Sushi, sashimi e pesce crudo: le regole per evitare rischi e sanzioni

Uramaki e temaki sono entrati a far parte della dieta abituale di oltre 4 italiani su 10. Ma il consumo di pesce crudo può comportare dei rischi: tutto quello che c'è da sapere per tutelarvi e gustare il sushi in tranquillità

Al ristorante o al supermercato, ordinato con un servizio di delivery o in un sushi bar, il sushi è ormai entrato a far parte delle abitudini alimentari degli italiani. Secondo un recente Rapporto Coop sui consumi a tavola e sugli stili di vita, il 42% degli italiani acquista abitualmente sushi nei corner dedicati nei supermercati. Dietro a uramaki e tartare, però, possono nascondersi rischi spesso sottovalutati. Vediamo i fattori da considerare per evitare di mettere in pericolo la nostra salute.

I rischi del pesce crudo. Il rischio principale è costituito dall’Anisakis, una categoria di parassiti normalmente presenti nello stomaco di diversi prodotti ittici e che possono anche essere trasferiti alla carne. Sono generalmente visibili a occhio nudo, perché le larve si presentano sotto forma di filamenti bianchi, ma posso annidarsi anche in parti dove è difficile notarli. Nel caso in cui venissero ingeriti, il rischio è che attacchino le mucose gastrointestinali, provocando dolori addominali, dissenteria, nausea e vomito. Nei casi più gravi, questo può provocare anche lacerazioni delle pareti dello stomaco e dell’intestino. L’Anisakis non è però l’unico rischio che potete correre consumando pesce crudo, perché i prodotti non trattati correttamente possono diventare veicolo di Epatite A, Escherichia Coli, sindrome sgombroide e Salmonella.

Quali sono le specie ittiche più soggette a rischi. Nonostante l’allarme che vale un po’ per tutte le specie, il rischio che possiate incappare in una sindrome sgombroide è più probabile mangiando pesce azzurro. In pesci come l’acciuga, le alici o le sardine infatti l’incidenza è maggiore rispetto ad altre specie, in particolare se parliamo di pesce pescato e non di allevamento. Secondo il C.Re.N.A., il Centro di Referenza Nazionale Anisakiasi che opera per la tutela e la promozione della salute della popolazione, in specie più diffuse come nel salmone, nell’orata o nel branzino il rischio di Anisakis sarebbe piuttosto basso. Questo non significa però che possiamo abbassare la guardia.

Come trattare il pesce per evitare rischi. Tutti i ristoranti che trattano pesce crudo devono attenersi a quanto stabilito dalle linee guida del Ministero della Salute: i prodotti devono quindi essere abbattuti a una temperatura non superiore a  -20° C per almeno 24 ore, utilizzando abbattitori professionali. In casa, invece, per evitare rischi potete congelare il pesce direttamente in un comune freezer a -18° C per almeno 96 ore e annientare così eventuali larve presenti nella carne. Contrariamente a quanto potete pensare, la marinatura non abbatte questi parassiti. L’unico modo per sconfiggerli è consumare pesce cotto o, nel caso di pesce crudo, previo abbattimento.

Il decreto del Ministero della Salute e le sanzioni per i ristoratori. Esiste una circolare con le linee guida sul trattamento del pesce crudo che risale al 1992. Nel 2013, proprio in risposta alla crescente domanda di pesce crudo, il Ministero della Salute ha emanato un decreto che obbliga i ristoratori che propongono pesce crudo a esporre in maniera visibile l’apposito cartello con le informazioni sul corretto trattamento di questi prodotti e sulle corrette condizioni di impiego. Oltre alla sospensione dell’attività, i ristoratori che non rispettano le norme previste dalla certificazione Hccp in fatto di trattamento di pesce crudo, rischiano anche sanzioni amministrative di diverse migliaia di euro.

Consumate pesce crudo? Ogni quanto? Raccontateci le vostre abitudini nei commenti.

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