Nel faccia a faccia con il selezionatore possono sempre capitare quesiti complicati: come rispondere a tutto in modo brillante
I colloqui di lavoro richiedono preparazione, controllo dell’emotività e anche una certa capacità di improvvisazione. Se è arrivato il momento di cominciare la prima esperienza lavorativa o di cambiare lavoro, è importante informarsi sull’azienda a cui ci si propone, connettersi alle pagine social del proprio referente per essere aggiornati, perfezionare il curriculum e sistemare il profilo LinkedIn. Quando arriva il momento dell’incontro, bisogna essere pronti a rispondere alle domande che non mancano mai e a quelle più complicate: ecco come affrontarle.
1. Perché volete cambiare lavoro (o l’avete cambiato)? Qualunque sia la motivazione (qui vi abbiamo spiegato come capire se è arrivato il momento di cambiare), durante il colloquio è bene dare una spiegazione ragionevole, veritiera e positiva. Non dite che volete lasciare il vostro attuale posto di lavoro perché vi trovate male, piuttosto parlate del vostro desiderio di affrontare sfide professionali più stimolanti, collegando la scelta di cambiare con la realizzazione dei propri obiettivi professionali. Alla base della decisione ci può essere anche il solo desiderio di guadagnare di più: è pur sempre una motivazione, ma è meglio non condividerla con il proprio interlocutore. Piuttosto, puntare su etica del lavoro, obiettivi professionali e di crescita.
2. Quali sono i vostri difetti? Questa domanda punta a scoprire eventuali criticità caratteriali che possono, per esempio, influenzare negativamente la capacità di lavorare in gruppo. Il trucco è trasformare eventuali difetti in punti di forza. Per esempio, raccontare al proprio esaminatore che si tende a essere molto precisi fino a sfiorare la pedanteria quando si lavora a un progetto importante: in questo modo si metterà in evidenza il proprio alto livello di responsabilità e determinazione rispetto al lavoro.
3. Quali sono i vostri pregi? Questa domanda è l’occasione per raccontare punti di forza e risultati. Nel farlo non bisogna vantarsi e, contemporaneamente, nemmeno essere troppo timidi per non sminuire le proprie qualità. La mossa vincente è illustrare i propri punti di forza collegandoli a risultati professionali ottenuti. Per esempio, se grazie alla propria capacità di mediazione siete riusciti a convincere un cliente, ditelo al selezionatore. Meglio ancora se il risultato ottenuto è verificabile, per esempio se la vostra collaborazione con un particolare cliente viene specificata nel vostro profilo LinkedIn o se il vostro nome figura tra i partner del cliente sul sito aziendale o su documenti accessibili su internet. In generale, rispondere con fiducia e onestà: gli esaminatori sanno capire già durante il colloquio se si possiedono veramente le competenze che ci si sta attribuendo.
4. Che cosa vi piace di questa azienda? Questa è una domanda delicata che punta a capire quanto realmente il candidato conosce l’azienda per la quale vorrebbe lavorare. È bene quindi giocare d’anticipo e informarsi con precisione su tutti gli aspetti principali dell’azienda stessa: quando è stata fondata, quali prodotti e servizi fornisce, qual è il mercato di riferimento, quanti dipendenti e filiali ha.
5. Ci sono aspetti della posizione che non vi piacciono? Ripercorrere insieme all’interlocutore i punti salienti della proposta di lavoro: soffermarsi su quelli meno chiari o più problematici per capire fin da subito come affrontarli. In questo modo si mostrerà al proprio esaminatore anche la propria capacità di mediazione.
6. Vi piace lavorare in squadra? La risposta deve mettere in risalto la capacità di lavorare in gruppo. Una buona idea è portare un esempio del proprio passato lavorativo in cui si è affrontato un processo di crescita grazie alla collaborazione con i colleghi. Ancora meglio se siete riusciti a far crescere le persone intorno a voi. In questo modo dimostrerete all’interlocutore di sapervi guadagnare posizioni di rilievo, di essere ambiziosi ma anche rispettosi delle gerarchie professionali.
7. Parlateci di un errore che avete commesso e dell’insegnamento che ne avete tratto. Rispondere a questa domanda onestamente, evitando di citare episodi imbarazzanti o troppo personali. L’attenzione del proprio selezionatore deve essere sempre indirizzata verso le proprie capacità sul lavoro, non su aspetti della propria vita privata. In ogni caso, meglio citare un piccolo errore o qualcosa a cui avete poi rimediato, sottolineando cosa avete imparato da quell’esperienza.
8. Quali sono le vostre aspettative di remunerazione? Prima di rispondere con una somma fuori mercato (troppo bassa o troppo alta), informarsi sugli standard dell’azienda e sul tipo di retribuzione prevista per posizioni simili a quella che si desidera ricoprire. In questo caso può essere utile dare un’occhiata alle tabelle retributive dei tantissimi Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) del settore pubblico e privato. Non è necessario indicare una cifra precisa: l’importante è non giocare al ribasso, per non svilire le proprie competenze professionali. Mostrarsi comunque coerenti con quelle indicate come proprie priorità: se l’esigenza segnalata è il riavvicinamento a casa, meglio non insistere troppo sull’aspetto economico.
9. Avete qualche domanda? Domanda trabocchetto: mai rispondere “no”, perché dimostra scarsa reattività e mancanza di interesse. Tenersi pronta almeno una domanda relativa alla posizione e all’azienda. La giusta risposta può essere anche una domanda con cui potrete dimostrare di essere padroni della gestione del colloquio. Potete chiedere, per esempio, quale sarà il prossimo passo del processo di selezione, quante ore di formazione e aggiornamento sono previsti per i dipendenti o quali sono gli obiettivi dell’azienda nei prossimi anni.
10. “Come si testa un tostapane?” Ad account, manager e ingegneri le aziende riservano spesso rompicapo e quesiti di logica che possono sembrare bizzarri ma che bisogna essere pronti ad affrontare se si vuole trovare un lavoro nella new economy. Come spiega il Wall Street Journal, sul milione e più di domande di impiego che Google riceve ogni anno, solo una su 130 va a buon fine. Le domande poste in aziende come Google non sono solo complicate, ma spesso sono all’apparenza avulse rispetto al campo di attività. Del tipo: “Quante persone stanno usando Facebook, a San Francisco alle 2 del pomeriggio di un venerdì?” (chiesto in un colloquio a Google), oppure “Come risolveresti il problema della fame nel mondo?” (chiesto da Amazon) o ancora “Camera, scrivania, macchina: quale riordini per primo?” (chiesto da Pinkberry). Le domande, per quanto difficili o bizzarre, sono utili ai selezionatori per capire la cultura generale del candidato e le sue capacità di ragionamento. Per non essere presi in contropiede, conviene esercitarsi con un manuale sui quiz di logica, in libreria se ne trovano molti e alcuni sono proprio pensati per superare concorsi e colloqui di lavoro.
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