Il Jobs Act degli autonomi diventa legge, cosa cambia per collaboratori e partite Iva?

Malattia, indennità di disoccupazione, maternità e congedi: il nuovo Ddl sui lavoratori autonomi porta con sé delle importanti novità e una serie di riconoscimenti

Tempo di cambiamenti per il popolo dei lavoratori autonomi, in positivo. Il cosiddetto “Jobs Act” degli autonomi, dopo tre anni di lavori, è finalmente legge. Approvato con 158 voti a favore, 9 contrari e 45 astenuti, il provvedimento mira a dare maggiore tutela a quella classe di lavoratori, collaboratori e partite Iva che sino ad ora avevano meno diritti rispetto ai dipendenti. Sono oltre due milioni le partite Iva che in Italia formano questo popolo di lavoratori che sino a questo momento aveva visto una carenza di tutele e di diritti.

Le novità in campo. Sono ventidue gli articoli del Ddl che vogliono contribuire a conciliare meglio vita e lavoro dei liberi professionisti. In campo maternità viene aumentato a sei mesi il periodo di congedo parentale concesso alle future mamme e usufruibile entro i tre anni dalla nascita del figlio. L’astensione obbligatoria durante il periodo di maternità diviene nulla e inoltre, la lavoratrice potrà anche chiedere di essere sostituita da una persona che ritiene valida. Per malattie e infortuni, invece, il rapporto di lavoro può ora essere messo in stand-by sino a cinque mesi, senza però diritto al corrispettivo. Novità anche sui compensi e i tempi di pagamento che non potranno assolutamente essere superiori ai 60 giorni dall’emissione della fattura. I rimborsi spese, inoltre, non saranno conteggiati nel reddito del lavoratore, mentre le spese deducibili per i corsi di aggiornamento e orientamento sono estese rispettivamente a 10.000 e 5.000 euro che possono coprire anche quelle di soggiorno. Anche l’indennità di disoccupazione viene estesa a nuove categorie e dal primo luglio prossimo anche I collaboratori a progetto, gli assegnisti e I dottorandi potranno fare richiesta della Dis-coll. Si aprono ai lavoratori autonomi anche i centri per l’impiego che avranno uno sportello dedicato alla categoria.

Lo smart working. Nella seconda parte del Ddl, spazio è dato allo smart working, il lavoro agile: innanzitutto viene distinto dal “telelavoro” e definite come la prestazione lavorativa che avviene in parte all’interno dell’azienda e in altra parte all’esterno, senza postazione fissa. Il trattamento economico dei lavoratori dipendenti che svolgono un lavoro al di fuori dell’azienda dovrà essere eguale, anche in termini di ore giornaliere, a quello svolto da chi si trova all’interno. Viene messo in rilievo anche il “diritto a disconnettersi”, cioè a spegnere smartphone e tablet nelle ore di riposo del lavoratore.

Un incentivo all’occupazione? In Italia, purtroppo, da tempo vediamo il livello di disoccupazione, soprattutto dei giovani, oscillare su cifre da brivido. Secondo I dati Istat relativi allo scorso marzo, il tasso di disoccupazione è risalito sino all’11,7%: la disoccupazione resta comunque una brutta piaga italiana. Di fughe di cervelli ne vediamo continuamente, tanti sono infatti I giovani che negli ultimi anni si sono trasferiti in quella “Eldorado” londinese, ma le riforme come i Jobs Act, invece, dovrebbero essere un incentivo a cercare di fare qualcosa di diverso. Il regime agevolato della partita Iva per gli under 35 sino ad ora non è mai stato comunque di grande consolazione per chi, assalito dai dubbi, non ha intrapreso una carriera da autonomo. Con il nuovo Jobs Act degli autonomi, però, abbiamo visto che le tutele e i riconoscimenti sembrano essere arrivati e, ci si augura, che questo possa essere un input per farsi che in mancanza di lavoro dipendente molti giovani sappiano reinventarsi nel mondo sempre più ampio delle partite Iva.

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