Siamo in piena Reputation Economy, un ambiente nel quale gli affari viaggiano di pari passo con le “recensioni” positive degli utenti
Lo sapevi? Tra rete fissa e mobile, sono ben 46 milioni gli italiani dotati di una connessione a internet. Il web si conferma insomma una risorsa più che mai essenziale nel mondo post-pandemico “per dare continuità alle attività lavorative e professionali, allo studio e alle relazioni sociali”, come ha sottolineato a metà 2021 il rapporto “Il valore della connettività nell’Italia del dopo Covid-19”, realizzato dal Censis in collaborazione con WindTre.
Non solo. Secondo la rilevazione Audiweb di aprile 2021, la total digital audience nel mese ha raggiunto 44,4 milioni di utenti, vale a dire il 74,4% della popolazione di età superiore ai 2 anni: nel giorno medio sono stati rilevati 37,3 milioni di utenti unici online – da computer, smartphone e tablet – collegati in media per due ore e 25 minuti per persona.
Quanto è importante la reputazione
Questo presidio sempre più imponente del web da parte degli italiani spiega perché la reputazione online sia percepita dalle aziende come un tema sempre più decisivo. Pensaci: nella vita offline ognuno di noi ha un’immagine che è definita anche da come gli altri ci percepiscono; e già da anni la nostra identità offline ha acquisito un’estensione nell’online con i social.
Vale anche per le aziende, il cui imperativo categorico è monitorare la percezione che del loro marchio e della loro attività hanno gli utenti off e online.
Non è un dettaglio: la reputazione è un pilastro aziendale che assolutamente non può cedere – ne va della tenuta dell’azienda stessa – e che va invece conservato, rafforzato e, laddove necessario, risanato e ripristinato.
Benvenuti nella Reputation Economy
Non a caso siamo nel pieno della Reputation Economy, un ambiente nel quale aziende e professionisti sono trattati come prodotti e come tali valutati, recensiti e commentati: le interazioni positive creano nuove opportunità, mentre quelle negative zavorrano la reputazione e, a tendere, il giro d’affari di un’impresa.
In questo contesto, il disappunto di un utente non è semplicemente il disappunto di un utente, ma un cartellone pubblicitario letto ogni giorno da milioni di persone, come segnalava qualche tempo fa un evento promosso da Asseprim, la Federazione dei servizi professionali per le imprese presso Confcommercio Milano. Anche perché un contenuto web resta ed è raggiungibile per diverso tempo, con i motori di ricerca.
La reputazione è tutto: ecco perché
Ma perché è così decisivo quello che si legge in rete? Perché sul web si collegano per cercare informazioni sul marchio i clienti e i potenziali clienti, i competitor, i media, i dipendenti, i collaboratori e i candidati, oltre alla platea dei portatori di interessi a vario titolo, meglio noti come stakeholder. La presenza sul web non è decisiva solo per chi cerca un’occupazione e viene passato al vaglio da reclutatori e datori di lavoro, ma anche e soprattutto per chi oltre al lavoro offre anche prodotti e servizi.
Insomma, la reputazione è per le imprese quello che si chiama “asset intangibile”. Come tutti gli asset ha un valore, che può essere positivo o negativo. Quanto più alta è la fiducia che il brand ispira, tanto più grande e positivo è il suo valore. Ebbene sì: il principio di fiducia sul quale da sempre si fonda la fortuna e la prosperità di un’azienda è ancor più decisivo oggi, nell’economia della reputazione.
Ripartire è difficile, ma non impossibile
Dal maltrattamento delle oche per la produzione di piumini ai marchi automobilistici messi in serio imbarazzo dallo scandalo Dieselgate: in un’epoca di consumatori e investitori sempre più attenti alla sostenibilità e alla responsabilità ambientale, sociale e di governance, i cortocircuiti reputazionali hanno come punto d’innesco il mancato rispetto – presunto o comprovato – delle regole ESG. In questo cortocircuito, nel corso degli anni, sono incappate anche grosse aziende italiane. Cosa fare quando questo succede?
Dicevamo che la reputazione è un pilastro strutturale che, se danneggiato, va risanato e ripristinato per la tenuta stessa dell’azienda. È una missione difficile, ma non impossibile. Certamente, è una di quelle sfide non strettamente connesse ai risultati finanziari ma che possono avere eccome un impatto sui risultati finanziari. Per questo un investitore deve tenerne conto. E lo farà, se ad accompagnarlo è una valida consulenza finanziaria.
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