Bollette, tasse o spese condominiali: due adulti su 10 rinviano le commissioni noiose e i pagamenti, ma arriva il metodo per organizzare meglio le nostre attività e la nostra vita
Siamo l’esercito dei procrastinatori. Sì, perché stando a quanto emerso dalla decima Procrastination Research Conference che si è svolta a Chicago lo scorso luglio, la tendenza al rimandare è tutt’altro che un fenomeno marginale. Che sia il pagare una bolletta, il dover consegnare una presentazione in Power Point per la riunione di domani o semplicemente il ritirare il piumone in tintoria, ci piace evitare di fare i conti con quanto dobbiamo portare a termine. Secondo i ricercatori, il rinvio è un’abitudine piuttosto consolidata nei paesi occidentali, tanto da riguardare in prima persona il 20% della popolazione adulta. In fin dei conti, alzi la mano chi non si è mai perso sui social network o in ricerche di offerte di viaggi, piuttosto che portare a compimento un lavoro che aveva segnato in agenda.
Rimandiamo per far fronte all’ansia da prestazione. Per alcuni il rimandare è visto semplicemente come una mancanza di organizzazione, mentre per altri il rinvio è legato al rifiuto di un confronto che, inevitabilmente, la consegna di un determinato lavoro comporterebbe. Secondo i ricercatori, però, il procrastinatore seriale ha in realtà un’ansia da prestazione che riesce a tenere a bada momentaneamente, concentrandosi su attività che possono apparirgli gratificanti. Insomma, un sollievo immediato che i ricercatori definiscono “piacere edonico” e che permette di accantonare – almeno istantaneamente – l’assillo del compito da portare a termine. Ovviamente chi entra in questo circolo vizioso non mette in conto che, comunque, prima o poi dovrà fare i conti con l’attività che deve concludere e che continua a rimandare.
Kanban, il metodo ideato negli stabilimenti Toyota. A tutto c’è un rimedio. Chi si occupa del fenomeno, infatti, concorda nell’individuare il metodo più efficace per fronteggiare la propria tendenza a procrastinare, ovvero il lavorare per piccoli obiettivi. Si tratta, in pratica, di scomporre il proprio compito in micro passi, da compiere uno dopo l’altro per arrivare poi al raggiungimento del macro obiettivo finale. In questo può aiutarci la tradizione giapponese del kanban. Figlia del boom della produzione industriale, la tecnica del kanban (letteralmente “insegna”) fa il suo esordio negli stabilimenti Toyota, dove diventa protagonista di un processo produttivo destinato a passare alla storia. Qui, nell’ottica di ottimizzare le attività, venivano utilizzati dei cartellini sui prodotti con l’indicazione della loro provenienza e della loro destinazione. Così la produzione poteva contare su un continuo feedback e, di conseguenza, adattare il flusso in base alla domanda reale. Nella prospettiva del kanban, perciò, i pezzi venivano lavorati solo nel momento dell’effettivo bisogno, riducendo così all’osso le scorte di magazzino.
Multitasking sì, ma non più di tre attività per volta. La tecnica del kanban è stata adattata ai tempi moderni, dove l’essere multitasking è ormai prerogativa di tutti. Come? In pratica consiste nell’ottimizzare il proprio tempo, distribuendo in maniera ordinata le attività da portare a termine. Si inizia col dotarsi di una bacheca, suddivisa in tre colonne: “Cose da fare”, “In corso” e “Cose fatte”. A questa è possibile fornire una dimensione temporale che varia anche in base alla nostra attività: settimanale, mensile e così via. Su ogni colonna, perciò, dovremmo attaccare i singoli post-it che indicheranno cosa dobbiamo fare e, di conseguenza, seguire il loro status da “In corso” a “Cose fatte”. Nonostante l’assillo dell’approccio multitasking, gli esperti raccomandano di porre attenzione particolare alle attività “In corso” nella parte centrale della nostra kanban board: meglio evitare di superare i tre post-it in quest’area. Seguiamo quindi ogni singola attività nel suo iter e spostandola tra le varie colonne, considerando che, anche se può sembrare la meno influente, la colonna “Cose fatte” è in realtà quella più importante. Ricordiamoci quindi di lasciare i “giallini” su questa colonna: la soddisfazione della riuscita di un compito suscita una sensazione di appagamento e aumenta i livelli di dopamina, meglio conosciuto come l’ormone dell’euforia. Un meccanismo che è assimilabile a quanto avviene nel cervello durante attività piacevoli come il sesso, mangiare dolci o qualsiasi altra cosa che riteniamo piacevole. Insomma, anche se non fate parte di quel 20% di procrastinatori seriali, non è il caso di perdersi in chiacchiere. Dotatevi di una bacheca e iniziate subito col pianificare le vostre attività: sarà il primo post-it da inserire nella colonna “Cose fatte”.
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