La pace e la violenza sono concetti astratti, ma hanno anche un peso economico che si può misurare: i risultati del Global Peace Index
Il mondo è meno pacifico oggi di quanto non lo fosse dieci anni fa, secondo il Global Peace Index. Un’affermazione a cui non si fatica a credere, soprattutto a pochi giorni dall’attentato, rivendicato dall’Isis, che ha colpito la Turchia nella notte di Capodanno. La mancanza di pace non solo toglie tranquillità ai cittadini del mondo: ha anche un significativo risvolto economico. A quantificarlo è sempre il Global Peace Index messo a punto ogni anno dall’Institute of Economics and Peace. Stando all’ultima edizione dell’indice, l’impatto economico della violenza è stato pari a 13.600 miliardi di dollari americani solo nel 2015. Tanto per avere un termine di paragone, questa cifra rappresenta il 13,3% del prodotto interno lordo mondiale ed è pari a 1.876 dollari per ogni persona presente nel mondo, 5 dollari circa al giorno.
Nel complesso il Global Peace Index, che comprende 163 Stati in tutto il mondo, tra cui a partire da questa edizione anche la Palestina, è peggiorato quest’anno dello 0,53% rispetto all’anno precedente. Per calcolarlo, l’Institute of Economics and Peace si basa su 23 indicatori qualitativi e quantitativi che possono essere suddivisi in tre macro aree:
- livello di sicurezza di una società
- livello di conflitto domestico o internazionale
- grado di militarizzazione
Dando uno sguardo alla classifica per aree geografiche, emerge che l’Europa è ancora una volta la zona più pacifica, con Islanda, Danimarca e Austria sul podio a livello globale. L’Italia è 39esima, tra Zambia e Madagascar, mentre gli Stati più conflittuali sono Siria, Sudan del Sud, Iraq, Afghanistan e Somalia.
Anche nell’ultima edizione dell’indice, a conferma di una tendenza già in atto da tempo, si nota come a incidere di più sul costo totale della violenza siano state in particolare le spese militari: nel 2015 erano pari a 6,2 mila miliardi di dollari, ben al di sopra dei livelli degli anni ‘60. A livello di singolo Paese, Stati Uniti e Cina registrano le spese militari più alte, rispettivamente pari al 38% e al 10% del totale. Da segnalare anche la spesa globale per la sicurezza interna, pari a 4,2 mila miliardi di dollari, e le perdite derivanti da crimini e violenza interpersonale, pari a 2,5 mila miliardi di dollari. Infine l’impatto economico dei conflitti armati nel 2015 è stato pari complessivamente a 742 milioni di dollari, con i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente maggiormente colpiti.
Queste cifre fanno impallidire gli investimenti a sostegno della pace, che rappresentano solo il 2% delle perdite economiche causate dai conflitti in tutto il mondo.
L’Institute of Economics and Peace offre a questo proposito un piccolo spunto di riflessione: una riduzione della violenza anche solo del 10% si tradurrebbe in un “guadagno” pari a 1,36 mila miliardi di dollari all’anno a livello globale, l’equivalente delle esportazioni mondiali di cibo del 2014.
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