La strada della ripresa economica si sta rivelando più ripida del previsto. Per ritrovare la crescita il governo ha varato una manovra espansiva, ora al vaglio della Commissione Europea
Un’economia che stenta a ripartire…
L’aggiornamento delle stime Istat suI prodotto interno lordo (PIL) in base alle nuove regole di contabilità nazionale, ha in parte modificato il profilo trimestrale originariamente pubblicato. I nuovi numeri ci dicono che l’economia italiana non registra una variazione trimestrale del PIL positiva dal secondo trimestre del 2011. Quel timido +0.1% originariamente riportato nel quarto trimestre del 2013 scompare dalla nuova serie, lasciando come miglior risultato una variazione nulla nel primo trimestre del 2014. Da aprile a giugno le cose hanno ripreso a peggiorare, con il PIL di nuovo giù dello 0,2%, T/T mentre gli indicatori di fiducia, dei consumatori e delle imprese, continuavano a crescere a buon ritmo.
…per un mix di fattori
Cosa è andato storto? Una combinazione di fattori. A partire dal deterioramento del quadro macroeconomico e geopolitico internazionale, che ha certamente pesato sulle esportazioni limitandone il contributo netto alla crescita nel corso del secondo trimestre. La componente di domanda che ha maggiormente determinato la contrazione del PIL nel secondo trimestre sono state però le scorte, che pur erano riportate a livelli già bassi dalle indagini qualitative dell’Istat. Solo lievemente meno intenso il contributo negativo degli investimenti privati. Prospettive incerte sia sul fronte della domanda interna che di quella estera hanno probabilmente indotto le imprese domestiche a rinviare le decisioni di investimento, aspettando tempi migliori. In un contesto in cui il ciclo del credito alle imprese stentava a ripartire, non ha certamente aiutato il ritardo nei pagamenti dei debiti pregressi della pubblica amministrazione ai fornitori privati. Dopo una buona partenza alla fine del 2013, nel corso del primo semestre del 2014 i pagamenti aggiuntivi si sono quasi fermati, per poi riprendere solo recentemente.
I consumi seguono l’occupazione
Come nelle attese, un contributo marginalmente positivo alla crescita è giunto invece dai consumi delle famiglie. La stabilizzazione del quadro occupazionale e l’azzeramento dell’inflazione hanno contribuito a sostenere il reddito reale disponibile, fornendo una base macro ad un possibile “effetto Renzi” sul fronte della fiducia. Ci aspettavamo poco dal pagamento del bonus fiscale di 80 euro (partito a fine maggio) e, per il momento, la prudenza sembra avere effettivamente prevalso.
Un quadro ancora contrastato
Il quadro prospettico, quindi, è ancora contrastato. Gli indicatori di fiducia di imprese e famiglie, che nei mesi primaverili promettevano bene, sono tornati a scendere a partire da luglio. Gli ultimi dati Istat disponibili sugli ordini, sempre relativi a luglio, hanno anch’essi segnalato un indebolimento, sia nella componente domestica sia, in misura maggiore, in quella estera. Coerentemente, gli indicatori anticipatori dell’occupazione puntano più ad una sua stabilizzazione che ad un recupero, almeno nel breve termine. Le imprese, per il momento, conservano un atteggiamento prudente, e neppure le nuove operazioni di immissione di liquidità da parte della BCE (le cosiddette TLTRO) sembrano in grado di fare miracoli sul fronte degli investimenti.
Tono espansivo per la prima legge di stabilità dell’era Renzi
Non sorprende, quindi, che il governo Renzi stia cercando di esplorare nuove strade per resuscitare la fiducia e riportare al più presto l’economia su un sentiero di crescita, stimolando la domanda interna e cercando di accelerare il processo di creazione di occupazione. Per affrontare l’emergenza crescita, Renzi è stato disposto a entrare in (leggera) collisione con le autorità europee, confezionando una legge di bilancio che prevede un rallentamento temporaneo nel processo di aggiustamento dei conti pubblici, pur nel rispetto del vincolo del 3% del rapporto deficit/PIL. La manovra ha quindi un tono deliberatamente espansivo, con il taglio delle tasse (conferma degli 80 euro, eliminazione della componente costo del lavoro dall’Irap, sgravi contributivi per le nuove assunzioni a tempo indeterminato) finanziato in gran parte con 15 miliardi di tagli di spesa ma anche, e in modo esplicito, con una minor riduzione del deficit per 11,5 miliardi.
…in attesa della valutazione della Commissione Europea
Il testo della manovra è ora soggetto al vaglio della Commissione Europea. Il governo, richiamandosi alle circostanze eccezionali (recessione, rischio deflazione) previste dalle regole europee, e contando sul riconoscimento dell’avvio di una stagione di riforme strutturali, rivendica il diritto di recuperare, almeno per il prossimo anno, un po’ di spazio di manovra fiscale. Difficile pensare che la Commissione accetti la proposta senza fiatare. Più probabile, invece, una soluzione di compromesso, con l’imposizione da parte di Bruxelles di un marginale aggiustamento addizionale, che non comprometta la reputazione della Commissione, ma che non spenga neppure l’impulso espansivo della manovra di bilancio. Tutto questo a condizione che il governo italiano garantisca un impegno sempre più forte sul fronte dell’implementazione delle riforme.
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