In questo secondo approfondimento sugli strumenti obbligazionari, molto diffusi tra gli investitori, parleremo della relazione tra prezzo delle obbligazioni e tassi d’interesse
Dopo aver spiegato cos’è un’obbligazione, abbiamo compreso le principali caratteristiche: i differenti emittenti, il tipo di cedole e i mercati su cui vengono scambiate. In questo secondo post, invece, cercheremo di spiegare la relazione tra tassi di interesse e il prezzo delle obbligazioni. Come abbiamo visto nell’articolo precedente il valore di un’obbligazione dipende dalle cedole e dal valore di rimborso. Tuttavia, il rendimento offerto dalle cedole di un’obbligazione non viene estratto dal cilindro, ma dipende da quello che offre il mercato. E le condizioni di mercato vengono sintetizzate dal tasso d’interesse. Il tasso d’interesse non è nient’altro che il costo del denaro espresso in termini percentuali. Per capire cosa intendiamo un esempio flash potrebbe essere quello della risposta alla seguente domanda: “quanto mi costa prendere in prestito 100 euro? 4 euro, ossia il 4%”. In altre parole, il tasso d’interesse è il prezzo a cui si mettono d’accordo chi deve prestare il denaro (l’obbligazionista) e chi ha bisogno di un prestito (l’emittente). Il costo del denaro non è sempre uguale e prendere in prestito 100 euro oggi potrebbe essere diverso da farlo domani, questo perché i tassi di interesse si muovono ogni giorno. Vediamo perché.
Cosa muove i tassi di interesse? I tassi di interesse si muovono per diverse ragioni. Vediamo quella fondamentale. Il mercato del denaro è come il gioco del tiro alla fune, una partita nella quale da un lato si schierano i risparmiatori (cioè coloro che hanno il denaro da prestare e vogliono investirlo per proteggersi dall’inflazione e dall’altro gli investitori (cioè coloro che hanno bisogno del denaro per completare dei progetti). A seconda della forza con cui “tirano” domanda e offerta di risparmiatori ed investitori, i tassi di interesse salgono e scendono, mettendo così in equilibrio il mercato del denaro. In particolare i tassi d’interesse tendono a crescere nelle fasi di “boom” economico, nelle quali gli operatori economici, spinti dall’ottimismo, chiedono più credito, ad esempio per comprare più appartamenti o avviare nuove attività economiche. In questa situazione, la competizione degli investitori per mettere le mani sul denaro dei risparmi spinge al rialzo i tassi di interesse. Viceversa, i tassi d’interesse tendono a scendere nelle fasi di crisi, sino ad arrivare anche in terreno negativo come abbiamo potuto notare in questi anni per alcuni paesi. Un altro motivo per cui i tassi salgono, è un maggior timore che il debitore non ripaghi i creditori (motivo alla base della salita dei tassi dei titoli di Stati greci, spagnoli, italiani portoghesi, durante la crisi dell’eurozona), quindi un motivo legato al rischio. Portato all’esasperazione, questo fenomeno crea una sorta di spirale o paradosso: basti pensare che si sta chiedendo di far pagare di più (in quanto i tassi di interesse sono saliti) a dei Paesi che sono già in difficoltà e che probabilmente non riusciranno a essere solventi con i tassi di interessi attuali. Ne è un esempio la faccenda Grecia, dove sono dovuti intervenire la Banca Centrale Europea e altri organismi come il Fondo Monetario Internazionale per una negoziazione. Le Banche Centrali, infatti, giocano un ruolo molto importante nel determinante il punto di equilibrio tra la domanda e l’offerta di denaro, grazie agli interventi di politica monetaria e questo ha un effetto anche sul mercato obbligazionario. Scopriremo come in un articolo dedicato.
Tassi di interesse e obbligazioni. Piccoli operatori o semplici investitori si saranno resi conto che il prezzo delle obbligazioni diminuisce sui mercati finanziari all’aumentare dei tassi di interesse. Senza scendere nei dettagli e senza l’uso di formule matematiche complesse, ecco un esempio semplificato che aiuta bene a chiarire questa relazione trovandone un nesso logico. Abbiamo 100 euro e vogliamo investirli. Scopriamo che oggi un’obbligazione presente sul mercato ha una cedola del 3% annua. Dopo aver fatto nostre le valutazioni, crediamo che il rendimento sia accettabile e acquistiamo il bond (l’obbligazione) a 100 euro. Ogni anno, dunque, questa obbligazione ci renderà 3 euro sino alla scadenza, quando ci verrà restituito, oltre alla cedola, anche il capitale inizialmente prestato. Supponiamo che, dopo un paio di mesi dal nostro acquisto, la banca centrale decida di alzare il tasso di mercato al 4,5%, per uno dei motivi spiegati nel precedente paragrafo. Le nuove obbligazioni, adeguandosi al nuovo prezzo di mercato, pagheranno come minimo il 4,5% annuo, che è maggiore del nostro 3% annuo. Così, a questo punto, se volessimo vendere la nostra obbligazione, riusciremmo a venderla solo a un prezzo più basso, semplicemente perché non sarebbe competitiva e un altro non avrebbe motivo di comprarla allo stesso prezzo, in quanto dovendo pagare un tasso maggiore offre una cedola e di conseguenza un guadagno inferiori. Quindi, ricapitolando: i tassi d’interesse sono saliti e il prezzo dell’obbligazione è sceso. Il ragionamento va ribaltato nel caso i tassi scendano: in quel caso potremmo vendere la nostra obbligazione a un prezzo maggiore rispetto a quello a cui l’abbiamo acquistata. Ci piace ricordare che i titoli obbligazionari non hanno tutti lo stesso livello di rischio, perciò bisogna essere molto selettivi nella scelta. Di solito, più il rendimento offerto è alto, maggiore è il rischio associato. Leggete sempre bene il prospetto informativo prima di effettuare un investimento. Tenetelo bene a mente, sui mercati “pasti gratis” non esistono.
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