense Ratio), che deve sempre essere presente sui prospetti informativi.

Attenzione: un TER alto non è affatto garanzia di migliore rendimento. In compenso, ha il potere di eroderlo. Consideriamo per esempio un investimento di 20.000 euro che dura cinque anni producendo un rendimento medio del 5% all’anno. Se il TER è basso (per esempio, 0,25-0,50% all’anno) il costo è contenuto, se invece è alto (esempio, 2-3%) allora si volatilizzano 2.500-3.500 euro dei 20.000 investiti inizialmente.

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