I dazi d’acciaio di Trump

Il presidente USA annuncia dazi su alluminio e acciaio e già si parla di "guerra commerciale". Le reazioni di Europa e Cina e i principali effetti sui mercati

Più dazi doganali per tutti, ma forse non per Messico e Canada. Se si comportano bene. Dopo i balzelli su lavatrici e pannelli solari, giovedì primo marzo il presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump ha annunciato dazi salati su acciaio e alluminio, materie che gli USA importano principalmente dal Canada, esportatore privilegiato stante la breve distanza dagli States.

Cosa sono i dazi? Dicesi “dazio” la barriera fiscale che devono superare i beni in arrivo da altri Paesi. È un’imposta a tutti gli effetti: un’imposta indiretta, per la precisione, che va a finire nelle casse dello Stato. Il dazio è il mezzo principale attraverso cui prende corpo il protezionismo: il suo obiettivo dichiarato è infatti quello di proteggere l’economia interna, soprattutto i settori produttivi particolarmente fragili perché in fase di avvio o di affanno, dalla concorrenza di altre economie più “performanti”.

Acciaio e alluminio. Nel dettaglio, i dazi sull’acciaio saranno del 25% e quelli sull’alluminio del 10%. In pratica, un’azienda che importa 100.000 dollari di acciaio si troverà a doverne pagare 25mila allo Stato. Per 100.000 dollari di alluminio, il costo sarà di “appena” 10mila dollari. Questo annuncio – motivato da pratiche commerciali di altri Paesi che metterebbero in pericolo la sicurezza nazionale minando la produzione interna – ha spiazzato tutti gli Stati produttori. A cominciare dalla Cina che, pur contribuendo per meno di 2 miliardi di dollari all’import statunitense, assicura da sola quasi la metà della produzione globale e teme gli effetti indiretti sugli scambi di queste vigorose misure (che, per inciso, hanno indotto il consigliere economico della Casa Bianca Gary Cohn a dimettersi).

 

Le risposte di Cina, Canada ed Europa. Non a caso Hua Chunying, portavoce del ministero degli Esteri cinese, ha dichiarato: “La Cina chiede agli Stati Uniti di frenare il ricorso a misure protezioniste e di rispettare le regole del commercio internazionale. Se altri Paesi dovessero seguire questo esempio, l’impatto sul commercio mondiale sarebbe pesante”. Il primo ministro canadese Justin Trudeau ha definito i dazi su acciaio e alluminio “assolutamente inaccettabili”. Quanto al Vecchio Continente, solo nel 2017 i Paesi dell’Unione Europea hanno esportato negli USA acciaio e alluminio per 5,8 miliardi di euro. Alla luce di ciò, il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha promesso che l’UE “reagirà fermamente e in modo proporzionato per difendere i suoi interessi”.

Guerre commerciali. Ma perché fare arrabbiare tutti con questa mossa che, oltre a violare le regole della World Trade Organization (WTO), alla lunga è destinata a creare qualche problema di assorbimento della produzione non più acquistata dagli States? L’argomentazione ufficiale a sostegno è che, con la produzione domestica indebolita, gli Stati Uniti sarebbero più vulnerabili nel caso di un conflitto che sconvolgesse i flussi commerciali. Trump ha difeso la decisione anche in una lunga serie di tweet, com’è nel suo stile. “Dobbiamo proteggere il nostro Paese e i nostri lavoratori. La nostra industria siderurgica è in cattive condizioni. Se non hai l’acciaio, non hai un Paese!”. E ancora: “Quando un Paese (gli USA) perde molti miliardi di dollari negli scambi commerciali, praticamente con ogni Paese con cui fa affari, le guerre commerciali vanno bene e sono facili da vincere”. Poi: “Per proteggere il nostro Paese dobbiamo proteggere l’acciaio americano! #AMERICA first!”.

Contrattaccare la concorrenza. Di fatto, con questa mossa l’amministrazione Trump punta non tanto – o non solo – a riequilibrare la bilancia commerciale quanto a esaudire le richieste delle aziende USA che producono acciaio e alluminio. Da tempo queste società si lamentano delle pratiche sleali delle concorrenti straniere e in particolare delle sovvenzioni statali che il governo cinese garantisce alle imprese locali per incoraggiarne la produzione. Sovvenzioni che hanno come risultato una maggiore quantità di metalli in circolazione e dunque prezzi più bassi, a tutto svantaggio dei produttori americani.

Effetti su economia e Borse. Il rischio principale che i dazi rappresentano per l’economia mondiale è quello di un indebolimento del sistema commerciale globale. Per ora, i produttori USA brindano e festeggiano. Meno contente sono le aziende che invece l’acciaio e l’alluminio lo importano: il settore auto, l’aerospaziale, il comparto tecnologico e quello delle costruzioni, per citarne alcuni. Sul fronte dei mercati, a seguito dell’annuncio di Trump ma complice anche il dato negativo sulle vendite di nuovi veicoli nel mese di febbraio, i principali produttori di vetture negli Stati Uniti sono stati colpiti dalle vendite: General Motors ha chiuso in ribasso del 3.97%, Ford del 3% e FCA (Fiat Chrysler Automobiles) del 2,8%. Lato occupazione, i posti di lavoro nella produzione potrebbero aumentare, ma c’è il rischio che chi importa debba tagliare i costi. Va detto, però, che l’economia USA sta attraversando una fase che abbastanza agevolmente le consentirà di riassorbire i lavoratori eventualmente in esubero.

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