Brexit a una svolta, ma preoccupano Germania e Italia

Italia bocciata sul bilancio e locomotiva tedesca in affanno. E poi c’è la bozza di accordo tra UE e Regno Unito su Brexit: il governo UK e i 27 Stati dell’Unione hanno dato l’ok, ma il vero scoglio è il Parlamento inglese

 

Brexit, è l’ora delle decisioni irrevocabili? Grandi novità e ancora qualche incognita su Brexit. Il processo di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea prevede che entro il 29 marzo 2019 si stipuli e ratifichi un accordo per definire i termini del recesso. Il 13 novembre UE e UK hanno annunciato una bozza di accordo secondo cui il Regno Unito parteciperà al mercato unico fino al 31 dicembre 2020, nel cosiddetto “periodo transitorio”. La bozza ha ottenuto l’ok del governo britannico il 14 novembre (e quattro ministri, tra cui il responsabile della Brexit Dominic Raab, si sono dimessi), e il 25 è stata approvata dai 27 Stati UE. Lo scoglio resta il Parlamento UK, dove il voto è in calendario l’11 dicembre.

 Elezioni di metà mandato negli USA. Martedì 6 novembre gli Stati Uniti sono stati chiamati a esprimere il proprio voto in occasione delle elezioni di metà mandato, che si tengono due anni dopo le presidenziali per rinnovare l’intera Camera e un terzo del Senato. Come largamente atteso, i Democratici hanno riconquistato la maggioranza alla Camera, mentre i Repubblicani hanno consolidato la propria presenza al Senato.

G20 a trazione sino-statunitense. Restando in tema USA, il mese si è concluso con il G20 di Buenos Aires, dove il presidente Donald Trump e il presidente Xi Jinping si sono incontrati nel tentativo di raggiungere un accordo sul commercio dopo che il vertice Asia-Pacific Economic Cooperation si è concluso, per la prima volta in 25 anni, senza dichiarazione congiunta finale proprio a causa delle divergenze tra Cina e Stati Uniti.

Se l’economia rallenta, la Fed si adegua. Nella riunione del 7 e 8 novembre, la Fed ha confermato i tassi tra il 2% e il 2,5%. Il prossimo intervento è atteso a dicembre. Ma attenzione: il presidente Jerome Powell ha fatto capire che il rallentamento economico, insieme con le pressioni di Trump, potrebbe indurre la banca centrale a valutare con estrema cautela un eventuale nuovo rialzo dei tassi.

Analisi e previsioni del Fondo Monetario. Nel report preparato in occasione del G20, il Fondo Monetario Internazionale conferma che la crescita economica sta rallentando, anche in scia alla decelerazione degli USA e della Cina, ravvisando comunque in Europa i due focolai da monitorare: sono la Germania e l’Italia. La prima per via del rallentamento dell’economia, confermato in ultimo dall’IFO di novembre, che si è attestato a 102 dal precedente 102,9 e a fronte di previsioni che lo davano a 102,3. La seconda per l’instabilità finanziaria. A che punto siamo qui?

È arrivata l’annunciata bocciatura. La Commissione Europea ha confermato la bocciatura del Documento Programmatico di Bilancio italiano, stante la violazione delle regole del Patto di Stabilità e la traiettoria di riduzione del debito ritenuta troppo poco convincente. Non è ancora la procedura per deficit eccessivo, pur costituendone la premessa. Intanto, in concomitanza con il Consiglio Europeo di fine novembre, è arrivata qualche apertura da parte del Governo italiano rispetto all’ipotesi di modificare il progetto di bilancio per andare incontro ai parametri UE. Sullo sfondo, la performance tutt’altro che brillante della 14esima emissione del BTP Italia: collocati 863 milioni nei tre giorni di offerta riservata agli investitori individuali e 1,3 miliardi agli istituzionali. Un risultato deludente soprattutto sul versante retail, al livello più basso di sempre.

Banche italiane promosse allo stress test. In compenso, i risultati dello stress test condotto sulle banche europee dall’EBA, l’autorità bancaria europea, sono stati positivi per Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco BPM e Ubi, che hanno superato l’esame.

La Francia e la rivolta dei “gilet gialli”. Anche la Francia del presidente Emmanuel Macron ha i suoi mal di pancia. Nel Paese è esplosa la protesta dei cosiddetti “gilet gialli”, il casus belli è stato l’annunciato aumento dei prezzi del carburante.

Petrolio in fase calante. Lunedì 5 novembre sono tornate in vigore tutte le sanzioni a carico dell’Iran che gli Stati Uniti avevano cancellato dopo la firma dell’accordo sul nucleare nel 2015. In vista di questa fatidica data, le quotazioni di greggio erano salite: l’attesa era che il divieto di acquistare petrolio iraniano (una delle sanzioni USA a carico di Teheran) avrebbe penalizzato l’offerta dando nuovo slancio ai prezzi. Poi sono successe tre cose: alcuni Paesi, tra cui i colossi asiatici Cina e India, sono stati esentati dal divieto di acquisto; l’Agenzia Internazionale dell’Energia ha detto che nel 2019 la domanda non sarà poi così brillante; la produzione di Stati Uniti, Russia e Arabia Saudita ha più che compensato quanto è venuto a mancare sul mercato per via della crisi venezuelana e delle sanzioni USA all’Iran. Offerta più robusta del previsto, domanda così così: la parola passa all’OPEC, che si riunisce il 6 dicembre.

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