Lavoro: problemi col capo? Le strategie per reagire

Mantenere un atteggiamento inattaccabile, usare l'empatia, creare una rete di colleghi solidali: i nostri suggerimenti strategici per contrastare il bad management in azienda

Può capitare a tutti nel corso della carriera di incappare in un capo problematico o in una gestione manageriale in cui non ci ritroviamo. Lavorare senza una direzione chiara o con persone che non hanno le qualità del leader aumenta nei team lo stress e la depressione, accentuando di conseguenza il turnover del personale, con la dispersione del  capitale umano. Una ricerca di Approved Index nel 2015 ha appurato che il 42% delle persone che lasciano una posizione lo fa per problemi con i propri manager, mentre un’altra indagine firmata Gallup  effettuata su un milione di lavoratori americani dice che team gestiti in modo sbagliato producono fino il 44% in meno, perché i lavoratori perdono entusiasmo e voglia di fare. Vi sentite vittime di bad management? Ecco degli spunti concreti per reagire.

Capire le motivazioni per essere più consapevoli. Il primo passo per agire è acquisire consapevolezza, studiando la situazione e i margini di azione e reazione che vi riserva. Il vostro capo ha dei comportamenti che vi disturbano? Condetegli il beneficio del dubbio e cercate di capire le sue ragioni. E’ questione di personalità, o da una comunicazione che non sta funzionando? O ancora da una cultura aziendale che nel corso degli anni ha coltivato e incoraggiato uno stile di leadership aggressivo? Provate a guardare il posto di lavoro attraverso i suoi occhi. Cosa gli sta a cuore, cosa gli interessa? Cosa fa scattare le reazioni che a voi sembrano “tossiche”?

Il metodo manage up. L’empatia può essere utile per neutralizzare un capo narcisista. Il segreto è attivare una tecnica di gestione dal basso della situazione, per smussare gli angoli e disinnescare le crisi prima che avvengano. Anticipate gli eventi e le criticità: il vostro capo è una persona difficile? Provate a pensarlo come se fosse un cliente molto tosto invece che il vostro manager. Cosa fareste in quel caso? Nel breve termine, può essere utile un’alleanza implicita col nemico, in attesa di programmare le mosse successive. Se è disorganizzato, organizzate il lavoro anche per lui; se è sempre in ritardo, arrivate in anticipo alle riunioni alle quali deve partecipare; se tende a dimenticare le cose, scrivete per lui degli appunti che lo aiutino a ricordare quanto concordato. Questo metodo spingerà l’interlocutore ad abbassare le difese e, quindi, il livello del conflitto.

Meno naturalezza, più procedure. Proteggetevi dagli angoli ciechi: per gestire la situazione, dovete essere inattaccabili. Se la situazione degenera, iniziate a documentare e tenere traccia di tutto: email, comunicazioni, istruzioni, risultati. Tutto quello che succede deve essere documentato e provabile. Il feedback fluido, costante e naturale che c’è in un rapporto sano con un superiore, deve essere trasformato in una struttura più rigida di richieste precise e puntuali. Meno naturalezza, più schemi. Quando la relazione smette di funzionare bisogna affidarsi alle procedure e alle regole presenti in azienda, senza concedervi (e concedere) margini di interpretazione. Nella comunicazione con un capo con cui non vi trovate bene non c’è più spazio per i sottintesi. Sottrarre spazio alla comunicazione informale servirà anche a stabilire limiti e confini precisi e togliere margine di abuso nei vostri confronti. Avete delle richieste? Cercate di farle sempre in forma scritta. Gli inevitabili colloqui di aggiornamento vanno programmati e soprattutto preparati.

Mantenete la visione a lungo termine. Controllate le vostre emozioni. In un contesto di malessere, la tentazione è lasciarsi andare e lavorare al di sotto delle proprie possibilità professionali. Sarebbe una reazione naturale, ma, al contrario, dovete sforzarvi di conservare una visione strategica e di lungo termine sulle cose. La scelta più giusta è continuare con impegno, anche se avete come obiettivo un cambio di lavoro e un’uscita dall’azienda. Essere impeccabili vi concede la possibilità di negoziare da un punto di forza e vi rende più forti nella ricerca di un nuovo lavoro. Se il rapporto con il capo è conflittuale, non vi conviene esporvi, accumulare debolezze e motivi per essere criticati o redarguiti. Il conflitto è il momento in cui alzare lo standard. Non arrivate in ritardo, aumentate l’attenzione e riducete il margine di errore: se questa è una guerra, dovete combattere al massimo delle vostre possibilità.

Lavorate per smorzare la tensione e create una rete di supporto. Se state continuando sul sentiero indicato sopra, siete inattaccabili. Nel caso in cui abbiate a che fare con persone aggressive che alzano la voce o cercano di intimidirvi reagite a testa alta, senza sovraccarichi emotivi, ma tenendo il punto e provando a non trasformare mai il conflitto in una questione personale. Questa è la parte più difficile, perché in una relazione professionale tossica è facile cadere in questa trappola. Attenetevi ai fatti, replicando in modo sobrio e asciutto. Il cattivo management si nutre e si alimenta di paura, se riuscite a disinnescarla siete già a metà del compito. Anche nelle situazioni di maggiore isolamento, ricordate che in un’azienda non siete comunque soli. Quello che accade è sotto gli occhi dei vostri e dei suoi colleghi. Cosa fare quindi? Cercate degli alleati, portate avanti la vostra versione dei fatti e condividetela, perché se succede a voi, probabilmente sta capitando anche a qualcun altro. Create una rete con i vostri colleghi o  rafforzatela. Al tempo stesso, limitate il gossip inutile: raccontate la  situazione solo alle persone che sono in grado di offrire aiuto e supporto. Le chiacchiere inutili possono essere uno sfogo momentaneo, ma aumentano la vostra esposizione ai problemi.

Elaborate un Piano B. Le persone difficilmente cambiano e quindi è poco probabile che il vostro capo cambi opinione su di voi (e voi su di lui) o impari a riconoscere i propri comportamenti negativi. Ci vuole realismo: una rete di colleghi solidali, una posizione professionale inattaccabile, una comprensione analitica della situazione e il managing up vi possono aiutare a reggere l’onda, ma a un certo punto vi servirà un piano B. Se il vostro capo non si sposta, dovrete farlo voi. Provate a usare la rete che avete creato per muovervi all’interno dell’azienda: un altro team o un altro reparto potrebbero essere la soluzione al dilemma. Cercate un mentore (molte grandi società hanno dei programmi ad hoc) e chiedete consiglio, sempre in modo discreto. Il passo definitivo è cercare un altro lavoro: potrebbe essere un’occasione di cambiamento e crescita, non sottovalutatela. A volte un pessimo capo è lì per spingervi a cercare un indirizzo diverso per la vostra carriera.

E voi, avete mai avuto un capo con il quale non andavate d’accordo? Come vi siete mossi? Raccontatecelo nei commenti.

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