I mercati finanziari possono essere un labirinto. Una possibile bussola per gli investitori? Lo strumento del benchmark, il confronto, utilizzato sia per capire dove stiamo investendo sia per avere un'idea del nostro rendimento
Il mondo finanziario è un pianeta complesso e dominato dai numeri. Andamento, performance, volatilità e altri indicatori vari ed eventuali possono sembrare un vero e proprio labirinto nel quale un investitore alle prime armi può facilmente perdersi. Uno strumento che può venire in suo aiuto è quello che in gergo tecnico prende il nome di benchmark.
Un indicatore, due obiettivi. Quando vogliamo capire come sta andando l’investimento in un fondo comune, il metodo più semplice e intuitivo è senza dubbio quello del confronto. Il benchmark altro non è che un parametro che ci dice come sta andando un determinato mercato finanziario, un settore o un’area geografica di riferimento. Si tratta di uno strumento molto utile in ambito finanziario in quanto svolge due compiti molto importanti.
- Serve come bussola per capire lo “stile” di un particolare investimento finanziario, ovvero se un determinato fondo comune investe in uno specifico settore o in una determinata area geografica o presenta una particolare asset allocation.
- Serve per verificare i risultati di una gestione finanziaria: mettendo a confronto l’andamento del fondo che abbiamo sottoscritto con il suo benchmark possiamo cogliere la bravura del gestore.
Quando l’andamento di un fondo di investimento supera le performance del benchmark, si dice appunto che è stato in grado di “battere il benchmark”, oppure che ha “sovraperformato”. Se avviene il contrario, si dice che ha “sottoperformato” rispetto al benchmark. La Consob, l’autorità italiana che vigila sui mercati, ha sancito l’introduzione del benchmark nel 1998, imponendo alle società di gestione del risparmio (le SGR) l’utilizzo di un parametro oggettivo di riferimento costituito da uno o più indici finanziari, che avesse valore segnaletico dei rischi connessi alla gestione del fondo comune. E con il quale confrontare il rendimento del fondo, facilitandone così la corretta valutazione da parte dei sottoscrittori.
Le 5 caratteristiche di un benchmark. Pensate a un settore, oppure a un Paese, o ancora a una strategia di investimento. Ebbene, per ognuno di questi esiste un indice finanziario di riferimento. Ma è anche vero che non tutti gli indici possono ricevere il “bollino” di benchmark. Ci sono cinque elementi fondamentali che sono sempre presenti quando si parla di benchmark:
- trasparenza: gli indici vanno calcolati tramite regole che possano essere replicate dall’investitore e i titoli e le relative percentuali di composizione devono essere ben definite;
- rappresentatività: gli indici devono essere rappresentativi delle politiche di gestione del portafoglio per agevolare l’investitore nella scelta del profilo rischio/rendimento;
- replicabilità: gli indici dovrebbero essere completamente replicabili con attività acquistabili direttamente sul mercato;
- valutazione: il rendimento dell’indice di riferimento deve essere calcolato giornalmente e devono essere disponibili anche i dati storici;
- basso turnover: le modifiche del paniere dei titoli che compongono l’indice non devono essere troppo frequenti.
Gestione attiva e passiva. Quando si parla di fondi comuni di investimento, una delle tante distinzioni è quella tra fondi a gestione attiva e fondi a gestione passiva. La strategia di investimento nei due casi è sostanzialmente differente ed è proprio il benchmark di riferimento la chiave di questa distinzione. Nei fondi a gestione attiva il gestore costruisce il portafoglio del fondo con l’obiettivo di battere il benchmark di riferimento e lo fa attraverso la selezione dei titoli (il cosiddetto “stock picking”), dei settori o dei mercati. Questa strategia espone il fondo a un rischio superiore rispetto a quello del benchmark: se è corretta, il maggiore rischio assunto si tradurrà in un maggiore rendimento rispetto al benchmark. Se, al contrario, non è efficace, allora il rendimento sarà inferiore. Il gestore di un fondo passivo, invece, tende a costruire il portafoglio sulla struttura del benchmark, minimizzandone quindi le differenze di composizione e, di conseguenza, di rendimento atteso.
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