USA-Cina, fine alla guerra dei dazi?

Il 15 gennaio, dopo 18 mesi di tensioni, Stati Uniti e Cina hanno firmato l’attesa Fase 1 dell’accordo commerciale. Fine delle ostilità o tregua armata?

Fine delle ostilità o tregua armata? In realtà, il risultato raggiunto – questa almeno è la sensazione degli economisti che hanno analizzato la situazione – è più che altro una “tregua armata”, uno stop all’escalation delle tariffe, ma di certo non la risoluzione delle tensioni tra le due potenze. Tant’è vero che la reazione dei mercati dopo l’annuncio è stata piuttosto tiepida, con le Borse statunitensi in moderato rialzo, quelle asiatiche sulla parità e i listini europei in rosso all’indomani dell’accordo. Ma procediamo con ordine: innanzitutto, che cosa prevede l’accordo di Fase 1 tra Stati Uniti e Cina, siglato mercoledì 15 gennaio a Washington?

I punti dell’accordo. Firmata a Washington dal presidente americano Donald Trump e dal vice premier cinese Liu He (assente il presidente cinese Xi Jinping), l’intesa si articola in diversi punti:
• proprietà intellettuale
• acquisti cinesi di beni statunitensi
• trasferimento forzoso delle tecnologie
• rafforzamento valutario
• apertura del mercato dei servizi finanziari

Il secondo punto – che riguarda le importazioni – è quello guardato con maggiore attenzione dai mercati, che lo considerano il fulcro della questione. In base all’intesa raggiunta, tra il 2020 e il 2021 la Cina dovrà importare almeno 200 miliardi di dollari extra di merci dagli Stati Uniti, così ripartiti: 80 miliardi di prodotti manifatturieri made in USA, 50 miliardi di forniture energetiche, 32 miliardi di prodotti agroalimentari e 40 miliardi di spesa legata ai servizi.
Gli Stati Uniti, da parte loro, si sono impegnati a revocare i nuovi dazi al 15% che sarebbero dovuti scattare il 15 dicembre 2019 (ed erano stati congelati proprio in vista della firma) su quasi 160 miliardi di dollari di prodotti made in China. Rimangono in vigore i dazi al 25% su 250 miliardi di dollari di importazioni dalla Cina, mentre saranno ridotte al 7,5% le tariffe su alcune categorie di prodotti, per un totale stimato in 120 miliardi di dollari di made in China. Non solo. Gli Stati Uniti si riservano la possibilità di introdurre nuovi dazi unilateralmente se la Cina non terrà fede ai suoi impegni entro 90 giorni.

Ma qualcosa non convince. Alcuni osservatori notano però come molti degli impegni assunti dalla Cina – regolare la svalutazione monetaria e non incentivare la copia dei brevetti delle compagnie USA, per esempio – siano solo promesse generiche senza alcuna previsione di sanzioni nel caso in cui Pechino dovesse infrangerle. Inoltre, sono rimasti fuori dall’intesa alcuni punti fondamentali, primo tra tutti l’impegno a cessare la pratica scorretta delle sovvenzioni statali del governo cinese verso le sue aziende. In altre parole: Pechino opera nel libero mercato ma non rispetta le regole del gioco.

Cosa significa l’accordo per l’Europa? Il Vecchio Continente sarà interessato indirettamente dalle conseguenze dell’accordo: gli scambi commerciali dell’UE con Cina e Stati Uniti rappresentano un terzo dei volumi complessivi del commercio europeo (17,2% con Washington e 15,4% con Pechino, scrive l’ISPI). La guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti aveva spinto i due Paesi a sostituire le importazioni reciproche con quelle provenienti da Paesi terzi, tra cui appunto l’Unione Europea. Ora la situazione potrebbe normalizzarsi, con un calo delle importazioni dall’UE. D’altra parte il Vecchio Continente potrebbe beneficiare delle riforme strutturali promesse dalla Cina: la fine dei trasferimenti forzosi di tecnologia, una maggiore protezione della proprietà intellettuale e un aumento dell’accesso al mercato cinese dei servizi finanziari. Infine, l’allentamento delle tensioni commerciali globali si potrebbe tradurre, nel medio periodo, in una maggiore crescita degli scambi internazionali e quindi, in una più consistente crescita economica.

Aspettando la Fase 2. A conti fatti, l’accordo sancisce sicuramente una tregua, il che è positivo per i mercati, per l’economia globale e – senza dubbio – per il presidente americano, in piena corsa per un nuovo mandato alla Casa Bianca. Ma le incognite sono ancora troppe per parlare di una vera fine delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina.

Non resta dunque che attendere le negoziazioni della Fase 2 dell’accordo, sempre che tali negoziazioni riescano a partire veramente prima delle prossime elezioni presidenziali USA, in agenda a novembre.

Per poter visualizzare i commenti devi accettare i cookie facoltativi, clicca qui per cambiare le tue impostazioni sui cookie.