L’incrocio ripetuto fra la strada della ripresa economica e quella della politica condizionerà nei prossimi mesi le decisioni degli operatori economici, poco amanti dell’incertezza
Dalla Brexit una maggiore attenzione alla politica. Contrariamente alle aspettative, lo shock del voto britannico a favore della Brexit ha sinora avuto conseguenze economiche molto limitate, all’interno e all’esterno del Regno Unito. Paradossalmente, l’estate dell’economia è scorsa via relativamente tranquilla, in un contesto di bassa crescita cui è corrisposta una bassa volatilità dei mercati. Dove le conseguenze del voto britannico sono state più marcate, invece, è sul fronte politico. Lo shock della Brexit ha spostato l’attenzione sui rischi di un contagio politico che possa in qualche modo accentuare le spinte anti-sistema anche in altri paesi. Ad offrire una sponda a tali timori interviene un calendario politico molto fitto, che offrirà con le elezioni presidenziali americane di novembre una prima opportunità di verifica e che avrà nel referendum costituzionale italiano di dicembre un secondo appuntamento importante.
Economia in lenta ripresa. L’economia europea ha continuato a crescere a ritmi bassi e quella italiana ha visto la propria ripresa rallentare in corso d’anno, sino a registrare nel secondo trimestre una crescita trimestrale nulla, con un contributo decrescente della domanda interna. Nonostante un aumento dell’occupazione superiore alle attese e l’assenza di inflazione avessero sostenuto il reddito disponibile, nel secondo trimestre i consumatori italiani hanno adottato un atteggiamento più prudente, risparmiando una quota crescente del proprio reddito. L’incertezza del quadro interno e di quello esterno hanno pesato anche sugli investimenti delle imprese, in particolare su quelli in impianti e macchinari. Il canale estero, invece, ha fornito un contributo positivo alla crescita, riflesso di una buona performance delle esportazioni e di una contrazione delle importazioni. Tenendo conto delle indicazioni provenienti dalle più recenti indagini sulla fiducia di consumatori e imprese, le prospettive di breve termine per l’economia italiana non dovrebbero discostarsi significativamente da quanto visto nel secondo trimestre, ma con un ritorno in territorio positivo del tasso di crescita trimestrale. L’incertezza politica legata all’esito del referendum costituzionale di dicembre potrebbe però agire ancora da freno alla crescita della domanda interna.
Senza una spinta fiscale forte, sarà ancora necessaria l’azione espansiva della BCE. Il problema della bassa crescita dell’area euro e della bassa inflazione che l’ha accompagnata ha sinora visto la Banca Centrale Europea (BCE) svolgere, sola, una prolungata azione di contrasto. Le politiche fiscali, pur se non più restrittive da circa un anno a livello di Euro area, sono comunque costrette nei confini del patto di stabilità e crescita, con pochi margini di flessibilità temporanea. L’approssimarsi del 2017, anno denso di appuntamenti elettorali (in Olanda, Francia e, soprattutto, in Germania), non facilita certamente le cose, e rende al momento politicamente irrealizzabile un netto cambio di direzione della politica fiscale europea. La politica monetaria accomodante della BCE sembra quindi destinata a svolgere un ruolo centrale di sostegno alla crescita anche nel prossimo anno, e il programma di acquisto di titoli (la cosiddetta espansione quantitativa o QE dall’acronimo inglese che spesso vediamo citato nella stampa), la cui scadenza è fissata per marzo 2017 potrebbe essere prolungato di alcuni mesi. Poco probabile, a nostro avviso, un ulteriore ritocco al ribasso dei tassi di interesse, che resteranno comunque ancorati ai bassi livelli attuali. Obiettivo esplicito è riportare in modo sostenibile l’inflazione dell’eurozona verso l’obiettivo di medio termine del 2%, stimolando la crescita economica.
Tassi ancora bassi per famiglie e imprese. Famiglie e imprese dovrebbero quindi ancora beneficiare di condizioni particolarmente favorevoli per l’accensione di debiti. La disponibilità delle banche a erogarli dipenderà da una combinazione di fattori, fra cui spiccano gli eventuali progressi nella cessione di pacchetti di crediti in sofferenza e i risultati dello SREP, il processo di supervisione e valutazione sull’adeguatezza del capitale ai rischi che potrebbe rendere necessari, all’inizio del prossimo anno, nuove operazioni di ricapitalizzazione. In Italia il ciclo del credito è ancora disomogeneo: se lo stock di prestiti alle famiglie ha ricominciato a crescere già dall’inizio del 2015, quello dei prestiti alle imprese si sta ancora contraendo, sia pure a tassi decrescenti.
Il rischio referendum. Nei prossimi due mesi l’economia italiana dovrà fare i conti con una fonte addizionale di incertezza, l’esito del referendum costituzionale del 4 dicembre. Esposti a una campagna nella quale i temi politici si intrecciano con quelli più propriamente legati alla domanda referendaria, gli operatori economici potrebbero assumere un atteggiamento prudente, prendendo tempo in attesa di conoscere i risultati del voto. Ciò che spaventa i mercati è l’incertezza legata al quadro politico domestico che potrebbe emergere dopo il voto in caso di un’eventuale vittoria del NO, che avrebbe come possibile corollario un rallentamento del processo di riforme. Ancora per un po’, navigazione a vista.
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