Investimenti, le trappole dell’home bias e della rappresentatività

Ci fanno giudicare prodotti finanziari in base alla nostra appartenenza geografica e all’esperienza personale invece che su base oggettiva: ecco perché la mente tende a preferire soluzioni che percepisce come "familiari" e come evitarlo

I contesti conosciuti, che ci sono familiari, hanno un potere naturalmente positivo e rassicurante sulla nostra mente e sulla nostra emotività. A parità di prezzo, per esempio, tendiamo a preferire un prodotto di una marca nota piuttosto che buttarci su un nome mai sentito prima. O ancora: quando andiamo al supermercato in una nazione straniera, ci sentiamo più tranquilli a comprare prodotti made in Italy, perché pensiamo di conoscerli meglio. Quando si tratta di prendere una decisione finanziaria però, questo normale processo cognitivo rischia di tramutarsi in una trappola.

Investire “a casa” ci dà sicurezza. In finanza comportamentale si chiama home bias e si concretizza nella tendenza a preferire investimenti geograficamente vicini – nazionali o regionali – rispetto a quelli stranieri, o a prediligere titoli a cui si è legati affettivamente – per esempio quelli della propria azienda. E secondo dati diffusi dal Fondo Monetario Internazionale non è un problema solo degli italiani: a fine 2010 il portafoglio tipo di un cittadino statunitense era esposto ai titoli Usa per il 91% mentre per gli investitori britannici il portafoglio vedeva in media un peso dei titoli UK pari al 67% e per australiani e canadesi la percentuale era rispettivamente dell’87% e dell’89%. Sia chiaro, non c’è niente di male ad avere in portafoglio qualche titolo della propria azienda o una piccola percentuale di esposizione all’Italia. Il problema sorge quando l’home bias va a interferire con il principio di diversificazione del portafoglio, provocando una eccessiva concentrazione dell’investimento sul Belpaese o su determinati titoli. Anche perché il listino italiano incorpora una certa dose di rischio ed è caratterizzato da un peso predominante del comparto bancario, due fattori importanti da considerare quando si investe.

Ma il mondo è pieno di opportunità. Restando investiti soltanto sul mercato locale poi, si rinuncia alle molte opportunità disponibili nel resto del mondo e alla possibilità di ridurre la volatilità. Visto che nessun mercato è in grado di restituire performance sempre positive, è sempre consigliabile diversificare il rischio, investendo in  più strumenti e più aree geografiche, in modo che perdite e guadagni si possano bilanciare.

Pregiudizi e schemi mentali. Un altro errore cognitivo, strettamente legato all’home bias, è l’euristica della rappresentatività (con euristica si intende un processo di ricerca e previsione non rigoroso, basato su intuizioni e analogie): essa ci porta a formulare giudizi più sulla scia dell’intuizione e degli stereotipi che in base alla al ragionamento logico-razionale: in altre parole, collochiamo i fenomeni osservati all’interno di gruppi o classi generali che abbiamo creato nella nostra mente. Succede per esempio nel gioco d’azzardo: pensiamo a un giocatore al tavolo della roulette, che si trova a decidere su quale colore puntare sapendo che nelle ultime 7 estrazioni è uscito il nero: la sua mente lo porterebbe a puntare con decisione sul rosso, ma la probabilità che esca l’uno o l’altro colore rimane del 50% a ogni estrazione, indipendentemente dagli esiti delle estrazioni precedenti. Trasferendoci nel mondo degli investimenti, un errore indotto dalla rappresentatività potrebbe essere quello di fare previsioni ottimistiche sull’andamento di azioni che hanno sovra-performato l’indice di mercato per un certo periodo di tempo, anche se questo non garantisce affatto che continueranno a farlo anche in futuro. Per esempio succede che un investitore, per decidere se un titolo crescerà in futuro, si avvalga del prezzo del titolo in un determinato momento, senza considerare la storia del titolo stesso e la variabilità del suo prezzo nel passato. È una trappola in cui cadono anche i più esperti: uno studio del 1992 di Werner De Bondt – tra i fondatori della finanza comportamentale – mostra come le previsioni a lungo termine eseguite dagli analisti di borsa tendano ad essere distorte in direzione dei titoli in quel momento più forti.

Ogni situazione merita una valutazione oggettiva: addio a stereotipi e pregiudizi. In altre parole, si tende a non considerare la frequenza osservabile di un evento, la sua probabilità oggettiva o l’ampiezza del campione, affidandosi semplicemente a stereotipi o all’apparenza. Per evitare di commettere questo errore sarebbe importante andare oltre le apparenze e le nostre convinzioni, per analizzare la situazione in modo oggettivo, magari aiutandosi con i principi della statistica. Spesso quando investiamo cadiamo in questi e altri errori senza nemmeno rendercene conto. Sapere come funziona la nostra mente può aiutarci a identificare le trappole e, quando possibile, a evitarle.

 

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