A ottobre i mercati azionari sembrano aver superato indenni le incertezze della Brexit e del referendum catalano
Il punto del mercato. Il risveglio sperimentato dai mercati finanziari nel mese di settembre prosegue anche a ottobre. Le principali piazze finanziarie mondiali entrano nell’ultimo trimestre dell’anno saldamente in territorio positivo, con il nostro FTSEMIB che mantiene il primato della crescita da inizio anno, al +17%. Un importante rialzo lo si segnala anche sul mercato giapponese dove l’indice di riferimento, il Nikkei 225, torna sui valori massimi toccati nel lontano 1996: un risultato determinato anche dal positivo esito elettorale, che ha visto confermata e rafforzata la leadership dell’attuale Premier Shinzo Abe. Sul mercato delle materie prime, le minori tensioni dal fronte nord-coreano hanno determinato un nuovo calo per l’oro, dopo gli importanti rialzi visti durante i mesi estivi. Dal fronte valutario prosegue la fase di indebolimento della nostra moneta unica contro il dollaro USA che, spinto dalle aspettative di una sempre più vicina riforma fiscale, si rafforza e mantiene il tasso di cambio sugli 1,18 dollari statunitensi, rintracciando dai massimi raggiunti in estate. Sul mercato obbligazionario, invece, non si segnalano movimenti rilevanti, con lo spread tra il BTP e il Bund tedesco stabile sui 155 punti base.
Catalexit e Brexit. Conclusi gli appuntamenti elettorali con le elezioni tedesche, l’Europa ha dovuto attraversare le nubi della ribattezzata “Catalexit”. Infatti, all’inizio del mese in Catalogna si è tenuto il referendum relativo all’indipendenza della regione. Il risultato ha sancito la vittoria del Sì con il 90% dei consensi, tuttavia le modalità tramite cui il Governo catalano ha indetto questo appuntamento elettorale hanno ulteriormente deteriorato i già fragili rapporti con il Governo centrale di Madrid. I botta e risposta tra le parti non sono mancati: dapprima il Presidente catalano Carles Puigdemont ha evitato di dichiarare esplicitamente l’indipendenza della regione, ricercando un dialogo con Madrid, tramite anche l’intermediazione delle autorità europee. Tuttavia da Madrid, gli ultimatum concessi dal Premier Rajoy sono caduti nel vuoto e il Governo centrale ha votato per l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione spagnola, tramite cui viene sospesa l’autonomia della regione catalana fino alle prossime elezioni. Se la situazione in Spagna è quindi ancora incerta, nel Regno Unito la Brexit è ad un “punto morto”. Con queste parole il negoziatore europeo per la Brexit, Michel Barnier, ha descritto lo stallo nelle trattative tra Bruxelles e Londra. Infatti, nei giorni scorsi si è conclusa la prima fase dei negoziati e le parti in gioco sono ancora molto distanti: “Brexit Bill”, diritti civili e confini irlandesi, queste sono le questioni da risolvere prima di passare alla seconda fase della trattativa, dove si negozieranno i rapporti commerciali “post-divisione”. Nel mentre, è arrivata la bocciatura di Moody’s al rating sul debito sovrano del Regno Unito, declassato da Aa1 ad Aa2, segno che l’incertezza politica pesa anche sull’economia.
Congresso in Cina e Abenomics in Giappone. In Cina si è tenuto il 19esimo Congresso Nazionale del Partito Comunista cinese, il principale appuntamento politico ed economico del “gigante asiatico”. Confermato anche il secondo mandato alla presidenza per Xi Jinping, il quale ha annunciato gli obiettivi di sviluppo futuri per la Cina: industria 4.0 e soglia di povertà azzerata, con il fine di rendere il Paese un vero “leader della crescita dell’economia mondiale”. Una realtà tuttavia già concreta, dato che il PIL cinese dovrebbe pesare il 17% del PIL mondiale a fine 2017, secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale, confermando così il sorpasso sugli Stati Uniti. Elezioni lampo invece in Giappone: nel giro di un mese il Premier Shinzo Abe ha annunciato e vinto le elezioni indette in via anticipata con il fine di rafforzare la propria leadership in Parlamento. Obiettivo raggiunto dal Premier che si riconferma leader, allontanando gli spettri populisti dal Paese del “Sol Levante”.
Stati Uniti divisi tra riforma fiscale e FED. Dagli Stati Uniti la riforma fiscale tanto promossa dal Presidente Trump prende sempre più forma, dopo che nelle scorse settimane sono stati comunicati ulteriori dettagli su quella che dovrebbe essere la riforma più importante dal 1986. I dubbi sulla sua effettiva realizzazione non mancano, dato che per ora non sono state chiarite le coperture finanziarie da utilizzare per far fronte ad una riforma da circa 2,2mila miliardi di dollari. Infine, dal fronte FED continua il “toto-nomi” sul prossimo Presidente della Banca Centrale che vede come candidati potenziali l’attuale membro del Board Jerome Powell, favorevole alla politica accomodante degli ultimi anni, e il professore John Taylor, che in svariate occasioni si è professato contrario alla scelte operate dalla Yellen e dal suo predecessore Bernanke.
Per poter visualizzare i commenti devi accettare i cookie facoltativi, clicca qui per cambiare le tue impostazioni sui cookie.