Una produzione a ritmi ridotti, decisa lo scorso anno, non è ancora sufficiente a riequilibrare il mercato del petrolio: l’Opec continua con i tagli per tutto il 2018
Come ampiamente atteso dal mercato, in occasione del meeting del 30 novembre a Vienna l’Opec (l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di petrolio) insieme ai paesi non-Opec (dove tra i principali troviamo Russia e Messico), ha ufficializzato la proroga del taglio della produzione di petrolio per tutto il 2018. Una decisione che estende di ulteriori nove mesi la scelta intrapresa nel novembre dello scorso anno (e che era prevista in scadenza nel prossimo marzo), quando l’allora fase di debolezza del mercato del petrolio determinò l’imposizione di un regime a “produzione ridotta”.
Una produzione ridotta per riequilibrare la domanda. Alla base di questa scelta troviamo una situazione sul mercato del petrolio di profondo disequilibrio: troppo alti i ritmi di estrazione e produzione della materia prima, ben oltre l’effettiva necessità della domanda; inoltre la concorrenza sul mercato energetico si è fatta ancora più agguerrita a causa dell’ascesa dello shale oil americano, una particolare forma di oro nero americano che ha reso le imprese degli States indipendenti dai Paesi arabi. Lo shale oil è una sorta di “petrolio non convenzionale” che viene estratto da particolari formazioni rocciose, questa procedura avviata negli Stati Uniti può aggiungere l’equivalente di un grande Paese del Golfo persico alla produzione mondiale di petrolio. Con un simile contesto il prezzo del barile, dopo il crollo dell’estate del 2014, non è riuscito a recuperare il terreno perso e le economie dei paesi principalmente basate sull’esportazione di petrolio hanno risentito del calo del costo del barile. La decisione del novembre 2016 tuttavia non si è rivelata sufficiente per riequilibrare l’eccesso di offerta di petrolio sul mercato energetico e, come dichiarato dal Ministro per l’Energia dell’Arabia Saudita, Khalid al-Falih, le “scorte di oro nero sono rimaste ancora sopra la media degli ultimi cinque anni”.
Una decisione approvata con “riserva”. Approvata quindi l’estensione del periodo di produzione ridotta per tutto il prossimo anno, tuttavia “con riserva”: infatti la decisione dei giorni scorsi potrebbe essere rivista in occasione del meeting dell’Opec del prossimo giugno, dato che il Ministro saudita ha dichiarato che “quando decideremo di uscire dalla strategia dei tagli, lo faremo molto gradualmente, in modo da evitare uno shock sui mercati”. Le parole di al-Falih fanno traspirare una certa cautela dato che il mercato legato al settore energetico risulta già particolarmente indebolito. A certificarlo è anche l’ultimo report di Standard & Poor’s sui “Corporate Default Study”, dove emerge che il tasso di fallimento delle società legate al settore energetico nel 2016 è salito al 14%, ben oltre la media storica del 2,5%. Il calo del prezzo del barile e un mercato “disordinato” hanno pesato, e non poco, sulla sopravvivenza di queste società.
La reazione del mercato. La reazione sui mercati è stata decisamente contenuta: la notizia di una possibile proroga era attesa dagli operatori. Tuttavia da inizio anno la ripresa del petrolio è assolutamente rilevante e per l’anno in corso risulta pari al 9,5%, ora circa a quota 60 dollari al barile, lontano dai minimi di inizio 2016. Un chiaro segnale che la scelta di limitare la produzione sta rinvigorendo il mercato dell’oro nero, anche se lentamente.
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