Sembrava quasi fatta, poi sembrava sfumata per sempre. Dopo l’assemblea di Renault, c’è nell’aria l’idea che il progetto di fusione tra FCA e la casa automobilistica francese possa ripartire da un momento all’altro
Un americano, un tedesco, un euro-nipponico, un giapponese con estensione negli Stati Uniti, un cinese e un altro europeo: non è l’inizio di una storiella spiritosa, bensì la previsione che, nel dicembre 2008, l’allora amministratore delegato del Gruppo Fiat Sergio Marchionne in un’intervista comparsa sul quindicinale dell’industria dell’auto Automotive News Europe, riferendosi alle case automobilistiche che sarebbero sopravvissute al ciclo di crisi del settore. Questo perché “per fare soldi bisogna produrre almeno 5,5-6 milioni di veicoli all’anno, quindi è necessario fare delle aggregazioni, in un modo o in un altro”, disse. Il Gruppo Fiat, negli anni successivi, ha seguito esattamente questa linea. Fino a sbattere contro un ostacolo chiamato Francia.
Dall’Italia alla Francia, passando dagli States. Nel 2014, con l’acquisizione della statunitense Chrysler da parte dell’italiana Fiat, nasce la Fiat Chrysler Automobiles, in sintesi FCA, nella top 10 dei gruppi a livello globale per numero di veicoli prodotti. La società è quotata a New York e Milano. L’anno successivo, Marchionne fa partire una serie di contatti con l’obiettivo di realizzare una fusione fra FCA e General Motors, ma alla fine non se ne fa nulla. Nel luglio del 2018, il top manager viene a mancare (link https://vocearancio.ing.it/va-marchionne-fine-era-cosa-ha-significato-per-fiat/), e al suo posto arriva Michael Manley. E poi? Poi, un giorno, FCA si imbatte nella francese Renault. Nata su iniziativa degli omonimi fratelli alla fine dell’Ottocento, la Renault diventa un’azienda pubblica nel 1945, a valle dei fatti drammatici della Seconda Guerra Mondiale. E deve aspettare più di cinquant’anni per essere riprivatizzata.
La Renault dei giorni nostri. La riprivatizzazione avviene infatti nel 1996, quando lo Stato accetta di scendere sotto il 51%. Scende, ma non scompare: rimane azionista. Anzi: l’azionista più influente. Come si vede tre anni dopo, nell’alleanza con la giapponese Nissan e nelle relative partecipazioni incrociate: Renault detiene il 43% della società nipponica, mentre quest’ultima deve accontentarsi del 15% della casa automobilistica francese. Nel 2016, poi, succede che Nissan entra nel capitale della Mitsubishi: è così che vede la luce il gruppo Renault-Nissan-Mitsubishi, che alla fine del 2017 diviene uno dei principali costruttori al mondo. E potrebbe scalare ancora la classifica, qualora rispondesse di “sì” alla proposta di unione che le fa pervenire FCA nel maggio del 2019.
FCA fa una “proposta di matrimonio” a Renault. Il 27 maggio 2019 FCA propone una fusione “alla pari” che, se realizzata, darebbe vita al terzo produttore automobilistico del pianeta. Presentato dopo una serie di incontri riservatissimi fra il presidente di FCA John Elkann, il presidente di Renault Jean-Dominique Sénard e il capo di Stato francese Emmanuel Macron e una volta inviato il relativo dossier al ministro delle Finanze Bruno Le Maire, il piano prevede la creazione di una nuova compagnia olandese detenuta dai soci di FCA e Renault, quotata a Parigi oltre che a New York e Milano. Da Fiat Chrysler Automobiles arrivano rassicurazioni sulla governance e sull’occupazione in Francia e Italia. Ma i giapponesi di Nissan e Mitsubishi non paiono convintissimi. E l’Eliseo frena – il ministro Le Maire dice che “non c’è fretta” – e pone una serie di condizioni. Fra queste, il mantenimento del quartier generale a Parigi, un rappresentante del governo nel cda della nuova compagnia e un amministratore delegato francese (Sénard) per almeno quattro anni.
Le nozze saltano. Il 4 giugno si riunisce il cda di Renault: si attende il via libera alle trattative formali per realizzare l’operazione, ma alla fine vince la linea del rappresentante dello Stato francese in cda, che appunto chiede altro tempo prima di un voto definitivo. Il 5 arriva un comunicato stampa sul quale si legge che “il consiglio di amministrazione di Fiat Chrysler Automobiles ha deciso di ritirare con effetto immediato la proposta di fusione avanzata a Groupe Renault”. Questo perché “non vi sono attualmente in Francia le condizioni politiche perché una simile fusione proceda con successo”. Un’occasione mancata, secondo alcuni osservatori, specialmente per la casa automobilistica francese, presa nel mezzo tra la concorrenza tedesca e rapporti tutt’altro che idilliaci con gli alleati del Sol Levante. Ma il sogno d’amore (e motore) italo-francese si può davvero considerare à la fin?
Mon è detta l’ultima parola. Mercoledì 12 giugno, durante l’assemblea generale di Renault a Parigi, il presidente Sénard, molto deluso per lo stop, non ha risparmiato considerazioni piccate all’indirizzo dello Stato francese, responsabile di aver fatto sfumare le nozze. Il giorno successivo, vale a dire il 13 giugno, il ministro Le Maire ha dichiarato che “come Stato non abbiamo mai messo il veto a questa operazione. Abbiamo semplicemente chiesto, vedendo che Nissan non forniva il suo sostegno, cinque giorni supplementari per esaminare un’operazione da 30 miliardi di euro di capitalizzazione”. Insomma, prima occorrerà smussare gli angoli con i giapponesi. E poi se ne potrà riparlare. Siamo in pieno stop&go. E, ovviamente, i titoli in Borsa ne risentono: come si vede dal grafico, sono oggetto di acquisto il 27 maggio, giorno dell’annuncio di FCA (che ha spostato in secondo piano l’esito delle europee (link https://vocearancio.ing.it/va-europa-voto-risultati-gli-effetti-sui-mercati/ ), per poi ripiegare e, tra cali e rimbalzi, recuperare a ridosso dell’assemblea generale di Renault del 12 giugno.
Per analisti ed esperti, la partita ancora non si è chiusa: FCA è un buon pretendente e la Renault ha bisogno di allargare i suoi orizzonti. Comunque vada, un fatto è certo: sul comparto automobilistico europeo ci sarà ancora molto da dire e da scrivere.
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