Sono strumenti che hanno trovato un certo riscontro tra gli investitori italiani, che però spesso ne ignorano le implicazioni: vediamo di capire bene cosa sono i Certificati d’investimento
I Certificati d’investimento costituiscono un’ampia famiglia di prodotti finanziari, generalmente emessi da banche d’investimento. Sono quotati sul SeDex di Borsa Italiana e sul Cert-X di EuroTLX e venduti presso le principali banche. Hanno un taglio piccolo, di solito sono facilmente negoziabili e consentono di investire in singole azioni, panieri di azioni e altri sottostanti.
In più, prevedono spesso garanzie sul capitale, cosa che generalmente piace ai risparmiatori più prudenti. Ma, volendo approfondire, ci sono anche altri aspetti da tenere in considerazione. Vediamo quindi di definire più nel dettaglio che cosa sono i Certificati d’investimento.
Cosa sono i Certificates e come funzionano. Possiamo innanzitutto dire che i Certificates sono strumenti derivati cartolarizzati. Cosa vuol dire? In sostanza, si tratta di pacchetti: pacchetti di opzioni (le opzioni sono contratti che prevedono il diritto di acquistare o vendere un dato strumento finanziario a un prezzo prefissato entro un determinato periodo o a una determinata data, n.d.a.) confezionati dalle banche emittenti, che un investitore può comprare proprio come farebbe con un titolo azionario.
Esistono tanti pacchetti quante sono le strategie, le quali a loro volta rispondono a esigenze diverse: protezione del capitale, rendimento minimo a determinate condizioni, creazione di una rendita progressiva, guadagno anche in caso di ribasso del sottostante. Volendo semplificare, possiamo individuarne due grandi famiglie: quella degli Investment Certificates e quella dei Leverage Certificates, questi ultimi più speculativi.
Ma come sono tassati i Certificati? In ogni caso, i Certificati hanno natura giuridica di titoli al portatore e non prevedono la consegna dei titoli o degli altri valori sottostanti. Quel che fanno è dare all’investitore il diritto di ricevere il versamento di una somma legata all’andamento del sottostante. Di solito, infatti, i Certificati corrispondono proventi periodici sotto forma di cedola. Quelli generati dai Certificati sono da considerarsi redditi diversi: per questa ragione, sottostanno all’applicazione della tassazione del 26% sul capital gain, con possibilità di compensazione delle minusvalenze maturate entro il quarto anno antecedente.
Inoltre, i Certificati che hanno per sottostante azioni italiane con una capitalizzazione non inferiore a 500 mila euro, panieri di tali azioni o indici nei quali la presenza di azioni italiane prevalga per almeno il 50% (un esempio su tutti: il Ftse MIB), sono soggetti alla Tobin Tax. La quale viene applicata in misura forfettaria sul controvalore della transazione ed è ridotta di un quinto se la negoziazione avviene su un mercato regolamentato.
Le peculiarità e i rischi dei Certificati. Va detto a questo punto che i Certificati sono soggetti al rischio di credito dell’emittente. Vediamo di capire il perché. Il certificato è equiparato alle obbligazioni bancarie senior non garantite e non privilegiate. Ciò implica che, in caso di dissesto o di rischio di dissesto della banca emittente, viene trattato al pari di altre obbligazioni emesse dall’istituto. Ovvero segue le regole del bail-in secondo cui, se si mette male, si attingono risorse prima dalle azioni, poi dalle obbligazioni subordinate, infine da quelle senior e per ultimo da depositi e conti correnti oltre i 100 mila euro.
Le regole sul bail-in determinano quindi una sostanziale perdita di efficacia della garanzia che spesso le banche emittenti dei Certificati offrono sul capitale investito. Questo proprio perché un bail-in presuppone un istituto emittente in serissime difficoltà: in pratica, la garanzia viene meno insieme alla robustezza della società, stante il fatto che è essa stessa il garante, oltre che l’emittente. Ciò non vale se la garanzia è fornita da un altro soggetto, per esempio un’altra banca in salute, cosa che però non accade molto di frequente.
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