Sempre più numerosi i tentativi per superare l’indice che misura il Prodotto interno lordo. Perché non tutto ha un prezzo, e la felicità vale molto di più...
Il Pil dice tutto, o forse no. Era il 18 marzo 1968 e Bob Kennedy, tre mesi prima d’essere ucciso, agli studenti dell’università del Kansas diceva: «Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow Jones né i successi del paese sulla base del Prodotto interno lordo. Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali né dell’equità nei rapporti tra di noi (…) Può dirci tutto sull’America, non se possiamo essere orgogliosi di essere americani».
Il Bes, l’indice che misura il benessere. Da quando il senatore in corsa per la candidatura a presidente degli Stati Uniti propose al mondo occidentale una filosofia diversa, basata su valori e parametri più complessi della semplice valutazione della ricchezza, sono passati 45 anni. Da quel momento in poi i tentativi per superare il Pil sono stati molteplici. L’ultimo, in ordine cronologico, è il Bes, l’indice che misura il “benessere economico e sostenibile”, presentato pochi giorni fa alla Camera dei Deputati dal presidente dell’Istat, Enrico Giovannini.
Superare il Pil per cambiare la politica. Risultato della collaborazione inter-istituzionale tra il Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) e l’Istat, il Bes non misura la felicità e non rimpiazza il Pil. Il Bes va oltre, affianca il Prodotto interno lordo, lo completa, lo supera e punta a cambiare l’agenda della politica.
«Non tutto ha un prezzo». Spiega Giovannini: «Il Pil misura la crescita, non il benessere da garantire anche alle generazioni future. Ma non tutto ha un prezzo: il sorriso di chi ci circonda, la solitudine, l’ansia di non avere un lavoro, l’aria che respiriamo, la biodiversità. Cosa che a livello globale gli economisti e gli statistici l’hanno capito da tempo. Il Bes può orientare meglio le scelte della politica, promuovere un modello di sviluppo diverso con al centro la persona e non i prodotti. Se governo e parlamento usassero il Bes oltre al Pil per valutare l’effetto dei provvedimenti, sarebbe una rivoluzione».
12 domini e 134 indicatori. Per misurare la qualità della vita il Bes valuta diversi fattori che incidono sul quotidiano. Nella ricerca l’Istat ha convocato le parti sociali chiedendo loro di individuare gli ambiti del benessere. Il risultato è stato la definizione di 12 domini (salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione, qualità dei servizi). Per ciascuno di essi una commissione di esperti ha costruito degli indicatori, diventati alla fine 134.
La mappa del benessere. Oltre al Cnel, l’Istat ha coinvolto il Wwf, Legambiente, Consiglio Nazionale dei Consumatori, Forum del terzo settore, Consulta femminile ecc. L’ideazione dei domini e degli indicatori ha consentito all’Istat di realizzare una mappa sul benessere (disponibile sul sito www.misuredelbenessere.it). Spiega Leonardo Becchetti, ordinario di Economia politica all’università Roma Tre, uno dei tecnici che ha portato alla nascita dell’indice: «Uno dei dodici domini cui siamo arrivati è l’ambiente. All’interno di questo ambito di benessere gli indicatori che sono stati scelti sono: acqua potabile, qualità delle acque costiere marine, qualità dell’aria urbana, disponibilità di verde urbano, aree con problemi idreogeologici, siti contaminati, aree terresti protette, aree marine protette, arre di particolare interesse naturalistico, preoccupazione per la perdita di biodiversità ecc.».
Un paese a luci e ombre. Dal rapporto, ovviamente, emerge un Paese pieno di luci e di ombre. Per esempio, diminuisce il tasso di mortalità ma aumentano le persone obese o sedentarie, migliorano le condizioni di lavoro ma il tasso d’occupazione è sceso del 2%, sale la quota di raccolta differenziata (in media 35%) ma siamo ancora lontani dagli standard dei migliori paesi europei.
La famiglia, un pilastro fondamentale. La famiglia, dice il rapporto, continua a rappresentare nel nostro Paese una rete di sostegno fondamentale. L’associazionismo e il volontariato sono una ricchezza importante, meno presente al Sud (6%) e più importante al Nord (13,1%).
Soddisfatti del proprio lavoro. Nonostante la difficile congiuntura economica, la percezione che i lavoratori italiani hanno della propria condizione è in complesso positiva (voto medio: 7,3 su 10), soprattutto grazie all’interesse per il lavoro svolto. Diversi sono gli elementi che determinano la soddisfazione per uomini e donne: per i primi il guadagno è l’aspetto che raccoglie più giudizi positivi, le seconde sono più soddisfatte degli aspetti relazionali, dell’orario e della distanza casa-lavoro.
L’uso della rete, che cresce con costanza. Altro dato interessante riguarda l’uso della rete. In Italia l’accesso a Internet è aumentato fino a coinvolgere il 54% della popolazione, ma rimane ancora 16 punti sotto la media europea.
Qualità dell’ambiente, dell’aria e dell’acqua. È molto aumentata la sensibilità collettiva rispetto alla qualità dell’ambiente al punto che, scrive il rapporto, “il benessere delle persone è strettamente collegato allo stato dell’ambiente in cui vivono, alla stabilità e alla consistenza delle risorse naturali disponibili”. Un’estrema attenzione è riservata anche all’aria, all’acqua e al dissesto idrogeologico.
Migliora l’accesso ai servizi. Per quanto riguarda i servizi, la lunghezza delle liste d’attesa resta un ostacolo importante all’accessibilità del Servizio sanitario nazionale. Tuttavia, negli ultimi anni la quota di anziani trattati in Assistenza domiciliare integrata è raddoppiata e molti più bambini sono stati accolti in strutture per la prima infanzia. La quota di famiglie che lamenta irregolarità nella distribuzione dell’acqua è scesa dal 17% del 2004 all’8,9% nel 2012.
Obiettivo “superamento del Pil”. Il progetto per misurare il benessere equo e sostenibile s’inquadra nel dibattito internazionale sul cosiddetto “superamento del Pil”, stimolato dalla convinzione che i parametri sui quali valutare il progresso di una società non debbano essere solo di carattere economico ma anche sociale e ambientale. Molti altri paesi si stanno muovendo. Nel 2015 le Nazioni Unite definiranno nuovi indicatori di sviluppo sostenibile validi per tutti: l’Italia presiederà il gruppo di lavoro che contribuirà a individuarli. Una panoramica sugli indici alternativi al Pil è disponibile a questo link.
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