I primi 100 giorni di Trump

I primi provvedimenti del nuovo presidente americano e i principali effetti delle sue scelte sui mercati

Lo scorso 29 aprile Donald Trump ha festeggiato i primi 100 giorni al vertice della più importante potenza mondiale: gli Stati Uniti d’America. Un’occasione per un piccolo riassunto di quello che è successo in questo breve lasso temporale e quali sono stati i principali effetti sui mercati americani.

Cosa è successo in questi 100 giorni. Dall’insediamento di Trump nello studio ovale la politica estera americana è cambiata drasticamente, specialmente per via dell’intensificazione delle tensioni in Asia, dovute alle frequenti minacce di conflitto con la Corea del Nord. Per quanto riguarda lo spinoso argomento immigrazione, alla fine di gennaio è stato messo in atto il provvedimento chiamato Muslin Ban che vietava l’ingresso nel Paese ai cittadini che di sette paesi a maggioranza mussulmana. La peggiore sconfitta sul piano politico è stata invece sulla riforma sanitaria, che avrebbe dovuto cancellare l’Obamacare, ma che alla fine si è rivelata un buco nell’acqua.

I 100 giorni visti nei mercati.  Secondo un sondaggio pubblicato da Washington Post /ABC Donald Trump è il presidente meno popolare della storia; eppure i mercati non sembrano essere preoccupati, anzi, i mercati americani in questo periodo hanno ripetutamente toccato nuovi massimi e non sembrano aver perso lo slancio. Vediamo qualche numero. Le 500 società che compongono l’S&P500, uno dei più famosi indici azionari mondiali, hanno messo a segno un incremento della capitalizzazione di mercato pari a 984 miliardi di dollari dall’Inauguration Day, valore che sale a più di 2 mila miliardi di dollari se consideriamo come riferimento il giorno dell’elezione. Il rally azionario è stato pari al 5,8% e questo mette di diritto il neo presidente Trump al quinto posto nella classifica delle performance azionarie nei primi 100 giorni di un presidente. Se invece si considera la sola capitalizzazione di mercato, Donald Trump riesce a superare il risultato di Bush del 1988 e quello di Obama del 2008.

Il mercato avanza, ma non per effetto di Trump. C’è un ‘ma’ che bisogna considerare. Il mercato azionario USA è senza dubbio avanzato sotto Trump, ma sembra che sia successo non per effetto dello stesso Trump o di quella che viene chiamata la Trumponomics, ovvero la politica economica del neo Presidente. In poche parole non sembra che Trump o le sue politiche stiano influenzando i mercati nelle aree ‘prevedibili’. Prendiamo ad esempio il settore Tech; già durante la campagna elettorale di Trump la Silicon Valley si era schierata ampiamente a favore di Hillary Clinton con il neo presidente che aveva intimato Apple a produrre i propri prodotti interamente all’interno dei confini americani. Eppure il settore tech è stato il settore che ha guadagnato di più in questi 100 giorni, con una performance del +10,7%. I settori della grande industria manifatturiera, cavalli di battaglia di Trump che dovrebbero maggiormente beneficiare della sua politica economica, non hanno particolarmente brillato: le società del settore industriale hanno incrementato la loro capitalizzazione ‘solamente’ di 66 miliardi di dollari (rappresentando così un misero +6,7% del rally azionario) mentre le società del settore auto hanno perso 8 miliardi di dollari.

Una piccola curiosità. Trump, in più di un’occasione, ha portato l’aumento del mercato dalla sua elezione come prova che gli investitori stanno reagendo positivamente alle sue politiche. Ma anche se le azioni sono sicuramente aumentate, quanto credito vada imputato al nuovo presidente è meno chiaro. Se infatti il mercato americano è salito poco più del +5%, quello messicano, Paese non particolarmente gradito a Trump, ha messo a segno nello stesso orizzonte temporale un bel +7,2%.

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