Il mese di novembre è stato caratterizzato da una correzione sul mercato azionario europeo, mentre la crescita è proseguita pressoché ovunque. Dall’altra parte dell’Oceano la riforma fiscale tarda ad arrivare e la Fed vede un cambio di vertice
Il punto del mercato. Il mercato azionario è stato “double face” nel mese di novembre: se sul fronte azionario europeo abbiamo assistito a una correzione, la crescita è invece proseguita su quello giapponese e americano. Le piazze finanziarie del nostro continente hanno infatti incontrato un mese all’insegna della volatilità, con il VSTOXX, l’indice che misura la volatilità dell’Eurostoxx50, in crescita del 6% nell’ultimo mese. A pesare sui listini europei è stato principalmente il settore bancario che è arrivato a perdere fino al 4,6% dopo le dichiarazioni rilasciate dalla Presidente del Consiglio di vigilanza della BCE, Danièle Nouy, sulla delicata questione dei crediti deteriorati. La Nouy, in occasione dell’ultimo Eurogruppo, ha infatti confermato la volontà di voler procedere con nuove regole più stringenti sugli NPL, che rappresentano un punto debole per il sistema finanziario dell’Eurozona. In Giappone la crescita record del Nikkei prosegue, mentre negli Stati Uniti i positivi risultati delle ultime trimestrali hanno spinto al rialzo Wall Street. L’asset class del mese è senza dubbio l’oro nero, il petrolio, che chiude in rialzo di circa il 5%: una performance alimentata dalle aspettative di un prolungamento dei tagli alla produzione, il cui annuncio è atteso in occasione dell’imminente riunione dell’Opec a Vienna. Dopo alcune settimane di debolezza, la nostra moneta riprende forza contro il dollaro Usa e chiude il mese di novembre in rialzo del 2,6%, tornando intorno agli 1,19 dollari. Il fattore determinante è stata la debolezza della valuta americana, su cui pesano le incertezze intorno all’effettiva riuscita della riforma fiscale del Presidente Trump. Sul mercato obbligazionario permane una certa tranquillità, con lo spread tra il nostro titolo di Stato decennale (BTP) e il corrispettivo tedesco (Bund) stabile sui 145 punti.
Stati Uniti: Trump e Powell i nomi del mese. Il primo anno di presidenza per Trump (link: https://vocearancio.ingdirect.it/trump-come-stanno-gli-stati-uniti/) è stato caratterizzato da un proseguimento sul sentiero della crescita per il Paese a stelle e strisce: gli ultimi dati del PIL parlano di una crescita attesa per il terzo trimestre al 3% annuo, mentre i principali indici azionari del Paese continuano la loro ascesa, toccando sempre nuovi record. La recente spinta è stata anche alimentata dalla positiva “earnings season” del terzo trimestre: infatti il 74% delle società che compone lo S&P500 ha battuto le stime degli analisti in termini di crescita dei ricavi, trend atteso anche per l’ultimo trimestre. All’orizzonte tuttavia incombono le difficoltà sul fronte della riforma fiscale: il Senato vorrebbe ritardare l’attuazione della riforma al 2019, contrariamente alla proposta della Camera, che invece si aspetta la “messa in opera” già dal prossimo gennaio. É stato ufficializzato il prossimo Presidente dell’istituto: a febbraio a prendere il posto di Janet Yellen, toccherà a Jerome Powell, attuale membro del board dell’istituto. Una scelta all’insegna della continuità, dato che Powell è molto vicino alla linea di pensiero della Yellen.
Eurozona e Italia in crescita. La Germania è ancora senza governo. A quasi due mesi dall’appuntamento elettorale, la Merkel non è ancora riuscita a formare la tanto attesa coalizione “Giamaica” (con i Liberali e i Verdi); l’alternativa più probabile al momento sembra essere quella di una nuova coalizione con l’Spd dello sconfitto Maritin Shulz. La situazione economica della zona euro è decisamente migliore: l’ultimo dato relativo alla crescita del PIL del terzo trimestre si attesta al 2,5% su base annua, in miglioramento dal 2,3% del precedente trimestre. Positivi anche i dati dell’industria europea, con gli indici PMI del mese di novembre che hanno battuto le stime degli analisti e la fiducia dei consumatori si trova ai massimi dal lontano 2000. Anche l’Italia è tornata a crescere: la Commissione Europea oltre ad aver corretto al rialzo le stime per la zona Euro, lo ha fatto anche per il nostro Paese. La crescita ora attesa per il 2017 si è portata all1,5% annuo, in rialzo rispetto alla previsione della scorsa primavera; in linea con la Commissione anche l’Istat conferma il positivo momento per l’economia italiana “la ripresa si rafforza in tutti i comprati produttivi e nel mercato del lavoro”. Rimane tuttavia preoccupazione sul fronte della sostenibilità del debito e sulla questione relativa ai crediti deteriorati del nostro sistema bancario.
Nel resto del mondo. Dal Regno Unito finalmente si sblocca l’impasse sul “Brexit Bill”, il saldo che Londra deve versare a Bruxelles per gli impegni precedentemente presi. L’accordo raggiunto parla di un conto da circa 55 miliardi di euro, una cifra vicina ai 60 richiesti dall’Unione Europea. Ora l’ultimo ostacolo per passare alla seconda fase riguarda l’irrisolta questione sul confine tra Irlanda del Nord e Irlanda. Infine dal Sud America il Venezuela ha dichiarato l’undicesimo default sul debito estero del Paese, a causa del mancato pagamento di 200 milioni di dollari di interessi. Tuttavia la situazione è stata prontamente arginata dall’intervento della Russia e della Cina che hanno mostrato il loro supporto al Governo di Maduro.
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