I rapporti tra l’Italia e i cugini d’Oltralpe sono ancora tesi: export, occupazione e accesso al credito potrebbero essere impattate se i rapporti rimangono incrinati
Negli ultimi mesi abbiamo assistito a una costante escalation nelle tensioni tra l’Italia e i suoi “cugini” d’Oltralpe. A suon di accuse e malintesi, si è arrivati a una vera e propria crisi diplomatica, culminata con il richiamo a Parigi dell’ambasciatore francese in Italia. È vero che negli ultimi giorni il presidente francese Emmanuel Macron ha cercato di gettare acqua sul fuoco, augurandosi di superare i “malintesi” per non minare i rapporti tra le due nazioni. “Le peripezie più recenti non sono gravi, bisogna andare oltre”, ha detto. Ma i motivi di scontro tra Italia e Francia restano molti e il rischio di nuove tensioni è dietro l’angolo, con implicazioni da non sottovalutare sul piano economico, viste le intense relazioni commerciali intrattenute dai due Paesi.
Procediamo con ordine: cosa succede tra Roma e Parigi? Le frizioni, va detto, non sono mai mancate, ma si sono indubbiamente acuite dopo l’insediamento del governo Conte in Italia. Il primo litigio è scoppiato lo scorso giugno con il caso della nave Aquarius e l’inaugurazione della politica dei “porti chiusi” da parte del ministro italiano degli Interni Matteo Salvini – una mossa che il portavoce di En Marche, il partito di Macron, ha definito “vomitevole”. Pochi giorni dopo, un’uscita dello stesso presidente Macron – che ha messo in guardia l’Europa dall’avanzata della “lebbra populista” in “Paesi in cui credevamo fosse impossibile” – ha scatenato nuove polemiche in Italia. Sul conto francese vanno messi poi gli interventi della polizia alla frontiera di Ventimiglia – che in un paio di occasioni ha sconfinato senza autorizzazione in territorio italiano – e la scarsa disponibilità a farsi carico dei migranti provenienti dall’Italia. Il governo italiano, da parte sua, ha accusato la Francia di portare avanti una politica colonialista in Africa e di essere quindi la prima responsabile del fenomeno migratorio.
Tra retroscena e proscenio spuntano i gilet gialli. Ciliegina sulla torta – per così dire – lo scontro sulla TAV (Tratta ad Alta Velocità). Fin qui, quello che succede nel proscenio. Poi c’è il retroscena, con tutte le questioni più prettamente economiche, a partire dallo stop opposto dalla Commissione UE – su richiesta della Francia – all’acquisizione dei Chantiers de l’Atlantique (STF) da parte di Fincantieri, controllata dal governo gialloverde attraverso Cassa Depositi e Prestiti, fino ad arrivare alla frenata sull’ingresso di Air France nel capitale di Alitalia. Ma la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso – portando al ritiro dell’ambasciatore francese – è stata squisitamente politica: l’appoggio esplicito del Movimento 5 Stelle alla rivolta antigovernativa dei “gilet gialli”, con il ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio e il pentastellato Alessandro Di Battista che hanno anche incontrato una delegazione del gruppo.
Quali rischi (economici) per l’Italia? Alla luce dei fatti, sorge spontanea una domanda: cosa rischia l’Italia, da un punto di vista economico, nel caso di un peggioramento delle relazioni diplomatiche con la Francia? Ebbene, le ripercussioni potrebbero essere molte e incidere su export, occupazione e accesso al credito delle nostre imprese. Tanto per cominciare, le banche francesi sono in Europa le più esposte all’Italia – parliamo di 285 miliardi di euro di finanziamenti attivi spalmati tra titoli di Stato, enti locali, imprese e famiglie nel nostro Paese, contro i 58 miliardi delle banche tedesche e i 21 di quelle spagnole (dati Bloomberg ed EBA). Questo è anche legato al fatto che due colossi francesi hanno acquisito altrettante importanti banche italiane: BNL è finita nella mani di BNP Paribas e CariParma in quelle di Crédit Agricole. Le banche francesi stanno anche contribuendo positivamente all’occupazione italiana, con circa 4-5mila assunzioni negli ultimi cinque anni.
La preoccupazione di Confindustria. Sul fronte delle esportazioni, infine, l’allarme è arrivato dal presidente di Confindustria Vincenzo Boccia: “i danni potenziali per l’export sono enormi, visto che la Francia è il secondo partner commerciale dell’Italia dopo la Germania e potrebbe nascere nell’opinione pubblica francese un sentimento di rifiuto dei nostri prodotti”, ha detto. “Noi siamo il terzo Paese fornitore dei francesi. La Francia ha investito 60 miliardi di euro in Italia e noi lì 25 miliardi. Parliamo di cifre che fanno girare l’economia. Se diminuiscono, gli acquisti in Italia ne risentiremo”.
Tirare la corda non conviene a nessuno. Insomma, sembra nell’interesse di tutti smorzare i toni, in modo da non danneggiare in modo permanente le relazioni tra due Paesi storicamente alleati e che da tempo intrattengono profonde relazioni economiche. I primi gesti di distensione ci sono stati ma, con le elezioni europee in vista e Macron che si è posto ancora una volta come riferimento dell’elettorato continentale europeista e antisovranista, sarà interessante vedere come evolverà la situazione nelle prossime settimane e mesi.
Per poter visualizzare i commenti devi accettare i cookie facoltativi, clicca qui per cambiare le tue impostazioni sui cookie.