Avete voglia di provare la vita da expat? Dalla Norvegia a Singapore, ecco le destinazioni ideali del momento
Lasciare l’Italia è un pensiero ciclico per tanti nostri concittadini, forse anche per voi. Ma vi siete chiesti dove andreste davvero? Negli ultimi cinque anni oltre 632mila italiani hanno scelto di vivere in un paese diverso da quello in cui sono nati, optando principalmente per Germania, Regno Unito (al netto della Brexit) e Francia. A livello macro, perdere abitanti, talenti e contribuenti è un problema per l’Italia, ma a livello individuale non ci si trasferisce all’estero solo per una delusione (politica, personale, professionale) ma anche per curiosità, senso dell’avventura, ricerca di nuovi stimoli. Insomma, diventare expat (ovvero, emigrare) può essere una bella opportunità, a patto di scegliere bene la destinazione. La domanda più importante, in questi casi, è sempre: «Dove andiamo»? Non si tratta solo di «scegliere l’economia più florida», altrimenti sarebbe sufficiente consultare la classifica del PIL mondiale (e andreste tutti negli Stati Uniti) o della crescita del PIL (in questo caso dovreste optare per India o Etiopia), ma di qualità della vita, affinità culturale, clima, prospettive. Secondo la classifica Expat Explorer di HSBC, il miglior posto dove trasferirsi oggi è Singapore, secondo l’interessante libro Dove Scappo di Claudio Bosaia è la Norvegia. Questo per dire che non esisterà mai una risposta univoca, ma solo quella più adatta al vostro percorso di vita. Questi sono i nostri suggerimenti: ecco le sette destinazioni che abbiamo ipotizzato per voi.
Euro-burocrati a Bruxelles, Storicamente, il Belgio per gli italiani è stato un paese di emigrazione per manodopera non qualificata, soprattutto per lavorare nelle miniere. Negli ultimi decenni, invece, Bruxelles è diventata una terra di opportunità grazie alle sedi delle istituzioni europee (dei 30mila italiani a Bruxelles ben 4mila lavorano alla Commissione), di grandi e piccole ONG e di una serie di multinazionali che hanno scelto la «capitale dell’Europa» (virgolette d’obbligo) come base operativa continentale. Il paese è perfettamente bilingue, ma a Bruxelles parlare il francese è più che sufficiente e per chi ha una formazione in relazioni internazionali è diventata una tappa quasi obbligata del percorso professionale. Inoltre, Bruxelles è una città bella e sottovalutata, la vita non è frenetica come a Londra o Parigi, gli affitti costano molto meno, il clima non è inclemente come nei paesi scandinavi e le opportunità di lavoro sono tante (il tasso di disoccupazione è del 6,3%).
Fisioterapisti cercasi in Australia. Stipendi alti, una vita immersi nella natura, metropoli grandi ma sempre in cima alle classifiche di vivibilità (Melbourne e Sydney stabilmente in top 20 nel rapporto Quality of Living Mercer), clima invidiabile. Se escludiamo ragni e coccodrilli, l’Australia è il paradiso dell’expat. Il problema è che, nonostante un’economia in crescita e mai del tutto travolta dalla crisi che ha messo in ginocchio altri paesi, le regole per i lavoratori stranieri sono diventate sempre più rigide. Il governo ha da tempo creato un sistema di quote, per attirare solo manodopera qualificata, chiamato Skill Select. Sul portale è possibile verificare se la vostra formazione professionale vi rende eleggibili per un visto: quest’anno, per esempio, è stato inserito il mestiere di fisioterapista. Se avete meno trentuno anni potete invece fare un working holiday visa, un visto per vacanze lavoro della durata di un anno, per esplorare il paese facendo lavoretti.
Fare i cuochi nel (secondo) paese più felice del mondo. La Danimarca è regolarmente in cima alla lista dei paesi più felici del mondo, anche se due anni fa ha ceduto lo scettro alla Norvegia nel World Happiness Index. La costante felicità dei danesi è merito di una cultura che mette l’individuo e i suoi bisogni sempre al centro della società. Inoltre, Copenaghen è diventata con gli anni una delle capitali europee più vibranti e interessanti, la sua scena gastronomica è ormai la più importante d’Europa, grazie al Noma e a tutti gli altri protagonisti del New nordic food. Questo per dire che se siete aiuto chef, cuochi, pasticceri, esperti camerieri o altro personale di sala, e non vi spaventa l’inverno nordico, la Danimarca è il paese che fa per voi.
Aprire una startup a Lisbona. Negli ultimi anni, il Portogallo è diventato la meta prediletta dei pensionati italiani, grazie alla possibilità di riscuotere la pensione esentasse all’estero, a un costo della vita basso e a un clima mite e mediterraneo (i famosi 300 giorni di sole all’anno dell’Algarve, nel sud del paese). Lisbona e Porto, le due città più grandi, sono però tutt’altro che città da pensionati. La capitale, in particolare, sta da anni sviluppando un interessante ecosistema dell’innovazione e primi risultati stanno arrivando, come ad esempio il trasferimento del Web Summit, strappato a Dublino e la prossima apertura sulla riva del Tago del Hub Criativo do Beato, il grande campus per startup che vuole essere la risposta portoghese al nuovo Station F francese. Se cercate la nuova frontiera dell’innovazione con un costo della vita ragionevole, il Portogallo è il paese che fa per voi.
Un consiglio: studiate il tedesco. Non è un caso che la Germania sia stato il paese più scelto dagli expat italiani negli ultimi cinque anni. Ormai è lo Stato al mondo con più italiani residenti dopo l’Argentina. Il tasso di disoccupazione è da fare invidia (3,6%), la Germania continua a essere la locomotiva del continente e se Londra perdesse lo scettro di capitale della finanza continentale causa Brexit, Francoforte sarebbe pronta a subentrare. Insomma, il tedesco è la lingua europea giusta da studiare oggi. Purtroppo, se partite da zero, potrebbero volerci anni per arrivare a un livello competitivo. In questo caso, potreste trasferirvi a Berlino, che sta diventando un hub europeo dell’innovazione (anche qui, con la spinta della Brexit in corso), una città dove in molte aziende la lingua ufficiale è già da tempo l’inglese. I blog Italiani a Berlino e Il Mitte sono i punti di riferimento per l’ampia comunità italiana locale, pieni di suggerimenti pratici. Gli affitti stanno salendo ma sono comunque molto più bassi di altre capitali europee come Parigi e Londra.
La little Italy del deserto. Da tempo, si parla di una Little Italy nel deserto tra Abu Dhabi e Dubai, negli Emirati Arabi. Ad animarla ci sono i professionisti dislocati dalle proprie aziende (soprattutto ingegneri) ma anche giovani imprenditori in cerca di opportunità in settori come il cibo e la moda. Per godersi la vita negli Emirati servono capacità di adattamento e spirito di avventura, le città hanno tanto da offrire (cibo, architettura, arte, natura) ma solo per solo chi è pronto ad adattarsi allo stile di vita locale. Per chi è in cerca della nuova Dubai, provate anche con Kuwait City o con il Qatar: quest’ultimo paese sconta i problemi di isolamento internazionale, ma sta anche vivendo la corsa (con relative opportunità) verso la Coppa del mondo di calcio del 2022.
Singapore, i Tropici anglofoni. Se lavorate nel settore finanziario o tech (o nell’intersezione dei due ambiti, il fintech) e avete voglia di fare un’esperienza in Asia senza lo shock culturale di altre realtà, Singapore è il posto che fa per voi. Tenete conto che stipendi e costo della vita vanno di pari passo: il reddito medio è di quasi 60mila dollari l’anno (circa 50mila euro) e un monolocale di 50 metri quadri può costare 2mila dollari al mese (circa 1600 euro). In più, c’è un clima tropicale, avete tutta l’Asia a portata di mano e una delle migliori scene gastronomiche del mondo.
E voi? Avete lasciato l’Italia negli ultimi anni? Raccontateci nei commenti o sui social dove siete andati e come vi siete trovati. Ogni consiglio pratico è ben accetto.
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