L’obiettivo della direttiva europea 2019/790 è remunerare adeguatamente chi produce contenuti veicolati dalle piattaforme online, come giornalisti, videomaker o musicisti. Ma scatta il rischio censura per i cosiddetti user generated content. Le novità e cosa cambia per gli utenti web con la riforma del copyright
A marzo 2019, dopo un tira e molla durato anni, il Parlamento europeo a Strasburgo ha approvato il progetto di riforma del copyright. La direttiva 2019/790 è nata con l’obiettivo di remunerare adeguatamente i produttori di contenuti (e titolari di diritti d’autore) ed estendere le norme sul diritto d’autore anche all’online. I grossi nomi del web come Facebook e YouTube saranno quelli maggiormente impattati dalla riforma. Vediamo in che modo e cosa cambia per gli utenti.
Il giusto compenso per i content creator? Uno degli articoli che ha suscitato più clamore è il numero 11, il cui contenuto è stato ribattezzato da qualcuno “link tax”. Ma perché è stato così dibattuto? Si tratta della parte normativa che stabilisce i rapporti tra editori e content creator con i gestori di piattaforme che pubblicano i contenuti o i cosiddetti “snippet”, una sorta di “anteprima” di un contenuto già presente online, come per esempio l’anticipazione di un articolo giornalistico che viene ripreso nel link di anteprima sui social network. L’obiettivo della riforma è quello di incentivare gli accordi tra le piattaforme online e gli editori, così da riconoscere a chi produce contenuti il giusto compenso. L’articolo 11, perciò, prevede che giornalisti, musicisti o content creator le cui opere vengano pubblicate su piattaforme online come Facebook, Google News o YouTube, vengano retribuiti dai propri editori, i quali devono stringere accordi proprio con le stesse piattaforme per monetizzare il contenuto che utilizzano e attraverso cui generano traffico. La norma prevede quindi un’autorizzazione preventiva che consenta alle piattaforme di pubblicare gli snippet e di riconoscere contestualmente il compenso agli autori dei contenuti. In alternativa, le piattaforme possono pubblicare i contenuti gratuitamente, accompagnandoli da un “brevissimo estratto”, i termini dei quali sono però ancora tutti da definire.
Cosa cambia per le persone. L’altro articolo chiave della riforma è il numero 13, che regola sostanzialmente l’utilizzo del materiale protetto da copyright da parte delle persone comuni. Come dovremo comportarci sui social network? Saremo responsabili di quanto pubblicato e protetto da diritto d’autore? In sostanza, l’approvazione della riforma prevede che le piattaforme (come i social network) di condivisione di contenuti generati dalle persone (i cosiddetti user generated content) si muniscano di una licenza d’uso in modo tale da coprire eventuali contenuti protetti da copyright e caricati dai propri utenti che non saranno responsabili direttamente di eventuali violazioni. La direttiva prevede inoltre la possibilità di utilizzare i cosiddetti “upload filters”, vale a dire una serie di parametri impostati in modo tale da verificare che il contenuto postato dalle persone non violi il copyright, per esempio i video montati utilizzando musiche e di cui la piattaforma non detiene i diritti. Anche in questo caso, le piattaforme possono adottare la strada del non rendere del tutto disponibili i contenuti di cui non detengono i diritti. È questo uno dei risvolti che ha disseminato il panico tra le persone, perché si pensa che questo possa portare a una sorta di censura preventiva nei confronti dei contenuti generati dagli utenti. Questa regola dovrà essere rispettata da tutte le piattaforme, a esclusione delle realtà con fatturato inferiore ai 10 milioni di euro e con meno di tre anni di attività. Questo significa inevitabilmente che i più colpiti saranno i colossi del web come YouTube, Google News, Facebook e Twitter.
La direttiva deve essere recepita dai singoli Stati membri. Nonostante il voto contrario di Finlandia, Lussemburgo, Olanda, Polonia e Italia, lo scorso marzo la direttiva è stata approvata dal Parlamento dell’Unione europea a Strasburgo. Ora la palla passa quindi ai singoli Stati membri, inclusa l’Italia, che hanno due anni di tempo per adeguarsi alla direttiva e recepirla a livello nazionale. Pensate che questa riforma del copyright garantisca agli autori una giusta remunerazione? Siete preoccupati del rischio censura da parte delle piattaforme? Diteci la vostra tra i commenti!
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