Gli abitanti della Catalogna hanno votato per l’indipendenza della propria regione. Anche se il voto si è concluso a favore, il referendum è risultato illegale. Ecco il perché e come hanno reagito i mercati
Domenica primo ottobre gli abitanti della regione della Catalogna sono andati alle urne per votare in merito alla questione dell’indipendenza dal Governo Spagnolo. Ha vinto il sì con il 90% dei consensi. Tuttavia i numeri non sembrano completamente attendibili e il referendum è risultato illegale.
Cos’è la Catalogna e perché cerca l’indipendenza? La Catalogna, con capitale Barcellona, è una tra le regioni più ricche della Spagna, di fatto contribuisce circa al 20% del PIL dell’intera nazione. Le ragioni sottostanti l’indipendenza risalgono a radici ben antiche di carattere storico, culturale e linguistico (basti pensare che il catalano è una lingua diversa dallo spagnolo), anche se la ragione predominante negli ultimi anni riguarda l’aspetto economico: secondo gli indipendentisti, senza pagare parte delle tasse alla Spagna, la regione della Catalogna sarebbe più ricca, riuscendo le aziende ad essere indipendenti dal mercato spagnolo.
Cosa si è votato? La domanda fatta ai cittadini della Catalogna era molto semplice:“Vuoi che la Catalogna diventi uno Stato indipendente in forma di Repubblica?”. La domenica del voto, sebbene sia stata registrata la vittoria del sì con un consenso al 90% e una affluenza totale di oltre 2 milioni di persone (circa il 43%), si è conclusa nel caos totale per le strade catalane. A ostacolare la votazione nei seggi è intervenuta la polizia spagnola, interrompendo il referendum con l’uso della forza e causando un bilancio di circa 800 feriti.
Perché il referendum è considerato illegale? L’illegalità del referendum si basa di fatto su due punti:
- Errore nel calcolo dei risultati: Ogni volta che si crea un referendum è importante redigere le liste elettorali, la lista delle persone che legalmente possono partecipare al voto. Queste sono importanti per per determinare il quorum di affluenza e di conseguenza risultati sull’accettazione o rifiuto. Nel caso del referendum della Catalogna le liste elettoralia cui sono iscritti i residenti delle quattro province della regione (Barcellona, Girona, Lleida e Tarragona) non sono state mai create, semplicemente poteva votare chiunque, dai non residenti ai turisti in vacanza. In sostanza non c’è stato nessun controllo sull’identità di tutti quelli che hanno depositato un voto nell’urna.
- Votazione non legale: gran parte della votazione non è avvenuta nei seggi, ma in mezzo alla strada; questo ha fatto sì che molte persone hanno potuto votare più di una volta senza alcun controllo.
La reazione dei mercati? Sostanziale indifferenza. I mercati non hanno reagito in modo negativo in seguito alla notizia del referendum. Ecco un grafico del differenziale dei rendimenti a 10 anni tra i titoli obbligazionari italiani e quelli spagnoli (BTP-Bonos):
Dal grafico si nota come lo spread non abbia avuto singolari reazioni rispetto al giorno della votazione, ma che si sia, tutto sommato, mantenuto nell’intervallo che rispetto ormai da circa un anno, intorno ai 50 punti base. La logica dietro tale indifferenza potrebbe proprio essere che il referendum non è stato percepito come qualcosa di reale (e quindi legale). Qualora la situazione peggiori, dal momento in cui si parlerà di separazione di fatto, rinuncia al pagamento delle tasse al Governo Spagnolo (con danneggiamento dei conti pubblici), perdita del PIL e adozione di moneta diversa dall’euro, probabilmente i mercati prenderanno la faccenda più seriamente. Ma per ora non è così.
Cosa potrebbe succedere adesso? I possibili scenari sono:
- la regione aspetta a proclamare l’indipendenza e chiede al Governo di Madrid di ripartire da zero utilizzando il dialogoper trovare una soluzione politica;
- viene proclamato uno sciopero generale;
- vengono convocate nuove elezioniregionali con conseguente dimissione del Presidente della Catalogna.
Al momento, si propende fortunatamente verso la prima soluzione. Infatti, il presidente della Generalitat catalana, Carles Puigdemont, dopo i primi entusiasmi, sembra aver allentato la morsa: subito dopo il referedum, Puigdemont ha lanciato un primo ultimatum di 48 ore al Governo, affermando che la Catalogna sarebbe diventata, in via unilaterale, indipendente. Non avendo rispettato il primo ultimatum ne ha lanciato un altro per discutere i termini dell’indipendenza in Parlamento. Al momento, secondo le ultime notizie, Puigdemont ha cambiato nuovamente idea e sembra essere aperto al dialogo con il Governo spagnolo per cercare una mediazione, anche attraverso l’aiuto dell’Europa, tentando così di trovare una soluzione di carattere istituzionale che vada bene per tutti.
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