Cosa è già cambiato e quali sono le modifiche che ci aspettano nei prossimi mesi. Le nuove regole da conoscere e i margini di risparmio...
Numeri di fine anno. Leggendo i dati che solitamente vengono pubblicati in questo periodo emergono segnali incoraggianti. Il debito pubblico è sì cresciuto, ma meno di quanto pronosticato, in un anno sono sorte più di 55 mila nuove imprese (Rapporto annuale di Unioncamere) e il tasso di disoccupazione è leggermente sceso (Ottobre 2010: 8,7%; ottobre 2011: 8,5% nelle rilevazioni Istat).
Il minore dei mali. La nuova manovra è per molti un male da sopportare per evitarne di peggiori. Vediamo cosa cambia.
IMU, non ICI. Da un punto di vista formale l’Ici non è stata né reintrodotta né cambiata, ma è stata inglobata all’interno della nuova Imu. Quindi possiamo dire che l’Imu comprende la vecchia Ici cui viene aggiunta una quota Irpef relativa agli immobili residenziali non locati.
Imposta Municipale Unica. Roberto Petrini sulla Repubblica ha scritto: «l’arrivo della Super Imu è il piatto forte [della Manovra], sia per l’impatto popolare che per il gettito». Il governo ha previsto un profitto di 10 miliardi di euro. Gino Pagliuca sul Corriere della Sera l’ha classificata come «nei fatti un’imposta patrimoniale che tiene conto del valore del bene tassato e non del reddito di chi lo detiene».
Come si calcola:
– 4 per mille: l’imposta da pagare sulla prima casa è del 4 per mille, cioè 400 euro ogni centomila di valore.
– Rogito o Modello Unico: per il calcolo si parte, come accade nella larga maggioranza della fiscalità legata al mattone, dal valore di estimo catastale che si ricava dal rogito. In tal caso il valore originario deve essere convertito in euro e aumentato del 5 per cento nel caso degli appartamenti (l’aliquota del 5 per cento discende dalla Finanziaria del 1997). Invece, se iniziamo a calcolare dalla rendita catastale indicata nel Modello Unico, la cifra di partenza è già aumentata del 5 per cento.
– La base imponibile: la cifra così ottenuta deve essere aumentata del suo 60 per cento (va dunque moltiplicata per 160). Nei fatti, è proprio questo il cosiddetto allargamento della base imponibile.
Le detrazioni. Dalla cifra di partenza vanno detratti inizialmente 200 euro e poi ulteriori 50 euro per ogni figlio con meno di 26 anni.
– I figli che vivono a casa: l’unica condizione è che i figli vivano a casa, indipendentemente dalla loro situazione economica (disoccupato o lautamente stipendiato non cambia nulla).
– Fino a quanto posso detrarre? Detrazione massima 400 euro. Qualora la somma delle cifre da detrarre fosse maggiore del tetto massimo indicato a 400 euro il contribuente deve dimenticare la possibilità di chiedere soldi allo Stato.
La scelta dei Comuni. L’aliquota del 4 per mille non è un valore tassativo, ma uno standard consigliato. Le amministrazioni avevano tempo fino al 31 dicembre, ma di fatto hanno sfruttato una proroga ad hoc, per indicare l’aliquota in un range compreso tra il 2 e il 6 per mille.
Cosa cambia per la seconda casa. Sulla seconda casa (e sulle successive alla seconda) l’aliquota diventa del 7,6 per mille, dunque, 760 euro per ogni centomila euro di valore. Anche in questo caso il valore è consigliato, non tassativo. E anche in questo caso i Comuni possono aggiungere un ulteriore 3 per mille. Difficile prevedere che si astengano dal farlo.
Un esempio. Il servizio politiche Territoriali della Uil ha preso come riferimento un’abitazione di proprietà di circa 80 metri quadri accatastata in A/2 e A/3 in zona semiperiferica con cinque vani. La classifica che ne viene fuori mette ai primi posti le grandi città con qualche sorpresa. A pagare di più, in media: Roma (511 euro), Milano (477 euro), Bologna (459 euro), Rimini (331 euro) e Napoli (242 euro).
Le case in affitto. Per i proprietari (sono loro e non gli inquilini a pagare l’Imu) l’aliquota è del 7,6 per mille con le stesse oscillazioni del 3 per mille che valgono per la seconda casa. In questo caso, però, è pronosticabile una riduzione del 3 per mille piuttosto che un aggravio di pari misura in modo tale da non influenzare negativamente né l’offerta di immobili in locazione, né il canone. Nei fatti, un’Imu gravosa per i proprietari spingerebbe ad un aumento del canone a scapito degli inquilini.
Sosta più cara al distributore. Secondo il Codacons chi è partito in auto per le vacanze di Natale ha speso, in media, fino a 13 euro in più al distributore. Dopo l’aumento delle accise deciso nella Manovra, e subito entrato in vigore, i prezzi al distributore di benzina e gasolio sono in aumento. A dicembre: 8,2 centesimi in più per la benzina, 11,2 per il gasolio, 2,6 per il Gpl e 0,0033 euro a metro cubo per il metano. A questi, va aggiunto l’ulteriore aumento (di 0,0005 euro a litro) in vigore dal 1° gennaio. Lo Stato incasserà nel solo 2012 poco meno di 5 miliardi (più altri 9 nei due anni successivi).
Benefici per i trasporti. Il gettito derivato dall’aumento della benzina saranno indirizzati nel settore del trasporto locale: un gettito di 800 milioni in un anno rappresenta senza dubbio una boccata d’ossigeno per una delle infrastrutture più vicine al cittadino.
Le accise sul tabacco. La misura approvata originariamente in commissione Bilancio indicava aumenti sulle sigarette. In un secondo momento la precisazione: aumenteranno i prezzi solo del tabacco trinciato (non dei pacchetti) e verranno così colpiti fumatori di pipa e chi si confeziona da solo le sigarette.
Gli italiani più ricchi dell’Italia. Ettore Livini ha scritto sulla Repubblica: «Le casse dell’Italia sono vuote. Quelle degli italiani, per fortuna, sono ancora piene». Ed è forse questo il lato positivo con cui guardare al 2012. Dai dati della Banca d’Italia emerge un dato rassicurante: ogni nucleo familiare ha circa 365 mila euro di beni, in media 142 mila euro a testa. Comprendendo nel computo anche pensionati e neonati.
Il portafoglio tipo dell’italiano. Al primo posto sempre il mattone, seguito dagli investimenti finanziari. Le preferenze degli italiani però, stanno cambiando: sempre più soldi sui conti correnti e sempre meno investimenti in borsa. Al massimo la scelta ricade su strumenti finanziari a bassissimo rischio.
Cinquanta miliardi di risparmio. L’anno scorso ogni italiano ha messo da parte un centesimo al giorno, per un totale di 50 miliardi.
Le famiglie italiane. Comparando i dati italiani con quelli delle famiglie degli altri Paesi del G7 siamo al primo posto nel rapporto tra beni disponibili e reddito. I beni disponibili delle famiglie italiane sono pari a 8,27 volte il loro reddito annuo, rispetto a un rapporto di 8,01 delle famiglie inglesi, del 7,46 delle francesi e il 4,85 di quelle americane.
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