Se ne parla sempre di più perché gli italiani li stanno scoprendo sulla scia dei Piani Individuali di Risparmio. Ma siamo sicuri di conoscerne tutte le caratteristiche e le versioni sul mercato? Ecco una panoramica veloce ed esaustiva
Investire è importante, l’abbiamo ripetuto – e continueremo a farlo – come un mantra. Ma è altrettanto importante farlo con la piena consapevolezza di quello che si sta facendo. L’industria finanziaria è un treno in continuo movimento e la varietà di strumenti a disposizione può disorientare l’investitore che si trova di fronte a questo mare magnum. Ecco una bussola che potrà aiutarvi.
I fondi comuni e i loro vantaggi. Tra i prodotti di risparmio gestito più diffusi nei portafogli degli italiani – dove la quota maggioritaria resta in mano alla liquidità – troviamo sicuramente i fondi comuni di investimento. Questi sono dei veri e propri salvadanai nei quali confluiscono i risparmi dei sottoscrittori, che vengono poi investiti dalla società incaricata della gestione. Non esiste un rischio di credito diretto della controparte, dal momento che è prevista per legge una netta separazione tra il bilancio del fondo e il bilancio della società di gestione: una vera e propria tutela per i risparmiatori. Ma oltre alla tutela normativa, i fondi comuni godono di altri vantaggi: sono semplici, con un alto livello di liquidità dello strumento e soprattutto consentono una diversificazione di portafoglio poiché tramite un solo strumento è possibile investire su un Paese, un settore o una particolare strategia di investimento. Ma attenzione: i fondi d’investimento non sono tutti uguali e in base alla composizione del loro portafoglio assumono nomi diversi.
I fondi azionari. Vengono definiti azionari i fondi comuni d’investimento che hanno un portafoglio prevalentemente investito in azioni. La percentuale del portafoglio investito in titoli azionari si aggira intorno al 70% e per questo motivo hanno un profilo di rischio più alto rispetto ad altre categorie. Ma questa categoria può essere a sua volta divisa in varie sottocategorie, come i fondi azionari geografici, che investono in una precisa area geografica, e i fondi azionari settoriali, che investono in un determinato settore. In entrambi i casi si può parlare di fondi a gestione attiva se l’obiettivo del fondo è quello di battere uno specifico indice di riferimento (chiamato anche benchmark) oppure di gestione passiva se l’obiettivo è quello di replicare tale benchmark. I fondi azionari, proprio per il loro profilo rischio/rendimento, tipicamente sono presi in considerazione da investitori con un orizzonte temporale di medio/lungo termine e con un’avversione al rischio contenuta.
I fondi obbligazionari. Investono principalmente in obbligazioni emesse da governi o società e tendenzialmente con una vita residua superiore ai due anni. Non è consentito l’acquisto di azioni, eccezion fatta per i fondi obbligazionari misti che invece possono avere una quota azionaria comunque non superiore al 20% del fondo. Anche in questo caso esistono delle sottocategorie, legate in sostanza ai principali fattori di rischio dei fondi obbligazionari: il rischio di mercato e quello di credito. Seguendo la variabile del rischio di mercato, i fondi si possono distinguere in base alla valuta di denominazione o alla duration del portafoglio. In base alla variabile del rischio di credito è possibile categorizzare i fondi obbligazionari a seconda che investano nei Paesi sviluppati o in quelli emergenti, in base alla tipologia dell’emittente (sovrano o corporate) e al merito creditizio (investment grade o high yield). I fondi obbligazionari hanno un profilo rischio/rendimento più basso di quelli azionari e per questo motivo sono più adatti agli investitori con una più alta avversione al rischio, ma comunque con un orizzonte temporale medio/lungo.
I fondi bilanciati. Anche in questo caso, il nome di tale categoria di fondi fa capire immediatamente di cosa stiamo parlando. Sono quei fondi che bilanciano i vari tipi di investimento per ottenere rendimenti e profili di rischio a metà strada fra quelli dei fondi azionari e degli obbligazionari. Il patrimonio del fondo bilanciato può essere investito sia in titoli azionari che in titoli obbligazionari e a seconda delle percentuali di investimento è possibile avere:
- fondi bilanciati azionari: possono investire in azioni una quota di portafoglio compresa tra il 50% e il 90%;
- fondi bilanciati: possono investire in azioni una quota di portafoglio compresa tra il 30% e il 70%;
- fondi bilanciati obbligazionari: possono investire in azioni una quota di portafoglio compresa tra il 10% e il 50%.
Il gestore in questo caso ha un buon margine di manovra per costruire un portafoglio ottimale. Il profilo rischio/rendimento si colloca in una posizione intermedia tra i fondi azionari e quelli obbligazionari.
I fondi flessibili. Ultimo, ma non per importanza, è il fondo flessibile, che dà la massima libertà in tema di composizione del portafoglio non avendo alcun vincolo in tema di asset allocation (valuta, Paese, settore e via dicendo). Gli unici vincoli ai quali il gestore deve attenersi sono quelli espressamente previsti nel regolamento del fondo. Per questi fondi non è prevista l’indicazione del benchmark di riferimento. Proprio per tale particolarità, è sempre bene controllare cosa ci sia dentro al “pacchetto” e verificare che la strategia, il portafoglio, il profilo rischio/rendimento e i costi siano in linea con il nostro obiettivo di investimento.
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