Fiat-Peugeot, numeri e sfide del nuovo colosso dell’auto

Nel quadro di un’industria in grande affanno, i gruppi FCA e PSA uniscono le forze in una fusione che punta a dar vita al quarto costruttore di auto a livello mondiale. Le sfide all’ordine del giorno: passare all’elettrico e schivare i dazi USA

Come se la passa l’industria automobilistica a livello globale? Non benissimo. Al comparto ha dedicato un approfondimento il Fondo Monetario Internazionale nel suo recente World Economic Outlook. “Nel 2018 l’industria si è contratta per la prima volta dalla crisi finanziaria globale, contribuendo al rallentamento mondiale”, si legge sul documento. Le prospettive a breve termine rimangono deboli, mentre a medio termine gli sforzi per la decarbonizzazione rappresentano una sfida fondamentale. Nonostante – o forse proprio a causa di – questo contesto, a fine ottobre due grandi gruppi hanno annunciato il loro progetto di fusione: Fiat Chrysler Automobiles si unirà a PSA, il gruppo che controlla i marchi Peugeot, Citroen e Opel. Dall’operazione nascerà il quarto costruttore di auto a livello mondiale. Ma capiamo meglio le implicazioni di questa importante fusione.

Produzione automobilistica in affanno. Nel 2018, ci ha detto il Fondo Monetario, la produzione automobilistica globale è diminuita di circa l’1,7%, mentre le vendite a livello planetario sono scese del 3% circa. La Cina – il maggiore mercato automobilistico del mondo – ha registrato una contrazione del 4% nelle unità prodotte: il suo primo declino in oltre due decenni. I segnali che giungono altrove dai grandi operatori sembrano confermare le difficoltà: la tedesca Continental, fornitrice del settore automotive, ha fatto sapere che non si aspetta un miglioramento della produzione nell’arco dei prossimi cinque anni; le vendite su scala mondiale di Volkswagen hanno riportato un calo dell’1,7% nei primi nove mesi dell’anno; General Motors ha presentato un piano di rilancio all’insegna del taglio dei costi e dello sviluppo dell’elettrico, provocando come reazione uno sciopero di cinque settimane. La sfida più tosta, per tutti i costruttori, è appunto quella del passaggio all’auto elettrica: la produzione dei veicoli costa di più, cosa che tiene alti i prezzi di vendita e non sollecita la domanda, che resta sintonizzata sull’auto a benzina e a gas.

Quarto costruttore mondiale di auto. Tutto questo sta ulteriormente convincendo i produttori d’auto della bontà di sviluppare le cosiddette “economie di scala”: ovvero, aumentare la produzione riducendo il costo unitario del prodotto. Ed è qui che si colloca l’operazione annunciata da FCA e PSA: una “fusione alla pari”, con la creazione di una holding olandese. “Le discussioni in corso aprono la strada alla creazione di un nuovo gruppo di dimensioni e risorse globali, detenuto al 50% dagli azionisti di Groupe PSA e al 50% dagli azionisti di FCA”, si legge sul comunicato stampa congiunto diffuso il 31 ottobre. Come tutte le fusioni, anche quella fra FCA e PSA prevede di generare sinergie: 3,7 miliardi di euro “senza chiusure di stabilimenti”, a fronte di un’operazione da 45 miliardi.
“L’aggregazione proposta”, si legge sempre sul comunicato stampa, “creerebbe il quarto costruttore automobilistico al mondo in termini di unità vendute (8,7 milioni di veicoli), con ricavi congiunti di quasi 170 miliardi di euro e un utile operativo corrente di oltre 11 miliardi di euro”. Questo anche in virtù della complementarietà tra i due gruppi: Fiat è molto forte negli Stati Uniti, dove Peugeot non ha avamposti, mentre in Europa è Peugeot ad avere la meglio.

Fiat Peugeout

Uno dei vantaggi della fusione tra Fiat Chrysler e PSA lo mette a fuoco l’agenzia di rating Fitch, secondo la quale l’operazione potrà creare nel medio termine sinergie che avrebbero una potenziale ricaduta positiva sul merito di credito di entrambe le case automobilistiche. Attualmente è lo stesso per entrambe: BBB- con outlook stabile. Moody’s, da parte sua, ha già migliorato l’outlook sul rating di FCA a positivo da stabile.

Dietro le quinte: gli azionisti che pesano. Dicevamo: una fusione 50 e 50. Salvo che Peugeot si farà carico di un premio del 30% per avere il controllo del consiglio, con sei componenti su 11, incluso il capo esecutivo dell’azienda. Che sarà Carlos Tavares, attuale chief executive officer del gruppo francese. Alla presidenza andrà il numero uno di FCA John Elkann. Della nuova società olandese, che sarà quotata a Parigi, Milano e New York, Exor (società d’investimento della famiglia Agnelli) controllerà il 14,2%, mentre la famiglia Peugeot, lo Stato francese e la cinese Dongfeng Motor – ovvero i tre attuali grandi azionisti di PSA – avranno ognuno il 5,9%. E proprio la presenza del produttore automobilistico cinese Dongfeng ha fatto accendere la spia sul cruscotto degli analisti, che si domandano come potrà reagire la Casa Bianca. Per ora le notizie da quel côté sono positive: il segretario al Commercio Wilbur Ross ha detto che i rialzi tariffari sull’import di auto da Europa e Asia, previsti per metà novembre, potrebbero non servire più, alla luce delle “conversazioni molto positive” con gli interlocutori europei, coreani e giapponesi. Sarebbe una notizia tutt’altro che brutta per i produttori nostrani. Incluso il nascente gruppo Fiat-Peugeot.

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