Rivoluzione agile: benefici e potenzialità dello smart work

Organizzare la propria professione decidendo da sé tempi e spazi: anche in Italia si fa strada lo smart working. E i risultati sono maggiore produttività, risparmio di tempo e, per le aziende, costi inferiori

Un modo nuovo di intendere il lavoro. Un nuovo modo di concepire il lavoro, basato sulla flessibilità di orari e sedi e sul raggiungimento di obiettivi. Si chiama “smart working” e il futuro dell’organizzazione di molti mestieri passa necessariamente da qui. Protagonista di questa rivoluzione è lo “smart worker”, figura professionale caratterizzata da grande autonomia rispetto alla scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti di lavoro. Tutto ciò, spiega una recente ricerca del Politecnico di Milano, si traduce in maggior produttività, minor costo del lavoro, risparmio di tempo e riduzione della produzione di anidride carbonica.

Maggiore responsabilità per dipendenti e capi. Ma che cosa comporta, in pratica, questo nuovo modo di intendere il lavoro? Lo smart working rompe i tradizionali schemi spazio-tempo del lavoro. Si basa sulla possibilità, entro certi limiti, di concordare con il proprio responsabile giornate di lavoro fuori ufficio, scegliendo da sé come e dove organizzare l’attività lavorativa. Questo approccio, ovviamente, riguarda soprattutto le attività programmabili per obiettivi, necessita di supporti tecnologici adeguati (reti veloci, webcam, strumenti di condivisione dei documenti ecc.) ma anche di grande senso di responsabilità: i dipendenti devono organizzare opportunamente il proprio tempo e raggiungere gli obiettivi stabiliti e i capi sono chiamati a valutare i sottoposti in base ai risultati, senza aver timore di perdere il controllo sulle risorse.

Si tagliano i costi inutili. La marcia in più dello smart working, se si esclude l’enorme vantaggio del poter organizzare da sé il proprio tempo, è il risparmio. Una ricerca della School of Managament del Politecnico di Milano ha evidenziato come il salto al telelavoro eviterebbe 37 miliardi di euro l’anno di spese improduttive e provocherebbe emissioni di anidride carbonica ridotte di 1,5 milioni di tonnellate. Regus, fornitore di spazi per il lavoro flessibile, ha esaminato il grado di diffusione dello smart-working con interviste a 26mila dirigenti d’azienda di 90 paesi diversi. Quasi la metà (il 46%) dei manager ha dichiarato di “lavorare già in maniera flessibile” per il 50% della sua settimana. Le società italiane che hanno adottato schemi più elastici nell’organizzazione della giornata lavorativa registrano un’impennata della produttività del 76%.

Il rovescio della medaglia. Sul fronte dei “contro”, invece, entrano in gioco organizzazione e stress. Una ricerca dell’Università Cattolica su vantaggi e svantaggi della vita professionale fuori dall’ufficio ha evidenziato che, per le aziende, l’inesistenza di uno spazio fisico limita le procedure di controllo e un feedback a flusso continuo su qualità e quantità di lavoro. Per gli assunti, invece, lo smart working si associa in automatico a precarietà, con dubbi su crescita professionale, obiettivi da raggiungere e criteri di remunerazione.

La call for ideas al femminile per spiegare lo smart working. Perché l’Italia ha bisogno di più smart working? Per trovare una risposta a questa domanda Cisco Italia, leader mondiale del networking, e l’associazione “Piano C” hanno organizzato una “call for ideas”, progetto che darà la possibilità a tre donne – selezionate da un comitato di esperti – di partecipare a un percorso di tre mesi per rimettersi in gioco. Per partecipare alla “call” basta inviare entro il 28 maggio a dillo@pianoc.it  oppure compilando il form su www.pianoc.it/10idee , insieme al curriculum vitae, una breve scheda con un’idea originale su come lo smart working potrebbe concretamente migliorare la propria vita. L’idea può riguardare la tecnologia, la cultura, la filosofia, i modelli economici. La “call” è rivolta alle laureate in cerca del primo lavoro (percorso “Bridge to Work”) e alle donne di tutte le età che mancano dal mondo del lavoro da un po’ di tempo e vorrebbero rientrarvi con vigore e nuove competenze (percorso “Back to Work”). I percorsi durano tre mesi e si tengono presso Piano C, prevedendo momenti di formazione, coaching di gruppo e tutoring.

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