5 domande da porsi prima di cambiare lavoro

Dai guadagni alla voglia di affrontare nuove sfide, gli aspetti da tenere in considerazione prima di decidere se lanciarsi in una nuova avventura professionale

Secondo uno studio condotto da Executive Hunters, società del gruppo Technical Hunters, ogni anno 1,5 milioni di italiani cambiano volontariamente lavoro. In un mercato di lavoro che mostra qualche segno di dinamismo rispetto al passato – a marzo 2018, dice l’Istat, il tasso di disoccupazione (rapporto tra il numero di disoccupati e la forza lavoro) ha raggiunto quota 11% – cambiare lavoro può essere un’impresa meno complicata di qualche anno fa. Prima di fare questo passo, però, è meglio porsi alcune domande per capire se è davvero il momento giusto per farlo.

  1. Posso guadagnare di più? Secondo la ricerca di Executive Hunters, lo spostamento da un’azienda all’altra può generare, in media, un rialzo nelle retribuzioni del 10%, con picchi del 20%. Prima di decidere di andarsene, però, conviene riflettere sulla propria posizione lavorativa attuale e capire se ci sono i margini per chiedere un eventuale aumento di stipendio. In caso contrario, è giusto guardarsi intorno e proporsi per nuove attività lavorative. Il fattore economico, però, non dovrebbe essere l’unica motivazione al cambiamento: la rincorsa di condizioni più invitanti può gonfiare le aspettative e creare una specie di frustrazione sistematica su “quello che si meriterebbe” e tarda a presentarsi in busta paga.
  2. Mi conviene migliorare la mia formazione? Prendersi una pausa dal lavoro può servire anche per migliorare la propria formazione, per esempio frequentando un master. Questa scelta si rivela vincente anche dal punto di vista economico: Mercer, società che si occupa della rilevazione delle retribuzioni nel mondo, calcola che un giovane italiano con la laurea triennale al primo impiego guadagna circa 24.930 euro lordi all’anno. Questa cifra sale a 26.046 euro con una laurea specialistica (3+2 anni), a cui si aggiungono ulteriori 664 euro se, dopo la laurea tradizionale, si è conseguito anche un master.
  3. Mi sento realizzato? Arrivati a un certo punto della propria carriera ci si può rendere conto di voler fare altro e di volersi allontanare da una situazione poco gratificante. Le mansioni svolte, il collocamento gerarchico, l’anzianità lavorativa e il livello di responsabilità, infatti, sono dimensioni che influenzano la percezione di sé e l’autostima. Se ci si accorge di vivere una situazione poco gratificante, può essere arrivato il momento giusto per cercare un nuovo lavoro, indipendentemente dal contesto retributivo.
  4. Può farmi bene un periodo all’estero? Un periodo più o meno lungo all’estero non può che arricchire il curriculum, migliorando nel tempo anche la propria posizione economica. Secondo l’ultimo Rapporto Italiani nel mondo 2017 della Fondazione Migrantes, negli ultimi 10 anni la mobilità italiana è aumentata del 60,1%, passando da poco più di 3 milioni di persone a quasi 5 milioni.
  5. Voglio affrontare nuove sfide? La ricerca di Executive Hunters sottolinea che il desiderio di nuovi stimoli professionali, soprattutto tra gli under 40, può spingere alla ricerca di occasioni lavorative diverse da quelle già formalizzate. Attenzione però a valutare bene questo aspetto. Se da una parte la spinta al cambiamento rafforza la creatività, dall’altra il continuo passaggio da un’azienda all’altra può disperdere l’energia e dare una cattiva impressione a livello di curriculum. Una sana spinta all’auto-realizzazione, quindi, deve essere perseguita senza eccessi, per non correre il rischio di bruciare la propria credibilità.

 

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