L'inquinamento urbano aumenta ancora, ci dice l'ultimo rapporto di Legambiente. Ma la tecnologia sta portando soluzioni interessanti
Aria: abbiamo (sempre di più) un problema. L’ultimo rapporto Mal’aria di Legambiente fotografa una situazione irrespirabile, quella dello smog nelle città italiane. Lo studio si intitola L’Europa chiama, l’Italia risponde, perché il nostro paese è uno degli otto della Comunità europea in procedura di infrazione a causa della scarsa qualità dell’aria. Non è solo un problema delle grandi città, come Milano, Roma, Napoli. Sono ben 39 i capoluoghi di provincia nei quali lo scorso anno si è superato il limite da non oltrepassare mai: quello di 35 giorni con le polveri sottili con una media sopra i 50 microgrammi/metro cubo. Ci sono addirittura cinque centri nelle quali il limite è stato superato per più di 100 giorni, il triplo di quanto sarebbe consentito. Si tratta di Torino (112 giorni), Cremona (105), Alessandria (103), Padova (102) e Pavia (101). Per di più, sottolinea Legambiente, siamo il paese dove si vendono più automobili diesel (56% del totale, media europea del 45%) e con i camion più vecchi (20 anni di media). Insomma, la situazione è tossica.
Rimedi ad alta tecnologia in attesa della rivoluzione green. L’inquinamento atmosferico, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, uccide 4,2 milioni di persone ogni anno. Il 91% della popolazione globale respira aria inquinata. Sono dati che ci dicono una cosa: servono soluzioni radicali. Per questo motivo, tantissimi governi (dalla Cina ai paesi scandinavi, in Italia siamo ancora all’inizio del dibattito) hanno deciso di eliminare le auto a benzina nell’arco dei prossimi due decenni. Accanto a queste soluzioni strutturali, che hanno lo scopo di far immettere meno polveri sottili nell’aria, negli ultimi anni si sono sviluppate una serie di innovazioni tecnologiche che fanno il lavoro opposto: «succhiare» quelle che sono state già immesse. Non possono risolvere il problema ma contribuiscono ad attenuarlo in attesa della vera rivoluzione green, e infatti alcune sono state sperimentate nelle metropoli più inquinate del mondo, quelle indiane e cinesi.
Pedalando contro lo smog. Il prototipo di bici succhia smog del designer olandese Dan Roosegarde è stato finanziato sulla piattaforma di crowdfunding Kickstarter. Il principio a modo suo è semplice: il mezzo a due ruote, con l’energia prodotta pedalando, assorbe lo smog intorno al ciclista, come se fosse un aspirapolvere, e lo sostituisce con una «nuvoletta» di aria pulita. Il metodo usato è quello della ionizzazione: le polveri filtrate sono caricate elettrostaticamente e precipitano, e l’aria viene rilasciata pulita. Il prototipo fa parte dello Smog-Free Project, un piano dello studio olandese per trovare soluzioni innovative al problema dell’atmosfera irrespirabile. L’obiettivo a lungo termine è combinare queste bici al bike sharing, creare delle «flotte purificatrici» nelle città: per questo motivo lo Smog-Free Project sta lavorando a una partnership con ofo, la società cinese di bike sharing che di recente è arrivata anche nel nostro paese.
Dalle polveri sottili alle collanine. Lo Smog-Free Project ha già concretamente realizzato in Cina un progetto ancora più ambizioso e vistoso: la torre anti smog. «Il più grande aspirapolvere più polveri sottili al mondo» è basato, come la bici, sul principio della ionizzazione, ma portato su una scala molto più grande. La torre elimina, secondo una ricerca della Eindhoven University, il 70% delle PMI10 e il 50% delle PM2,5 nell’area prossima all’edificio, alto come un palazzo di una ventina di piani. Ne sono state installate già in Olanda, in alcune città cinesi (Pechino e Xi’An) e successivamente anche in Polonia. Quella di Pechino ha ripulito 30 milioni di metri cubi di aria nei primi quaranta giorni. Per altro le particelle di polvere catturata dalla torre anti smog vengono poi riutilizzate e addirittura trasformate in piccole pietre di forma cubica, inserite in bizzarri oggetti di bigiotteria, come anelli e collanine, che sono praticamente fatti di… inquinamento
Una parete verde in ogni quartiere. Un altro strumento che nasce con obiettivi simili ma con un funzionamento diverso si chiama City Tree ed è stato sviluppato da una startup tedesca, la Green City Solutions. City Tree è una parete di quattro metri per tre, fatta di muschio e piante, pensata per assorbire le particelle più inquinanti. Secondo i produttori, il City Tree può evitarci di respirare fino a 240 tonnellate di Co2 ogni anno, come avere circa 400 macchine in meno in giro per le città o 300 alberi in più. Il City Tree comincia già ad avere un discreto successo e potrebbe capitarvi di vederne uno in diverse città, tra cui Hong Kong, Parigi (in Place de la Nation), Oslo e anche Modena. Il City Tree ha un dispositivo connesso in rete che permette di rilevare (e diffondere) in tempo reale i dati sulla qualità dell’aria.
Mettete acqua nei vostri cannoni. In India, invece, hanno scelto le maniere forti. New Delhi è una delle città più inquinate di tutto il mondo e si è affidata a dei cannoni anti-smog per dare sollievo ai suoi cittadini. Si tratta di un macchinario connesso a un serbatoio di acqua che spara acqua atomizzata, con il liquido che prende la forma di tante gocce minutissime. L’idea è che queste gocce d’acqua sparate dal cannone possano mescolarsi con le polveri sottili e avere l’effetto di una bella giornata di pioggia. È l’opposto di una misura strutturale, ma è qualcosa che può dare sollievo nel breve termine, perché abbatte la percentuale di particolato fino al 95%.
La soluzione vecchio stile: una barriera di foreste. Invece di comprimere il verde in piccole pareti urbane, in Cina hanno fatto, come spesso succede, le cose in grande. Pechino è una delle città più inquinate non solo per il traffico fuori controllo sulle sue strade ma anche per i fumi tossici che arrivano dalle fabbriche della vicina regione dell’Hebei. Per evitare che quell’aria avvelenata arrivi a essere respirata dagli oltre venti milioni di abitanti della capitale sarà creata una «collana verde», che è una vera e propria Grande Muraglia vegetale, fatta di boschi e foreste, tutta intorno alla metropoli. Nello stesso piano si parla anche di cinque corridoi urbani di ventilazione, larghi circa 140 metri ciascuno, che agevoleranno la circolazione dell’aria, altro cronico problema di Pechino.
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