Le liti commerciali tra USA e resto del mondo hanno dominato il mese appena trascorso. L'evento del G7 si è concluso senza risolvere le divisioni, anzi. Vola il petrolio che tocca i livelli del 2014
Su solo governativi e greggio. Come si vede, nel mese sono saliti solo i rendimenti dei titoli di Stato, che da noi devono remunerare di più gli investitori stante l’aumentata percezione del rischio Italia, e le quotazioni del greggio, con il WTI tornato a livelli che non vedeva dal novembre 2014. A spingere i prezzi hanno contribuito i disordini in Libia, i problemi tecnici in Canada, il pugno duro degli Stati Uniti sull’Iran, la crisi sempre più acuta del Venezuela e un po’ anche le scorte USA. Il 22 giugno il vertice OPEC di Vienna ha sancito l’aumento della produzione, visto che i prezzi del greggio non giustificavano più i limiti all’output che erano in piedi da un anno e mezzo.
Il curioso caso dell’oro. I media finanziari hanno sottolineato la brutta performance dell’oro, che cade proprio mentre aumentano i timori di una guerra commerciale globale, sale l’incertezza politica in Europa e le Borse scendono. Prova del fatto che non sempre quando la Borsa va male l’oro ha una performance positiva.
Dazi protagonisti assoluti. Ma la protagonista assoluta della scena è stata ancora la frizione – per non dire la guerra – commerciale tra Stati Uniti e Cina e tra Stati Uniti e resto del mondo. Il primo giugno il presidente USA Donald Trump ha lasciato scadere, senza renderla definitiva, l’esenzione dai dazi su acciaio e alluminio precedentemente concessa a Unione Europea, Canada e Messico. L’8 e 9 giugno in Canada si è svolto il 44esimo vertice del G7, che non ha risolto ma, anzi, ha acuito le divisioni.
Il “contro-G7” in Cina. Tra parentesi, nelle stesse ore a Qingdao, sul Mar Giallo, si confrontavano gli otto Paesi della Shanghai Cooperation Organization. Nuove potenze globali contro vecchie potenze mondiali.
Braccio di ferro Washington-Pechino. Tornando al tema dei dazi: Trump ha approvato tariffe del 25% su 50 miliardi di importazioni cinesi e ha incaricato l’Ufficio del Rappresentante Commerciale di redigere una lista di prodotti made in China per un ammontare di 200 miliardi di dollari da tassare al 10%, minacciando di individuarne altri 200 miliardi se la Cina prova a replicare. Il presidente cinese Xi Jinping, in un meeting con alcuni ceo dagli Stati Uniti e dall’area euro, ha dichiarato che la cultura cinese impone di reagire alle offese e che la Cina potrebbe spostare i suoi interessi dai Paesi commercialmente ostili a quelli che invece non lo sono.
Intanto, sul Vecchio Continente. La Commissione UE ha adottato il regolamento che predispone misure di riequilibrio ai dazi USA su acciaio e alluminio: sono in vigore dal 22 giugno e colpiscono una lista di prodotti del valore di 2,8 miliardi. Di dazi si è parlato anche nel Consiglio Europeo del 28 e 29 giugno.
La crisi dei migranti. Lo stesso Consiglio UE ha affrontato il tema della gestione della crisi dei migranti, con risultati a due letture: per alcuni un successo italiano, per altri un successo dei nazionalisti di altri Paesi, in barba ai nostri interessi. Fatto sta che dalla gestione dei flussi migratori dipendono le sorti di vari governi, primo fra tutti quello di Berlino, e alla fine dei conti anche quello della stessa UE.
Un documento “molto importante”. Lasciatosi il G7 canadese alle spalle, Trump ha incontrato il dittatore nordcoreano Kim Jong-un a Singapore. I due hanno siglato un documento definito “molto importante” e che in realtà rappresenta solo il primissimo passo di un percorso che Stati Uniti, Giappone, Cina e Corea del Sud sperano porterà alla denuclearizzazione della penisola coreana.
SOS Argentina, Grecia promossa. Il Fondo Monetario Internazionale ha soccorso l’Argentina con un nuovo piano di aiuti da 50 miliardi di dollari USA. Si tratta del secondo salvataggio da parte del FMI dopo quello di inizio millennio, quando il Paese dichiarò il default sul debito pubblico. La Grecia, invece, è fuori dall’emergenza: dal 20 agosto uscirà dal programma di aiuti varato da UE, FMI e BCE (la “troika”) dopo la crisi del debito del 2010 e potrà tornare a pieno regime sul mercato dei capitali.
Da tre a quattro rialzi. La Fed ha alzato i tassi di 25 punti base portandoli all’1,75%-2%, nel secondo aumento del 2018 dopo i tre del 2017. Cosa più importante: gli interventi di rialzo dei tassi quest’anno potrebbero essere quattro invece dei tre previsti fino a non molto tempo fa, considerando che l’economia va bene e che l’inflazione si sta riprendendo.
E le altre banche centrali? La Banca Centrale Europea ha confermato i tassi all’attuale livello ma ha fatto sapere che gli acquisti mensili a settembre caleranno da 30 a 15 miliardi al mese e a dicembre si interromperanno del tutto. La Bank of Japan ha confermato la sua linea, dalla Bank of England tassi fermi allo 0,50% (un nuovo rialzo potrebbe avvenire ad agosto). In Turchia l’autorità monetaria lotta strenuamente per frenare l’inflazione, quella cinese è scesa in campo per aiutare l’economia ad affrontare lo stress dei dazi USA.
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