Un “Deadlock”, punto morto: cosi il capo negoziatore dell’Unione Europea ha definito lo stato delle trattative in corso. Un punto della situazione e un commento sui mercati inglesi
Non ha usato mezzi termini il negoziatore sulla Brexit per l’Unione Europea, il francese Michel Barnier, quando descrivendo lo stato delle negoziazioni, ha dichiarato che si trovano ancora ad un “punto morto”.
La timeline della Brexit. Come stabilito da calendario, i negoziati sulla Brexit hanno preso ufficialmente il via nello scorso giugno, una volta conclusosi l’appuntamento elettorale indetto dalla Premier Theresa May. In questa prima fase di contrattazione le parti in gioco, rappresentate dal Ministro britannico David Davis e dal francese Michel Barnier, avevano tre punti su cui lavorare: chiarire i diritti civili dei cittadini europei, stabilire un confine tra Irlanda e Irlanda del Nord e calcolare il “conto” che Londra deve pagare a Bruxelles per i contratti economici già regolarmente attuati.
Un accordo ancora lontano. Il “punto morto” sancito da Barnier arriva proprio al termine del quinto round di negoziazioni di questa prima fase, conclusosi con un nulla di fatto su tutti e tre i precedenti aspetti. La questione più delicata è emersa sulla “Brexit Bill”, cioè sul conto che le autorità britanniche devono versare nelle casse dell’Unione, dove la distanza da colmare è ancora ampia: da Londra è stato stimato che i costi dovrebbero aggirarsi intorno ai 20 miliardi, mentre da Bruxelles la richiesta è ferma a 60 miliardi. Ora i tempi per concludere questa prima fase si fanno sempre più stretti: inizialmente il termine era previsto per il mese di ottobre, in modo da procedere con l’avvio della seconda fase a partire da novembre. Ad oggi il calendario è slittato di un mese a causa di questa situazione di stallo. La seconda tornata di negoziati, che avrà come oggetto i rapporti commerciali tra il Regno Unito e l’Unione Europea dopo la separazione, dovrebbe prendere il via nel mese di dicembre, per poi concludersi entro l’ottobre del prossimo anno: la “deadline” della fase di negoziazione del trattato.
Politica interna in bilico nel Regno Unito. A rendere ancora più incerto un quadro politico già poco chiaro, troviamo inoltre una classe politica britannica sempre più spaccata internamente. L’esito delle elezioni di giugno, che ha restituito una Premier più indebolita all’interno del Governo, ha fatto luce proprio sulla fragilità politica di Londra enell’occhio del ciclone troviamo la stessa Theresa May, la cui leadership (anche all’interno del suo stesso partito) pare sempre più debole e minacciata dall’ascesa dell’attuale Ministro degli Esteri Boris Johnson.
Il mondo dell’economia e della finanza non rimane indifferente. I riflessi di una così fragile situazione politica non si fanno attendere sul palcoscenico dell’economia. Tra tutti, le perplessità sull’andamento dei negoziati e sul futuro del Regno Unito, sono state colte anche dall’agenzia di rating Moody’s che ha recentemente deciso di operare un downgrade sul rating del debito sovrano britannico, portandolo da Aa1 ad Aa2. Un chiaro segnale di come questa situazione di stallo e incertezza può peggiorare la “fiducia finanziaria” nei confronti del Paese. Dal punto di vista macroeconomico è ancora presto per vedere delle controprove concrete degli effetti della Brexit; tuttavia sui mercati finanziari, per natura più reattivi, i segni di questa incertezza politica non mancano.
Una fotografia del mercato finanziario inglese. L’indice rappresentativo della sterlina (contro un paniere composto dalle principali valute mondiali) sta perdendo il 12% circa dai valori pre-Brexit, un chiaro segnale di debolezza della valuta del Regno Unito. In calo, e quindi con rendimenti in salita, per il mercato obbligazionario. Il rendimento del titolo decennale è stato decisamente volatile negli ultimi 16 mesi, in risposta anche all’incertezza del Paese. Performance invece decisamente positiva per il principale indice finanziario del Paese, il Ftse 100, che per ora non sta risentendo particolarmente dell’esito sulla Brexit e segna una performance del +21% dal maggio dello scorso anno.
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