La potenza in fondo alla tazzina

Gli scarti del caffè come possibile alternativa agli altri biocombustibili: dall’università di Cincinnati arriva un carburante tutto green...

Una soluzione dal caffè. Per trovare una soluzione ai loro problemi, le donne delle tribù nomadi del deserto leggono i fondi del caffè. Forse non si risolverà ogni questione ma proprio dai fondi del caffè arriva un sostegno importante nella lotta all’inquinamento e nella ricerca di fonti energetiche alternative. Uno studio triennale, condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Cincinnati, nell’Ohio, e presentato all’American Chemical Society & Exposition di Indianapolis, parla infatti di una nuova forma di biodiesel ottenuta dagli scarti di caffè, capace di alimentare automobili e generare energia.

Un progetto in tre fasi. L’ambizioso progetto è partito nel 2010 dall’analisi degli oli vegetali contenuti nei fondi di cinque galloni di caffè, circa 18 litri, raccolti in uno Starbucks vicino all’ateneo. Tre i passaggi fondamentali per la produzione del nuovo biocombustibile, ha spiegato Yang Liu, ingegnere ambientale membro del gruppo di ricerca: si parte dall’estrazione dell’olio vegetale dagli scarti di caffè con cui ottenere il biodiesel. Ancora grezzo, il liquido viene liberato dalle impurità. Purificato, il biodiesel può essere bruciato per ottenere energia.

Un’alternativa agli altri biocombustibili. Il risultato non ha deluso le aspettative dei ricercatori: il biodiesel prodotto ha superato gli standard internazionali sui biocombustibili, limitando fortemente le emissioni di gas nocivi (monossido di carbonio in testa). Ma non è tutto: il suo sviluppo su scala commerciale metterebbe sul mercato una valida alternativa alle altre fonti di biocombustibili come mais e soia: fonti di energia promettenti il cui uso su vasta scala, però, rischia di entrare in conflitto con le richieste del settore alimentare.

Il caffè, da anni al centro di molti studi. Non è la prima volta che i fondi del caffè sono al centro di studi internazionali. Nel 2009 ricercatori dell’Università di Reno, in Nevada, misero a punto un biodiesel ecologico partendo proprio dalla loro analisi. Mano Misra, docente d’Ingegneria presso l’ateneo americano, raccontò d’aver notato che il caffè lasciato nella tazza per una notte intera tendeva a formare una patina oleosa che si accumulava sui bordi del contenitore. Studiando quest’olio lo staff ha scoperto che lo si può usare per alimentare motori diesel. Il processo per la produzione dell’olio di caffè è a basso consumo di energia, a costo quasi nullo di materie prime (il caffè è consumato ovunque in grandi quantità) e ad alto rendimento: per ogni quintale di fondi di caffè trattati si ottengono 10-15 kg di combustibile. Quest’aspetto rende la sua industrializzazione estremamente conveniente rispetto agli altri combustibili di origine vegetale.

Biocombustibili, tutti i vantaggi. Al centro di molti studi da anni, il biodiesel è rinnovabile, poiché ottenuto dalla coltivazione di piante oleaginose di ampia diffusione. È biodegradabile, quindi, se disperso, si dissolve nell’arco di pochi giorni a differenza degli scarti dei consueti carburanti, che permangono molto a lungo. Il suo uso per il trasporto elimina l’emissione di residui di zolfo (causa principale delle piogge acide), diminuisce dell’85% i composti aromatici (causa principale dei problemi cancerogeni) e riduce del 60% le polveri sottili (causa principale di inquinamento nelle città.

Un giro d’affari in crescita. Il giro d’affari dei biocarburanti è in crescita anche nel nostro Paese. Nel 2012 in Italia si sono ritagliati una nicchia del 4,5% del mercato rendendo così la penisola il quarto produttore su scala europea. 

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