Secondo l'ultimo bollettino di Bankitalia, il nostro debito pubblico ha raggiunto la cifra record di 2.327,4 miliardi di euro. Ed è scattato subito l'allarme del Consiglio Europeo. Ma l'aumento del debito è un fenomeno tutto globale: vediamo perché
Ah, i record! Ce ne sono di tutti i tipi ormai, basta sfogliare “digitalmente” qualunque fonte di informazione online. Ma, ahimè, non sono tutti uguali. Come esistono quelli “celebrativi” di un evento, di una conquista o di una particolare impresa sportiva, così dobbiamo a volte fare i conti – ed è proprio il caso di dirlo – con quelli negativi. Per esempio, il debito pubblico italiano, che a maggio ha toccato un nuovo valore assoluto.
Una cifra senza precedenti. Eccola: 2.327,4 miliardi di euro. A tanto ammonta il nostro debito pubblico, che secondo l’ultimo bollettino della Banca d’Italia nel mese di maggio è aumentato di 14,6 miliardi rispetto al mese precedente. Nei primi cinque mesi dell’anno, il debito tricolore è salito di 84,3 miliardi di euro, mettendo a segno così un aumento del 3,6%. “In pratica, è come se ogni famiglia avesse un debito di circa 92 mila euro”, spiega Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. Ad assorbire gran parte dell’aumento è stato il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche (7,6 miliardi di euro), seguito in questa classifica dalle disponibilità liquide del Tesoro (5,4 miliardi di euro), ovvero la cassa che lo Stato tiene da parte per non ritrovarsi con l’acqua alla gola e far fronte alle varie necessità.
La bacchettata dell’Europa. La notizia del debito record non poteva passare inosservata, soprattutto con l’Europa che monitora con estrema attenzione il rispetto dei parametri sui conti pubblici da parte dei Paesi membri. L’Ecofin, il Consiglio composto dai ministri delle Finanze degli Stati membri che tra i suoi principali ruoli ha appunto quello di coordinare le politiche economiche e vigilare sulle politiche di bilancio e sulle finanze pubbliche, ha subito lanciato l’allarme. Secondo il Consiglio l’Italia non sarà in grado di rispettare la regola del debito nel 2018 e nel 2019. E non è solo questo il problema: sì, perché un debito pubblico eccessivo compromette la crescita economica, dal momento che le ampie risorse che dovrebbero essere assegnate all’innovazione, alle infrastrutture e agli investimenti vengono dirottate per ripagarne i costi.
Un problema non solo italiano. Ma l’aumento del debito non riguarda solo l’Italia. Stando all’ultima ricerca dell’Institute of International Finance, nel primo trimestre dell’anno il livello complessivo del debito – privato e pubblico – è aumentato di 8 mila miliardi di dollari. E il totale ammonta a 247 mila miliardi di dollari. Le politiche monetarie a tassi molto vicini allo zero nella maggior parte dei Paesi sviluppati hanno giocato un ruolo strategico spingendo imprese, Stati e famiglie a ricorrere sempre più spesso al debito per finanziare le proprie spese. Ma ora questa situazione sta cambiando.
Il boomerang del rialzo dei tassi. Se da un lato i tassi a zero hanno incentivato il ricorso al debito come forma di finanziamento, è altrettanto vero che un sistema di tassi centrali in salita – come sta avvenendo dall’altra parte dell’Atlantico e come ben presto potrebbe accadere anche da noi – potrebbe rivelarsi un problema non di poco conto. Per chi, soprattutto? Le principali “vittime” saranno quanti si sono indebitati con tasso variabile, il quale è più conveniente in un periodo di bassi tassi di riferimento ma aumenta all’aumentare di questi ultimi. Per esempio, i mutui a tasso variabile per l’acquisto della casa. Gatte da pelare, poi, per quelle società con debiti in scadenza che giocoforza verranno rifinanziati a un costo maggiore, con il rischio di compromettere la sostenibilità dell’indebitamento a lungo termine e la possibilità di continuare a investire nel business dell’impresa. Ulteriore conferma di quanto la politica monetaria e la crescita economica siano legate a doppio filo.
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