Per dipendenti e pensionati scatta l'appuntamento con il 730: ecco i documenti da presentare per spendere di meno...
E io pago!
Diversamente dai lavoratori autonomi, che sono tenuti a dettagliare le loro entrate nel cosiddetto Modello Unico (è una sigla, che sta per Modello Unificato Compensativo), lavoratori dipendenti con redditi diversi dallo stipendio e i pensionati possono farlo con l’ormai familiare Modello 730. Chi invece non ha altri redditi oltre quelli derivati dal lavoro dipendente, possiede solo la prima casa o altri fabbricati non affittati e non intende chiedere detrazioni non è tenuto a presentare la dichiarazione.
Sonni tranquilli. I vantaggi sono più d’uno. Prima di tutto, non ci si deve preoccupare di trasmetterlo all’Agenzia delle Entrate, perché a questo pensa già il datore di lavoro o l’ente pensionistico. In più, eventuali rimborsi d’imposta si ricevono direttamente in busta paga (o con la pensione), idem per le somme da versare, che vengono trattenute direttamente alla fonte. In alternativa, il 730 può essere portato ai CAF, i Centri di Assistenza Fiscale dei sindacati o delle Acli oppure da un commercialista, che si occuperanno dell’invio.
Occhio al calendario. Dov’è la differenza? Essenzialmente nella data di consegna: per chi si affida al datore di lavoro o all’ente pensionistico il termine ultimo è il 30 aprile, mentre chi si rivolge al CAF o a un professionista può attendere fino al 31 maggio. Di solito il servizio offerto dai CAF è gratuito se si tratta solo di verificare e inviare i modelli già compilati, mentre è previsto un pagamento se invece bisogna fare tutto da zero. Il modello e le istruzioni per compilarlo sono disponibili a questo indirizzo.
Carta e penna. La compilazione del Modello 730 è forse macchinosa ma non eccessivamente complicata: si tratta di procedere quadro per quadro, inserendo di volta in volta le informazioni richieste, a cominciare da quelle anagrafiche: nome e cognome, codice fiscale, familiari a carico e così via. Prima di mettersi al lavoro, però, bisogna ricordarsi di tenere a portata di mano alcuni documenti, necessari per arrivare fino in fondo.
I documenti necessari. Il primo, da allegare alla dichiarazione, è il Cud (Certificato unico dipendente), cioè la certificazione dei redditi da lavoro subordinato percepiti nell’anno che viene rilasciata dal datore di lavoro. Al Cud vanno affiancate, se ci sono, tutte le altre certificazioni di ritenute, per esempio quelle operate su eventuali redditi da lavoro autonomo occasionale. Infine bisogna procurarsi la dichiarazione dei redditi – 730 o Unico – dell’anno precedente nel caso ci fossero crediti (o debiti) d’imposta.
Case sfitte. Cominciamo subito dalla novità di quest’anno, che riguarda gli immobili. A seguito dell’introduzione dell’Imu, è stata eliminata dal Modello 730 la voce Irpef relativa ai fabbricati non locati oppure concessi in comodato d’uso. In pratica, chi ha solo redditi da lavoro dipendente e possiede una seconda casa per cui non percepisce affitto, in linea di massima può evitare di presentare il modello.
Facciamo i conti. Ma passiamo a quella che probabilmente è la parte più importante della dichiarazione, almeno dal punto di vista del contribuente: oneri deducibili e detrazioni. Non sono la stessa cosa: i primi sono spese che vengono dedotte dal reddito complessivo e quindi non partecipano a determinare l’imponibile, la somma su cui si calcolano le tasse. Tra queste ci sono fondi pensione e assicurazioni sulla vita (fino a 5.164,57 euro), contributi a favore di colf e badanti (fino a1.549,37 euro), assegni di separazione o divorzio, spese sostenute dai disabili. Una volta stabilito l’ammontare delle tasse, entrano in gioco le detrazioni, che vanno scalate dalla cifra da pagare: le categorie di spesa per cui è possibile chiedere il rimborso sono elencate più avanti. Deduzioni e detrazioni, comunque, servono entrambe per ottenere uno “sconto” sulle imposte.
Pezze d’appoggio. La somma di detrazioni e deduzioni può fare la differenza al momento di saldare il conto e quindi è meglio essere certi di non dimenticare niente. Tenendo naturalmente presente che ogni richiesta dev’essere giustificata da una “pezza d’appoggio”, una una fattura o uno scontrino che riporti anche il codice fiscale del contribuente. La documentazione non va allegata alla dichiarazione ma è necessario conservarla in originale per eventuali controlli. Prima di disfarvi di carte e ricevute, quindi, pensateci bene.
Lavori di casa. Tra le spese più “classiche” da portare in detrazione ci sono le ristrutturazioni edilizie: per quelle effettuate dopo il 26 giugno 2012, l’aliquota da detrarre passa dal 36% al 50%, con un limite di spesa di 96 mila euro per unità immobiliare (prima era la metà). Attenzione però: per stabilire in che momento è stato effettuato l’intervento, fa fede la data del bonifico bancario.
Doppio risparmio. Per gli interventi di riqualificazione energetica, dall’installazione di panelli solari agli infissi, agli impianti di climatizzazione, resta la detrazione del 55%, che quest’anno è stata anzi estesa alle spese per interventi di sostituzione di scaldacqua tradizionali con quelli a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria.
Pensa alla salute. Sono da portare in detrazione anche le spese mediche: visite specialistiche, interventi chirurgici, protesi, analisi di laboratorio, ticket, medicinali. Sono detraibili al 19%, ma dopo aver tolto una franchigia di 129,11 euro dall’ammontare complessivo. Ma attenzione: per poter mettere nel conto anche le medicine, occorre conservare il cosiddetto “scontrino parlante” rilasciato dal farmacista, che riporta il nome del farmaco, il numero delle confezioni acquistate e il codice fiscale di chi le ha comprate. Detraibili anche le spese per i disabili (compreso l’acquisto di veicoli appositi), quelle per comprare cani guida e per i servizi di interpretariato dei soggetti riconosciuti sordi.
Rc Auto. Quali sono le altre spese che si possono portare in detrazione/deduzione? Tra quelle a cui applicare l’aliquota del 19% ce ne sono molte: alcune sono risapute, altre potrebbero rivelarsi una sorpresa, almeno per qualcuno. Nell’elenco, per esempio, c’è anche l’assicurazione auto, nella parte versata al Servizio sanitario nazionale (il 10,50%). Da quest’anno, però, soltanto per la parte eccedente i 40 euro: in pratica, si riesce a scalare qualcosa solo se il premio versato per l’Rc Auto ammonta a più di 400 euro.
Affitti, donazioni, interessi. Ma è possibile portare in detrazione anche il canone d’affitto pagato per la prima casa, in misura variabile in base al reddito e al contratto stipulato (che ovviamente dev’essere regolarmente registrato). E poi le donazioni a Onlus, partiti politici, istituzioni religiose, associazioni culturali o sportive; gli interessi sul mutuo per l’acquisto della prima casa (max 4.000 euro all’anno); la quota dell’asilo nido, pubblico o privato (fino a 632 euro a figlio); le spese sostenute per la frequenza a corsi di istruzione secondaria, universitaria o di perfezionamento presso istituti o università italiane o straniere, pubbliche o private.
Sport e animali. E ancora, si scalano le spese veterinarie fino all’importo di 387,34 euro, sempre nella percentuale dell’8% e limitatamente alla somma che eccede i 129,11 euro. Poi quelle sostenute per l’attività sportiva di ragazzi tra i 5 e i 18 anni (palestre, piscine e altre strutture, max 210 euro a ragazzo); le spese funebri sostenute per la morte di familiari, anche non a carico, nel limite di 1.549,37 euro per ciascun decesso.
Otto per mille. Per finire, devolvendo l’8 per mille dell’Irpef a confessioni religiose si può dedurre dal reddito fino a 1.032,91 euro. E da quest’anno si allarga il bacino delle religioni destinatarie di questo contributo: potranno beneficiarne anche la Chiesa apostolica in Italia, la Sacra Arcidiocesi ortodossa d’Italia e l’Esarcato per l’Europa Meridionale.
Per poter visualizzare i commenti devi accettare i cookie facoltativi, clicca qui per cambiare le tue impostazioni sui cookie.