Benessere e qualità della vita sono alla base dei nuovi modelli di lavoro ibrido. Corporate Nomad e South Working aprono la strada alla rinascita dei borghi
“Il mondo del lavoro è davvero cambiato per sempre?” Con questa domanda si chiudeva una raccolta di articoli apparsi sul New York Times a fine 2021. Con il procedere del 2022, tutto lascia pensare che la risposta sia sì: i nuovi modelli di lavoro sono realtà e sono qui per restare.
Con oltre di due anni di pandemia alle spalle, lo smart working continua ad affermarsi. In più, molte aziende stanno adottando in via definitiva un modello di lavoro ibrido, che combina giorni di lavoro da remoto con giorni in ufficio. E stiamo solo grattando la superficie. Se guardiamo al fenomeno con più attenzione, ci accorgiamo di cambiamenti più profondi, che non riguardano solo l’organizzazione del lavoro, ma il significato che le persone gli danno.
Dalla Great Resignation alla Re-Evaluation
Siamo sempre più in cerca di un’“autentica soddisfazione” in ciò che facciamo (true fulfilment, per citare il New York Times). Ma dato che spesso le aziende non riescono a offrirla, si innesca il documentato fenomeno della Great Resignation, l’ondata di dimissioni che riguarda ormai tutto il mondo. Secondo HR Study 2022 di Personio, quasi la metà dei dipendenti delle PMI europee starebbe pensando di lasciare il lavoro entro il prossimo anno.
Le motivazioni non riguardano solo le retribuzioni. Desideriamo sempre più un lavoro a misura d’uomo, non solo prospettive di carriera che rischierebbero di rendere la vita ancora più frenetica. Ecco allora che assistiamo alla nascita di un nuovo fenomeno noto come Great Re-Evaluation. Una forma di ribilanciamento della propria vita, in cui il benessere e la cura dei propri cari giocano un ruolo fondamentale. E le organizzazioni iniziano a offrire programmi che permettono alle persone di lavorare, anche per mesi, nel luogo che preferiscono, o di dedicare una parte dell’anno ai viaggi.
Dai nomadi digitali ai Corporate Nomad
Cos’è cambiato rispetto al passato? Fino a poco tempo fa, diventare nomadi digitali significava abbandonare un lavoro stabile per scegliere la libertà di cambiare città ogniqualvolta si volesse. Essere nomade digitale è una scelta avventurosa, come ti abbiamo raccontato in questo articolo. Certo, c’è una comunità crescente di persone in grado di aiutarti e in Italia è nata un’associazione per promuovere questo approccio. Ma si tratta pur sempre di una scelta radicale, non alla portata di tutti, e che riguarda più che altro professioni del terziario avanzato. Oggi, invece, sempre più spesso, si può lavorare per un’azienda e, allo stesso tempo, essere nomadi digitali. Questo nuovo ibrido si chiama Corporate Nomad, come l’ha definito l’Harvard Business Review. Non è pura teoria, perché ci sono sperimentazioni molto interessanti che seguono questo modello.
Il caso Venywhere
Un caso su tutti è rappresentato da Venywhere, uno dei progetti più ambiziosi e completi. Promosso da Cisco – multinazionale californiana – l’Università Ca’ Foscari e Iuav, ha l’obiettivo di attrarre lavoratori da tutto il mondo e di integrarli con una comunità locale. Nello specifico, si tratta della comunità veneziana, che si sta svuotando proprio a causa dell’accentramento del lavoro verso le grandi città. Venywhere è appunto l’unione di Venice ed everywhere. Il progetto consente di stabilirsi nella Laguna per qualche mese, insieme al proprio team e ai propri cari. Insomma, una parte del futuro del mondo del lavoro passa dal rinnovamento dei legami con le organizzazioni e arriva al ripopolamento di luoghi ricchi di storia. L’Italia, con i suoi borghi e 8 mila comuni, è in una posizione privilegiata per cavalcare quest’innovazione.
Ritorno ai piccoli centri e borghi storici
Come ti abbiamo raccontato, le imprese stanno iniziando a sfruttare il vero potenziale dello smart working. In particolare, cercano di abilitare le persone a lavorare ovunque preferiscano, pensando anche al benessere famigliare. Tutto ciò può trasformarsi in un vero e proprio fenomeno culturale, ben integrato con le caratteristiche del territorio italiano. Un fenomeno assolutamente realizzabile, perché molte comunità, che garantiscono un’alta qualità della vita, si trovano a meno di due ore dall’aeroporto più vicino. Di conseguenza, i piccoli centri e i borghi storici con investimenti mirati e iniziative adeguate, potrebbero ospitare lavoratori da tutto il mondo. O, semplicemente, supportare lo smart working per far tornare persone che si sono trasferite nei grandi centri proprio per esigenze lavorative.
PNNR Borghi, ridare vita ai borghi storici italiani
Proprio con l’obiettivo di “creare una crescita sostenibile e di qualità e di distribuirla su tutto il territorio nazionale” è nata l’iniziativa PNNR Borghi, con cui il Ministero della Cultura, in collaborazione con le Regioni e l’ANCI, ha stanziato 1 miliardo di euro per il rilancio di 250 borghi in tutta Italia. I borghi prescelti saranno finanziati per progetti di recupero del patrimonio storico artistico, ma anche per individuare una vocazione specifica, anche lavorativa, grazie alle potenzialità della rete e della banda larga. La fase pilota del progetto coinvolge 21 borghi selezionati dalle Regioni e dalle Provincie Autonome e vede lo stanziamento di “420 milioni di euro per il rilancio economico e sociale di borghi disabitati o caratterizzati da un avanzato processo di declino e abbandono. Le risorse saranno utilizzate per l’insediamento di nuove funzioni, infrastrutture e servizi nel campo della cultura, del turismo, del sociale o della ricerca”.
Per lo stesso motivo sono nate associazioni come South Working.
Il movimento South Working
Il movimento South Working nasce con un progetto ben definito: completare l’efficienza del lavoro agile con il benessere e l’equilibrio. L’associazione cerca di promuovere luoghi in cui è presente un’infrastruttura digitale adeguata, ossia strutture nei piccoli comuni dalle quali connettersi e lavorare. Inoltre, incentiva un’idea di mobilità circolare, che permetta trasferimenti medio-lunghi, ma non definitivi. Infine, dà respiro a spazi di aggregazione e di partecipazione, pubblici e privati, per favorire il dialogo tra i nuovi corporate nomad e le comunità locali. Secondo il report Soluzioni e tecnologie per i piccoli comuni e le aree montane, curato dalla Fondazione Symbola in Italia, tra coworking, rural hub e impact hub, ci sono già 24 strutture che rispondono a questi requisiti. Un dato importante, se teniamo conto che, solamente due anni fa, il concetto di South Working non esisteva neppure.
E tu, saresti pronto a trasferirti in un piccolo borgo per riscoprire uno stile di vita e di lavoro più lento e a misura d’uomo? Hai già sfruttato Smart Working e South working o lo farai in futuro?
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