Da Trump ai voti europei, i fatti del 2017 e gli effetti sulle valute

Tensioni tra Stati Uniti e Corea del Nord, elezioni in Europa, confronto-scontro sulla Brexit: ne sono successe di cose, nell’anno che si è concluso da poco. Ripercorriamo i principali eventi e l’andamento dei mercati

Eletto nel novembre 2016, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump è stato senza il dubbio uno dei protagonisti dell’anno. A cominciare dal 20 gennaio, quando si è insediato alla Casa Bianca. Riduzione delle tasse per aziende e ceti più alti tra i punti del suo programma: e la riforma fiscale, anche se meno incisiva rispetto a come inizialmente immaginata, è stata approvata sul finire del 2017, contribuendo a dare un’ulteriore sprint a Wall Street.

Stati Uniti vs. Corea del Nord. I “botta e risposta” tra il presidente Trump e il dittatore nordcoreano Kim Jong-un, con la reciproca minaccia di attacco nucleare, hanno costellato l’intero anno. Nel 2017 la Corea del Nord ha intensificato il suo programma di riarmo, non lesinando test missilistici e atomici. Le Nazioni Unite hanno reagito accentuando le sanzioni economiche contro il regime. Ma Kim Jong-un non si è lasciato domare e nel messaggio di inizio 2018 trasmesso dalla tv di Stato ha detto: “sulla mia scrivania c’è un pulsante nucleare”. La risposta di Trump: “Anch’io ho il pulsante nucleare ma è molto più grande e più potente del suo, e funziona”.

Al voto, al voto. Con lo spettro del populismo in giro per l’Europa, si temeva che ad aprile la leader del Front National Marine Le Pen avesse la meglio sugli altri candidati alle presidenziali francesi. E invece no: il giovane liberale Emmanuel Macron, collocandosi al di fuori dei partiti tradizionali, ha vinto arginando quella che per i mercati è, a tutti gli effetti, una minaccia alla tenuta dell’Unione Europea e dell’euro. Ondata populista schivata anche in Olanda.

In bilico. In Germania la prestazione della cancelliera Angela Merkel è stata assai meno brillante: ha vinto perdendo voti e per poter governare ha bisogno, ancora una volta, di una Grande Coalizione. Mentre l’estrema destra di Alternative für Deutschland è entrata per la prima volta in Parlamento. Copione analogo in Austria, dove il giovane conservatore Sebastian Kurz, vincitore delle legislative del 15 ottobre, ha scelto di formare un governo di coalizione con il Partito della Libertà Austriaco, nazionalista e di destra populista.

Stallo catalano. Capitolo ugualmente importante la Catalogna: nell’ambito di un rederendum incostituzionale, il primo ottobre i catalani hanno espresso la volontà di separarsi da Madrid e diventare Repubblica. Per tutta risposta, dopo la dichiarazione di indipendenza, il governo centrale ha sciolto il Parlamento regionale, presieduto da Carles Puigdemont, leader degli indipendentisti, e commissariato la Comunità Autonoma. Le elezioni del 21 dicembre per il rinnovo del Parlamento hanno confermato la volontà di indipendenza di metà dei catalani.

Brexit, al via la fase due. Con l’accordo dell’8 dicembre, dopo vari rinvii, è finalmente giunta a conclusione la fase preliminare del confronto tra Unione Europea e Regno Unito sull’uscita del secondo dalla prima. Garantiti i diritti degli oltre 3 milioni di cittadini UE che vivono in Gran Bretagna, è stata raggiunta un’intesa anche sul “costo” del divorzio, stimato attorno ai 50 miliardi di euro. Terzo punto, il confine fra la Repubblica d’Irlanda, che è uno Stato indipendente membro della UE dal 1973, e l’Irlanda del Nord, che invece fa parte del Regno Unito. “Non ci sarà una frontiera ‘dura’”, ha assicurato il primo ministro UK Theresa May. Ora l’attenzione è tutta sul trattato di libero scambio, il cui negoziato vero e proprio potrà però partire soltanto dopo il 29 marzo 2019, data ufficiale della Brexit.

Ripresa sincronizzata. Sullo sfondo, una crescita economica mondiale “sincronizzata”: il Prodotto Interno Lordo – dove più, dove meno – è cresciuto ovunque. Per contro, l’inflazione si è mantenuta nel complesso su livelli moderati. Il quadro generale ha convinto la Federal Reserve e la Bank of England ad avviare il rialzo dei tassi. La Fed lo ha fatto con tre interventi (ora sono all’1,25%-1,50%), più di ogni altra banca centrale fra le 10 maggiori economie mondiali, mentre la Banca d’Inghilterra li ha aumentati a novembre, dopo oltre un decennio, allo 0,50%, lasciandoli poi invariati a dicembre. La Banca Centrale Europea, dal canto suo, ha confermato tassi e acquisti di asset.

Chi sale e chi scende. Protagonista assoluto dell’anno è stato l’euro, che si è apprezzato nei confronti di tutte le valute. Compreso il dollaro, malgrado i tre rialzi operati dalla Fed. Lato azioni, nonostante i record di Wall Street, a distinguersi sono stati i Mercati Emergenti, che hanno continuato a trarre beneficio da ritmi di crescita decisamente più alti (sebbene più contenuti rispetto a quanto eravamo abituati a vedere in passato) di quelli delle economie sviluppate. Brasile e Russia sembrano essersi lasciati alle spalle la recessione che durava nel primo caso dal 2015 e nel secondo dal 2014. Fiacco l’obbligazionario a tutti i livelli: governativo e corporate, high yield e investment grade. Quanto alle materie prime, l’OPEC ha insistito sul recupero delle quotazioni del barile di petrolio nel corso dell’anno riducendo la produzione e impegnandosi ad andare avanti in questo solco anche nel 2018: fari puntati sulla riunione del prossimo giugno.

Criptovalute, la prossima bolla? Poche righe finali meritano le criptovalute, che si sono imposte all’attenzione nel 2017 con rialzi vertiginosi e con altrettanto vertiginose cadute. Sull’exploit del Bitcoin, per esempio, si sono espresse alcune tra le principali autorità mondiali, che hanno detto di temere una bolla con relative ripercussioni sulla stabilità finanziaria. Il Fondo Monetario Internazionale ha sottolineato la necessità di regolamentazione e vigilanza. Ma per molti operatori le criptovalute rappresentano una straordinaria opportunità e l’inizio di una nuova era. Vedremo cosa ci dirà il 2018 a riguardo.

 

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