Riciclare e dare nuova vita a rifiuti e oggetti usatiGrazie al nuovo Atlante, potete scoprire tutti i progetti più innovativi e vicini a voi per una vita concretamente più sostenibile
L’economia circolare è un concetto nobile, che acquista valore solo quando è concretamente applicata sul territorio. Per questo motivo è nato l’Atlante dell’Economia Circolare, una piattaforma per mettere i consumatori italiani in contatto con le realtà che mettono in pratica l’idea sviluppata dalla Ellen MacArthur Foundation, ovvero «un’economia pensata per potersi rigenerare da sola». Le esperienze sono state valutate e mappate dal Centro Documentazione Conflitti Ambientali insieme agli esperti di ECODOM, della Fondazione Ecosistemi e del Consorzio Poliedra – Politecnico di Milano.
Oltre 200 realtà in tutta la penisola. Un’alleanza di metodologie e strumenti che ha portato a tracciare circa 200 realtà, divise per regione e per categorie merceologiche. Al momento, per esempio, nel nostro paese i rifiuti valgono circa 10 miliardi di euro, ma soltanto il 10% riesce a essere valorizzato in modo corretto e circolare. La regione con più realtà censite è la Lombardia (20,6%), seguita dal Lazio (17%) e dalla Toscana (12%). Sul territorio di Roma, la città più virtuosa, esistono 27 centri di economia circolare, seguita da Milano con 25 e da Bologna e Firenze terze con 8 a testa. Il settore più coinvolto è l’agroalimentare (16,3%), seguito dal tessile (14,3%). Attraverso l’Atlante potete facilmente selezionare la vostra area geografica, il settore nel quale cercate soluzioni sostenibili e otterrete le proposte disponibili.
Il vestito circolare. L’economia circolare nel settore tessile è una rete di aziende e consorzi che contribuiscono a un ciclo virtuoso dei rifiuti, usando tecniche di produzione in cui ogni elemento è riciclabile, realizzato attraverso scarti di altre produzioni o grazie al recupero di vestiti dismessi. A unire questi tre obiettivi c’è per esempio la linea Fortunale dell’azienda pugliese Majra Moda Maglierie, che realizza maglioni con filati biologici (come lana proveniente da allevamenti non intensivi) e fibre vegetali come fiori, foglie, bacche, un ciclo produttivo nel quale ogni materiale può essere riciclato. Il consumatore è incentivato a restituire il capo alla fine del suo ciclo di uso, anche a distanza di anni, per rimetterne i materiali nella produzione, ricevendo in cambio uno sconto su acquisti futuri. Le tinture per colorare infine vengono da scarti di lavorazioni agricole. Al momento è in pre-order e costa 149 euro. YouKoala invece è un servizio pensato per i genitori di bambini piccoli per evitare sprechi tessili in apparenza inevitabili: i figli crescono, i capi diventano in fretta piccoli e la migliore opzione è regalarli o conservarli per fratellini o sorelline. Il sistema ideato da YouKoala prevede invece l’invio ciclico di kit con capi pensati per l’età del bambino: quando diventa troppo grande si rimandano indietro quelli vecchi (che saranno sterilizzati e riciclati) e se ne ricevono di nuovi. Un servizio del genere estende la vita dei vestiti per bambini fino a 6 volte. Un kit da 12 capi costa 30 euro, quello da 48 pezzi 80 euro.
Le virtù dell’agroalimentare. L’economia circolare agroalimentare in Italia vive di progetti come BioFaber, che progetta soluzioni al problema degli scarti nell’industria della trasformazione del cibo, per i quali, grazie alle tecniche sui bio-materiali nano-strutturati, riesce a trovare applicazioni nei settori più disparati: moda, design, arredamento, biomedicale, cosmetica. Il prodotto con cui guadagnò l’attenzione del mondo italiano dell’innovazione (vincendo la Start Cup Puglia 2013) è Green Skin, l’ecopelle bio prodotta con la cellulosa batterica. Acquaviva invece produce ecoboccioni da ufficio per la distribuzione dell’acqua in PET monouso, con una filiera molto breve, la plastica viene poi riciclata al termine dell’utilizzo, garantendo un ciclo virtuoso anche a uno dei materiali più inquinanti. Fungobox invece è l’idea di un gruppo di esperti in agricoltura urbana, che hanno ideato un kit che permette l’autocoltivazione di funghi con un ciclo che parte dai resti del caffè. Il kit costa 15,95 euro e se il fungo non cresce ve ne mandano un altro. E infine ci sono realtà come Equoevento o Banco Alimentare che si occupano di recuperare il cibo in eccedenza di eventi, matrimoni, congressi.
Nuova vita ai mobili della nonna. Non solo tessile e agroalimentare: le applicazioni concrete dell’economia circolare in Italia sono già piuttosto variegate. CSC produce oggetti da usare nella pulizia di casa (scope, spazzoloni, spazzole, ma anche pezzi più piccoli come le mollette) usando solo materiali provenienti dal post-consumo, come i brick in cartone o le bottiglie in PET. Tutti gli oggetti acquistabili via CSC sono ovviamente ulteriormente scomponibili e riciclabili, la scelta è vasta e i prezzi sono competitivi: una scopa costa 5,22 euro, il pacco di mollette 1,90, il cestino porta mollette 1,99 euro. Lessmore ha una linea chiamata Ecodesign Collection di prodotti di arredamento tutti ispirati e basati su economia circolare, in materiali riciclati o riciclabili. Il principio di Revì, invece, è la creazione di mobili di riciclo basati su vecchi oggetti di arredamento ai quali ridare nuova vita attraverso un processo di restyling, recuperando insomma «i classici mobili della nonna» per restituirli al futuro.
Cosa ne pensate di queste esperienze di economia circolare? Quale vi sembra la più promettente?
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